Sandra Saita: un premio per una vita dedicata agli altri

Sandra Saita non è un nome nuovo per i nostri lettori, sua infatti è “Zona Franca”, la rubrica del nostro giornale sulla quale da anni riporta le sue poesie, i ricordi, le riflessioni, gli incontri con la gente del quartiere rivelando grande sensibilità e profonda empatia.
Forse però non tutti sanno che da trent’anni si dedica a sostenere come volontaria i pazienti del reparto psichiatrico dell’ospedale di Niguarda e proprio per “la sua fedeltà al servizio, l’attenzione e l’affetto verso i malati” recentemente ha ottenuto un riconoscimento dall’Unione Samaritana, l’associazione di volontariato di cui fa parte (vedi foto). Non è certo facile affrontare il disagio mentale per un tempo così lungo adoperandosi sempre con generosità, dolcezza e un sorriso per tutti, ma Sandra è una donna forte, ricca di risorse e profondamente altruista e “se è vero – dice – che offro il mio aiuto è vero anche che ne ricevo tanto dalle persone che incontro. È uno scambio che fa bene a tutti e per questo finché avrò salute continuerò il mio impegno in ospedale”.
Come è nata la scelta di fare volontariato proprio nel reparto psichiatrico?
Non sono stata io a scegliere la psichiatria, è stata la psichiatria ad aver scelto me. Poco distante dalla cascina in cui abitavo da bambina, in via Faccioli, c’era un manicomio, Villa Fiorita. Ricordo che quando qualche paziente scappava il primo abitato che incontrava era il nostro e si nascondeva nell’orto. Le donne gridavano a noi bambini di rientrare velocemente in casa, io però mi fermavo sulla porta e guardavo quei poveretti dagli occhi disperati mentre venivano trascinati a forza da guardiani e infermieri. Ricordo ancora quando sul carro del vecchio custode del Paolo Pini, amico di famiglia, con altri bambini lanciavo frutta ai malati di mente che si trovavano al di là del reticolato dell’ospedale. Tutto questo è rimasto fortemente impresso dentro di me. Perciò quando trent’anni fa volendo iniziare un’attività di volontariato mi sono rivolta all’Unione Samaritana e mi hanno proposto di operare in psichiatria, ho subito accettato. A quel tempo non si esigeva una particolare preparazione, ai volontari richiedevano disponibilità e soprattutto tanto amore.
Da dove trai la forza per affrontare ogni giorno situazioni così coinvolgenti a livello emotivo?
La forza a me la dà sicuramente la fede ma anche l’esperienza del volontariato contribuisce ogni giorno a fortificarmi. Per i ricoverati in Psichiatria io non sono una volontaria ma Sandra, una come loro, una persona con il suo vissuto e il suo bagaglio di esperienze positive e negative, così loro raccontano la loro storia e io la mia e mentre consolo mi sento a mia volta consolata. Un mio assistito, un poeta, diceva: “Ascoltate Sandra, quando lei entra qui, entra con la sua sofferenza, ma poi la tramuta in forza per donarla a noi”. In Psichiatria mi trovo di fronte a problemi gravissimi, a storie di droga, depressione, tentativi di suicidio. Una volta erano tanti gli anziani interdetti perché “ingombranti” per le famiglie, ora sono più numerosi i giovani, per la maggior parte persone istruite, laureate, dotate di grande sensibilità e, incredibilmente, più numerosi sono gli uomini rispetto alle donne. Il disagio psichico è il male del secolo, aumenta giorno per giorno di conseguenza sono sempre più necessarie strutture adeguate per i pazienti e per le loro famiglie. Continuerò perciò a lottare, come faccio ormai da anni, perché a Niguarda venga finalmente data alla Psichiatria uno spazio più bello e funzionale di quello provvisorio nel quale siamo adesso. Trent’anni fa il reparto psichiatrico era in condizioni tragiche, mancava proprio tutto poi, anche grazie a tante lotte e denunce sui giornali, era stato trasferito in una nuova costruzione molto bella e dignitosa, dove ogni camera aveva il suo bagno e il suo giardino. Dopo dieci anni purtroppo questo edificio è stato abbattuto per far posto all’ala Polo Nord dell’ospedale con la promessa che prestissimo, al massimo entro due anni, si sarebbe realizzata una nuova Psichiatria. Il padiglione per il nuovo reparto c’è, è vuoto, mancano i soldi per attrezzarlo, quindi stiamo ancora aspettando.
Tanta disponibilità verso tutti. Ma la vita con te è stata generosa?
Ho vissuto molti momenti difficili, l’incidente che ha reso invalido mio marito poco dopo il matrimonio, i soldi che non coprivano le necessità, e ho subito anche tanti torti. Vivevo con i miei bambini, ancora piccolissimi, nella cascina di Affori, due locali con i servizi nel cortile, un giorno è crollato il soffitto, ho fatto domanda al Comune per avere una casa popolare ma non mi è mai stata assegnata, e il ricordo di questa che considero una vera ingiustizia mi fa ancora tanto arrabbiare. Per fortuna sono potuta entrare in un appartamento della Cooperativa Edificatrice che pagavamo con i soldi dell’invalidità. Ho sempre dovuto lavorare molto, sono stata impiegata, commessa, cameriera in un ristorante, assistente agli ammalati, e nonostante l’età ancora oggi non posso permettermi il lusso di riposare. Alla morte di mio marito, due anni fa, mi hanno tolto la sua pensione di invalidità e anche questa la vivo come una terribile ingiustizia perché per ben 40 anni ho condiviso con lui le sofferenze e i problemi legati alla sua malattia. Non solo. Hanno anche ridotto la mia pensione, una pensione minima che insieme alla reversibilità di mio marito non mi concede di vivere e di guardare al futuro con tranquillità. Nonostante tutto penso che la mia vita sia stata bella, ho lavorato, ho amato, sono stata amata. Le difficoltà? Il dolore? Fanno parte della vita stessa e riesco ad accettarli fortemente sostenuta dalla fede che non mi ha mai abbandonato.