“La mafia fa schifo”: incontro con l’ex giudice Gherardo Colombo

Giovedì 21 aprile i ragazzi delle Scuole Secondarie di primo grado della Zona 9, che hanno aderito al Progetto sulla Legalità “La mafia fa schifo” proposto dall’Associazione Civitas Virtus, hanno incontrato l’ex giudice Gherardo Colombo, presso l’Auditorium di viale Ca’ Granda. L’incontro è stato patrocinato dal Consiglio di Zona 9. Le Scuole partecipanti al Progetto sono la Cassinis, l’Istituto Bes School, la Gandhi, la Rosa Govone, la Rodari, la Verga e la Tommaseo. È stato un momento molto interessante che gli studenti hanno saputo apprezzare. Un dibattito durato due ore circa, durante il quale Colombo ha saputo tenere alto il livello di attenzione e i ragazzi hanno sfruttato l’occasione per porgergli tante domande. L’ex giudice ha parlato di Legalità, di Costituzione, di parità di diritti, di rispetto delle regole, in modo semplice e chiaro con un linguaggio a portata dei ragazzi. Molti di loro hanno letto i suoi saggi “Sulle regole” e “Le regole raccontate ai bambini” e “Sei stato tu?”, quindi per alcune domande hanno preso spunto da questi saggi, ma non solo, poiché gli hanno porto anche domande riguardanti la sua vita privata e gli è stato chiesto di esprimersi secondo la sua opinione personale. Durante il dibattito si sono succeduti temi riguardanti il bullismo, la corruzione, partendo da esempi quotidiani o spaziando da periodi e scenari politici. Una cosa molto bella su cui Colombo ha fatto riflettere è stata la considerazione sul fatto che gli adulti più dei ragazzi sono abituati a non rispettare le regole, poiché spesso lo fanno senza rendersene conto, per abitudine, mentre i giovani che hanno tanto da imparare, se guidati e consigliati bene riescono a trasgredire molto meno. Colombo ha spiegato ai ragazzi che, dopo 33 anni di attività, si dimise dalla magistratura nel 2007 per la sua convinzione che la giustizia si può affermare soltanto se le persone, i cittadini, vengono formati ed educati alla cultura delle regole e della giustizia. Il perno del cambiamento, secondo lui, non sono i processi penali, bensì l’educazione e la rieducazione. E proprio perché la formazione deve cominciare dalle giovani generazioni, il giudice diventa maestro, insegnante, un insegnante che non si mette in cattedra, come tiene a sottolineare, e incontra i ragazzi nelle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari alle superiori.