Luigi Gironi, un lucido testimone del tempo degli scioperi antifascisti alla Pirelli

Il partigiano Luigi Gironi ha consegnato all’archivio della Sezione Anpi “Martiti Niguardesi” un manoscritto contenente la sua testimonianza riguardo gli anni della guerra e ci ha raccontato la sua storia.
Luigi nasce il 13.1.1928 a Milano dove vive tutt’ora. Con l’entrata in guerra dell’Italia i due fratelli maggiori vennero mandati al fronte mentre Luigi e i suoi genitori rimasero in città dove vissero, giorno dopo giorno, la precarietà, il dolore e la paura della guerra. Per aiutare la famiglia Luigi entrò come fattorino, a soli 14 anni, alla Pirelli. In quegli anni nella fabbrica, occupata dai tedeschi, si producevano, oltre ai pneumatici, cavi elettrici per uso industriale.
La passione per lo studio lo portò a iscriversi al corso serale per ragionieri presso il Liceo Parini. Spostarsi durante il coprifuoco era molto rischioso e per questo, insieme all’amico Orazio Maron, usava delle strategie particolari per il ritorno a casa. Ma durante una sera di nebbia fitta Orazio finì in una retata dei tedeschi e insieme ad altri civili venne ucciso per rappresaglia. Il ricordo di questa tragica vicenda è in lui ancora vivo. Dopo l’8 settembre del ‘43 anche alla Pirelli, come nelle altre fabbriche del nord di Milano, iniziarono a organizzarsi i Comitati Nazionali di Liberazione (Cnl) di Fabbrica. Il quindicenne Luigi, pur non aderendovi subito, seguiva con attenzione quello che succedeva in fabbrica, confrontandosi con il padre, anche lui operaio antifascista.
• I bombardamenti La sua voce s’incrina nel raccontarmi il terribile bombardamento su Milano del 20 ottobre ‘44. Quando suonò l’allarme, alla Pirelli, alle 11,25, già si vedevano luccicare in cielo i bombardieri americani. Tutti fuggirono nei rifugi. Poi un terribile boato, come un terremoto, seguito da uno schianto. Luigi si trovò al buio sopra altre persone sepolto da calcinacci, vetri, raccoglitori d’archivio. Gli aerei arrivavano a ondate e scaricavano bombe. Gli scoppi si succedevano e tutto tremava. Solo alle 15,30 suonò il cessato allarme. Scavalcando scaffali, registri e altro materiale uscì all’aperto con il corpo tremante. Fu sconvolgente quello che vide. Corpi straziati dai crolli e dalle bombe, interi reparti ridotti a cumuli di macerie, incendi ovunque con colonne di fumo nero ed acre. Il giovane Luigi pensò alla sua mamma. Fuggì da quell’inferno e corse terrorizzato verso casa. Quello che vide in strada era lo stesso scempio che aveva lasciato in fabbrica. Gente che vagava come impazzita. Corpi irriconoscibili, dilaniati dalle bombe, giacevano sull’asfalto. Tram sfasciati con i fili divelti ancora in tensione, rovine e crolli ovunque. Luigi correva inorridito ma per lui lo strazio non era finito. Arrivò alla scuola di Gorla, nel trambusto di autolettighe camion e gente concitata, vide quelle decine e decine di piccoli corpi Luigi Gironi, un lucido testimone del tempo degli scioperi antifascisti alla Pirelli straziati adagiati sui camion per essere portati al cimitero di Greco. Giovani mamme e parenti scavavano con le mani sanguinanti tra le macerie. Piangevano, gemevano, ma tutto ormai era inutile. I bambini morti furono 184 e 19 quelli del personale della scuola. Quando Luigi arrivò a casa sua, in via Rovereto, la mamma lo aspettava sulla porta, pallida e tremante. Si abbracciarono forte e piansero in silenzio.
