La redazione junior di “Zona Nove”
• E se anche i piccoli fumano? La II D ha deciso di approfondire un argomento spinoso: il vizio del fumo, che lentamente sta coinvolgendo la maggior parte di noi preadolescenti.Si è infatti notato un preoccupante aumento dei giovani fumatori, probabilmente sostenuto da esempi negativi tra i genitori e gli insegnanti, con particolare aumento del rischio nel caso in cui a fumare in famiglia sono fratelli o sorelle più grandi. Anche l’influenza degli amici è molto forte, quasi quanto quella dei famigliari stretti. Per affrontare un tale tema e raccogliere dati utili alla riflessione, gli studenti hanno elaborato un questionario che pone i seguenti quesiti: Quanti anni hai? Fumi? Se sì, da quanto tempo? Pensi di smettere? Queste domande sono state poi distribuite nelle varie classi in forma anonima, in modo che ciascuno si sentisse libero di dire la verità senza timore di essere riconosciuto. L’indagine dichiara che, su oltre 100 studenti interpellati, il 10% fuma da tempo, alcuni ragazzi addirittura da due anni, e la totalità non intende smettere. Prima dell’indagine la maggior parte di noi immaginava che la percentuale dei fumatori fosse più bassa di quella poi emersa. Non sono però mancati quelli che se l’aspettavano più alta e che hanno indovinato il risultato. Infine, considerando che il questionario è stato distribuito al 40% degli alunni della Cassinis, ci si chiede cosa sarebbe emerso se si fossero raccolti i dati di tutti. I ragazzi della II D pensano che la percentuale dei fumatori sarebbe risultata ancora più alta e proprio per questo hanno immaginato alcune proposte per ridurre il rischio del vizio: tra queste affrontare più spesso il problema a scuola, eventualmente con il supporto un medico, in modo da conoscere meglio le conseguenze di questo brutto vizio e poterne parlarne insieme. (Gli studenti della II D, insegnante: Cinzia Cirillo)
• La Cassinis non deve morire Quando abbiamo iniziato la prima media eravamo consapevoli che avremmo dovuto lasciare la scuola di via Hermada per trasferirci in Passerini, riadattata per ospitare tutti noi studenti di prima media. Il nostro ultimo giorno di scuola in via Hermada è coinciso con l’ultimo giorno prima delle vacanze di Natale. Era il 20 Dicembre 2013. Quel giorno la nostra classe aveva lezione di arte: sono state due ore fantastiche! Non ci siamo accontentati dei fogli da disegno, perché avevamo a disposizione intere pareti che abbiamo riempito di scritte, graffiti, dediche e, soprattutto, delle nostre firme. Ci siamo divertiti anche a fare i traslocatori trasportando banchi e sedie nell’atrio e guardando i murales che stavano facendo i nostri compagni delle terze. Trascorse le vacanze, siamo ritornati a scuola: in via Passerini. Per alcuni di noi è stato come tornare al passato: potevamo rivedere le nostre vecchie maestre. Le nostre aule erano spaziose e luminose, grazie alle grandi finestre e al colore verde acqua delle pareti dipinte di fresco; i pavimenti erano tirati a lucido, le sedie nuove e comode. Avremmo dovuto sentirci felici come chi trasloca da una casa vecchia e cadente in una villetta nuova. Invece non è stato cosi. Ci sentivamo degli estranei. Col passare dei giorni all’ambiente ci si può anche abituare; quello a cui è impossibile abituarsi è il fatto di essere considerati ospiti che devono comportarsi con discrezione, facendo sentire il meno possibile la loro presenza. Come si fa a chiedere a dei ragazzi di undici anni di trascorrere l’intervallo senza alzare la voce e senza fare un po’ di rumore? Dalle finestre potevamo vedere il campo da calcio, ma ci era concesso di utilizzarlo solo per brevissimo tempo. L’anno scorso, in seconda, ci siamo trasferiti nella palazzina di via De Calboli, già sede del CdZ e poi della Polizia locale. Qua ci sentiamo più a casa nostra, perché non dobbiamo condividere gli spazi con nessuno, ma le aree comuni sono poche e anguste. Per noi che frequentiamo il tempo prolungato l’intervallo dopo la mensa è quasi cancellato: dobbiamo trasferirci nella sede di via Passerini, scendere nei sotterranei e fare la fila per mangiare tutti appiccicati, seduti ai tavoli appena liberati dai bambini delle elementari. Se ci affrettiamo, riusciamo ad affacciarci nel cortile, ma solo per iniziare una partita a pallone subito interrotta, perché si deve riprendere il lavoro pomeridiano. Il cortile di via De Calboli è solo uno spiazzo in cemento su cui si affacciano delle abitazioni private. Ci manca tanto il cortile della Cassinis, a ridosso del parco: un’oasi con alberi, un prato, un campetto da calcio, la rete da pallavolo e i tavoli da ping pong sotto il porticato. Fra qualche mese noi usciremo dalle medie senza la soddisfazione di essere tornati nella vecchia sede ricostruita, consapevoli però di avere frequentato la Cassinis, di avere fatto parte della sua tradizione. È vero che una scuola non è fatta solo di aule e di laboratori, ma soprattutto di persone e di esperienze, tuttavia anche il luogo e gli spazi sono importanti e la Cassinis aspetta di rinascere in via Hermada: più bella, più solida, più attrezzata, accogliente come prima. (Gli studenti della III D, insegnante: Angela Giroletti)