Avis Milano e l’ospedale di Niguarda alla sfida delle donazioni di sangue

Parte un importante progetto di Avis Milano a favore dell’ospedale di Niguarda: riuscire a renderlo autosufficiente per le necessità di trasfusione dei propri pazienti ricoverati, aumentando le donazioni di sangue di ben 5.000 unità rispetto al 2013. Prima di intervistare nel merito Sergio Casartelli, presidente Onorario dell’Avis Milano, puntualizziamo alcuni dati di fatto:
1- I donatori di sangue periodici hanno la necessità di un continuo ricambio generazionale. Si può iniziare a donare prima dei 60 anni, ma dai 65 anni in poi, anche se si è in buona salute, il ritmo delle donazioni gradualmente diminuisce.
2- Il sangue necessario per le cure non si riesce a produrlo artificialmente.
3- Giovani e immigrazione presentano criticità nuove rispetto all’aggregazione di nuovi donatori.
Le premesse non sembrano dunque incoraggianti. Proviamo ad analizzarle. Iniziamo con le 5.000 donazioni in più del 2013: dopo due anni si è arrivati a un incremento di solo un migliaio, vero?
Purtroppo sì ed è assurdo. I dati della Sanità ci dicono infatti che per età e salute oltre la metà della popolazione potrebbe donare sangue. Quindi in Italia oltre 28 milioni! Lo stesso vale per Milano. Un potenziale enorme di possibili donatori di sangue che però rimane solo potenziale.
Come giustifica questa difficoltà?
A Milano si donano circa 90.000 unità di sangue e ci si aspetta che ne arrivino 36.000 dal resto della Lombardia. Non stiamo a raccontarci il perché. La donazione è un gesto volontario, gratuito e anonimo, ma troppi pensano che sia un impegno solo per gli altri. E a nessuno viene il dubbio che potrebbe mancare il sangue nel momento in cui si ricovera un parente o un amico a cui servirebbero trasfusioni. Comodo pensare che qualcun altro si sia preoccupato per lui. Al massimo si pensa a quanto bravi siano quei donatori di sangue, e chissà perché lo fanno…
E se il sangue per le trasfusioni mancasse davvero?
È successo e può succedere. La scena potrebbe essere di persone molto arrabbiate con il sistema, la Sanità, il Governo e chi più ne ha più ne metta. A nessuno verrebbe in mente che chi, decidendo liberamente di non diventare donatore di sangue, non rende possibile al sistema di fare quanto sarebbe in grado di fare.
Quanto è anziana la popolazione dei donatori?
Abbastanza. Ma il dato più preoccupante è che escono dalla donazione gli ultra 60enni rappresentati da classi di età affollate mentre, dopo i 18 anni, arrivano all’età donazionale classi sempre meno numerose. Un esempio per tutti: nel 2018 i 60enni saranno circa 15.000 mentre i 18enni solo 11.000, nel 2027 il rapporto sarà di 19.500 a 9.400, ben il 107% in meno. Se non cambia la percentuale di adesione alla donazione sarà durissima nei prossimi anni.
E dal lato delle necessità trasfusionali?
Di positivo migliorano continuamente le tecniche per il risparmio di unità durante gli interventi, ma l’invecchiamento della popolazione e le tecniche operatorie consentono di curare e operare anche in età molto avanzata e qui i consumi di sangue stanno esplodendo. I numeri rendono bene l’idea: nell’ospedale Niguarda nel periodo 2003-2012 si è registrato un incremento del 32% di pazienti trasfusi in età compresa tra i 61 e i 70 anni, del + 42% tra i 71 e gli 80, addirittura del + 104% tra gli 81 e i 90 anni e anche del + 20% tra i 91 e i 100 anni.
La ringrazio per essere stato molto chiaro e concreto nelle sue osservazioni. Ma come possiamo chiudere questa intervista?
Invitando tutti alla pratica della donazione del sangue senza se e senza ma. Ne va della vita di malati gravi. Di sicuro, se a chiedere la trasfusione fosse un malato che ci guarda negli occhi, nessuno avrebbe il coraggio di ignorarlo. Anche in presenza di molti impegni e di poco tempo, anche se ha una fottuta paura dell’ago…