Cruijff, l’Inter e il Milan, la sua “Bestia Nera”

No, quello che vi mostriamo non è un fotomontaggio. Johan Cruijff, la cui morte ha riempito i giornali di “coccodrilli”, ha indossato anche la maglia del Milan. Era il 16 giugno 1981 e il tre volte Pallone d’Oro, in condizioni precarie a causa di un’operazione appena subita, accettò di schierarsi con i rossoneri nella prima edizione del Mundialito Club. In verità, di quel Milan-Feyenoord (0-0) Cruijff giocò solo un tempo per poi lasciare il posto a Romano, ma la sua sola presenza fece notizia contribuendo a lanciare il classico torneo di fine stagione poi vinto dall’Inter. Il Milan e Cruijff, tuttavia, si erano già incontrati molti anni prima e in un’occasione ben più importante: la finale di Coppa dei Campioni del 28 maggio 1969, quando l’Ajax, di cui il giovanissimo olandese stava per diventare il simbolo, si schierò sul campo del “Santiago Bernabeu” per affrontare la squadra capitanata da Gianni Rivera e allenata da Nereo Rocco. Per la prima volta un undici “orange” accedeva a una vetrina così prestigiosa e forse, anche per questo, pagò dazio. Infatti, nonostante il gioco spumeggiante che praticava e la presenza di ottimi calciatori come Suurbier, Hulshoff e Keizer, per Cruijff&C. non ci fu nulla da fare. Già dopo sette minuti Pierino la Peste Prati aprì le marcature, raddoppiando poco prima della fine del primo tempo. La differenza tra le due squadre sembrò subito netta e solo quando Vasovic, al 61’, accorciò le distanze su rigore, i Lancieri entrarono veramente in partita. Proprio Cruijff, con una paio delle sue classiche accelerazioni, mise i brividi a Cudicini sfiorando il pareggio. Ma l’illusione durò poco perché Angelo Benedetto Sormani, cinque minuti dopo, siglava il 3-1 e poi ancora Prati, dopo uno splendido contropiede orchestrato da Gianni Rivera, al 74’ fissò il definitivo 4-1. Il primo tentativo dell’Ajax di entrare nell’empireo del football si era rivelato un disastro, ma quelli che si affrettarono a seppellire il “calcio totale” degli olandesi dovettero ben presto ricredersi. Tempo due anni e i Lancieri, sempre guidati da Cruijff, salivano sul gradino più alto d’Europa battendo il Panathinaikos. Ripresentandosi poi anche nella finale del 1972 contro – le vie del calcio sono infinite! – i neroazzurri di Milano, che l’anno prima avevano vinto un campionato incredibile sorpassando nelle ultime giornate proprio i “cugini”. La Grande Inter, che nelle sue fila vedeva ancora alcuni protagonisti dell’epopea di Helenio Herrera come Burgnich, Facchetti, Bedin, Jair e Mazzola, a cinque anni di distanza dalla sconfitta con il Celtic del 1967 ritornava sul palcoscenico della più affascinanate finalissima continentale. Sarebbe riuscita, la sua granitica difesa, a fermare il gioco a tutto campo degli olandesi? Magari vincendo con un gol in contropiede di Boninsegna? La speranza di rinverdire gli antichi fasti durò un tempo. Poi, al 48’ e al 77’ proprio lui, Johan Cruijff, batté Bordon. Finì 2-0 per l’Ajax e Gabriele Oriali, che quella sera lo marcò a uomo, in una recente intervista al “Corriere della Sera” ha ammesso che ai neroazzurri andò pure di lusso. La Grande Inter, dopo aver scritto pagini memorabili di Storia del calcio, se ne congedava mentre l’Ajax e Cruijff vi entravano a pieno titolo, anche perché si sarebbero aggiudicati pure la successiva edizione della Coppa dei Campioni, superando stavolta la Juventus per 1-0. Nell’ottobre del 1973 Cruijff passò al Barcellona e non poté quindi prendersi la rivincita con il Milan, che nel gennaio 1974 venne annichilito per 6-0 dall’Ajax nel ritorno della finale di Supercoppa Europa. Con i rossoneri, però, Cruijff si sarebbe di nuovo incontrato in veste di allenatore del Barcellona, e in entrambi i casi il Milan si confermò la “bestia nera” dell’olandese, che perse entrambe le sfide. Nella prima, la Supercoppa Europea 1989, il Milan di Arrigo Sacchi pareggiò 1-1 al Camp Neu e al ritorno a San Siro conquistò la competizione grazie a una punizione di Chicco Evani. Sicuramente più memorabile, però, fu la seconda, quando il Milan di Fabio Capello, seppur privo di Costacurta e Baresi, il 18 maggio 1994 rifilò un inaspettato 4-0 ai favoritissimi catalani nella finale di Champions League. E proprio la faccia incredula di Cruijff dopo i primi due gol rossoneri, entrambi segnati da Massaro, rimase impressa nella memoria di tutti i tifosi del Milan perché, nei giorni precedenti, l’olandese aveva manifestato un ottimismo eccessivo, forse dettato dal fatto che il suo Barcellona stava per aggiudicarsi il quarto titolo spagnolo di fila e solo due anni prima aveva già vinto la “coppa con le orecchie”, superando la Sampdoria di Boskov, Vialli e Mancini. Per la terza volta su tre, però, il Milan fu fatale all’Immenso Johan Cruijff. I cui destini, dal quel giorno, non si sarebbero più incrociati con nessuna delle due squadre meneghine.