• Lo sciopero Luigi ricorda molto bene anche lo sciopero del 23 novembre 1944. Operai e impiegati della Pirelli Bicocca lo proclamarono chiedendo pane, combustibili e indumenti per affrontare l’inverno. La reazione dei tedeschi fu immediata e feroce. Alle 11,30 pattuglie di SS tedesche e italiane fecero irruzione nello stabilimento e si diressero verso l’Ufficio Manodopera. Volevano avere i nomi di chi aveva aderito allo sciopero. Avendo avuto dal direttore solo uno schedario nominativo di tutti i dipendenti, i militi fecero irruzione negli uffici e portarono nel cortile 120 impiegati come ostaggi. Luigi era fra questi. Li misero contro il muro dell’Ufficio Ispezione con le mani dietro la nuca, mentre un plotone di soldati si schierava di fronte con i mitra puntati. Luigi pensava ai genitori che non avrebbe più rivisto. Vedeva i suoi colleghi, padri di famiglia, pallidi, sconvolti, silenziosi. Poi vide entrare camion e autoblindo, che posteggiarono lungo i viali. I soldati che erano a bordo furono sguinzagliati nei reparti. Sentiva grida e imprecazioni levarsi dai reparti. E poi vide scene disumane, decine di operai con le tute blu e le mani nere, sporche di grasso, spintonati, picchiati, umiliati e infine venire caricati come “oggetti” sui camion che poi con il loro carico umano uscirono dallo stabilimento, mentre gli impiegati in ostaggio venivano rilasciati. Il 28 novembre 166 operai della Pirelli partirono dallo scalo Farini per essere condotti nei campi di lavoro in Germania. Molti di loro non tornarono più a casa.
• Le azioni partigiane È in questo clima che Luigi, a soli sedici anni, decise con altri suoi giovani colleghi di collaborare attivamente con il Cnl di fabbrica. Chiamato dai partigiani, “il ragazzino” svolse compiti delicati sempre sotto controllo di partigiani “adulti”. Quello che ricorda con maggior entusiasmo fu l’ultima azione fatta la notte del 24 aprile. Doveva-no sottrarre, allo scalo merci ferroviario di Greco, dei vagoni pieni di merce e destinati alla Germania. I responsabili dell’azione erano De Angeli, Parozzi e Dell’Acqua. A Luigi venne assegnata una pistola, una tuta e il bracciale tricolore del Cln. Con altri partigiani doveva presidiare l’ingresso allo scalo. Considerato il grande pericolo e le poche armi che avevano a disposizione, decisero di inviare alcuni partigiani più esperti in perlustrazione. Questi tornarono riferendo che i tedeschi si stavano preparando ad abbandonare la zona. Era una fortuna, il pericolo diventava minore. Senza perdere tempo tornarono alla Pirelli, Luigi era con loro, presero un trattore su rotaie e piano piano arrivarono allo scalo. Qui Luigi, insieme ad altri, si sdraiò lungo le rotaie con le armi in pugno, ma non ci fu bisogno di usarle. I tedeschi e i fascisti erano già scappati. Molti vagoni vennero agganciati al trattore e trainati all’interno della Pirelli. In quei vagoni c’era di tutto: armi, munizioni, vestiario, viveri, liquori ed altre cose preziose. Arrivò così l’alba del 25 aprile, la Pirelli rimase bloccata dagli operai tutto il giorno in attesa di ordini del Cnl. In mattinata Luigi lasciò la fabbrica e in bicicletta tornò a casa dove i genitori lo stavano aspettando trepidanti. A guerra finita ricevette per la sua attività l’attestato di “Volontario della Libertà”, oltre 5.000 lire, un paio di scarpe e due ruote per la bicicletta.
Luigi continuò a lavorare in Pirelli fino alla pensione. Subito dopo la guerra entrò nel sindacato e ci militò per molti anni. La coscienza sociale e politica che si formò in lui durante la guerra lo portò per tutta la vita ad ascoltare i bisogni della gente e a schierarsi per difendere i valori della democrazia. Attualmente quello che preoccupa Luigi, ormai ultra-ottantenne, sono i giovani di oggi, ai quali si rivolge dicendo loro di studiare e approfondire la storia della Resistenza e della Costituzione. Sapere è indispensabile per crearsi una coscienza critica e per poter affrontare i cambiamenti sociali che spesso portano all’individualismo e all’indifferenza.