Periferie, dove eravamo rimasti?
Il tema delle periferie, non solo a Milano, ma ovunque, è lontano dalla soluzione. Anche quest’estate non sono mancati i moniti a “fare il proprio dovere, a cominciare dalle periferie”. Parole vane? E l’autunno come andrà?
Giugno è stato caratterizzato dalle elezioni amministrative. Nella generalità dei casi, hanno visto battagliare attorno al tema delle periferie, non solo a Milano, ma anche nelle altre città italiane. Evidenza che la questione periferie non è risolta e, forse, neppure si è iniziato ad affrontata veramente. Anche d’estate le problematiche delle periferie non sono certo andate in vacanza.
• Il proprio dovere In tale contesto si colloca il monito pronunciato da monsignor Luigi Mansi, Vescovo di Andria, ai funerali delle vittime del disastro ferroviario in Puglia (17/7/2016), riguardante i “calcoli ottusi di convenienze e interessi. E tutto, senza scrupoli, generando innumerevoli piccole e grandi inadempienze nei confronti del proprio dovere (…) verso i diritti delle persone, di tutti, senza diversità e distinzioni, a cominciare dai più deboli e fragili, a cominciare dalle periferie”.
• Il disegno generale Ma, oltre a “calcoli, convenienze e interessi”, le periferie continuano a subire la mancanza di un “disegno generale, un progetto integrato di interventi, un’autentica innovazione negli approcci, progetti nuovi e diversi dal passato”, come evidenziato da Leopoldo Freyrie, già presidente dell’Ordine degli Architetti (Corriere, 24/7/2016). Manca una regia complessiva, in particolare a livello territoriale. Tale situazione, tra le altre, è riscontrabile nell’intreccio “periferie-case popolari” (70mila appartamenti che a Milano hanno due diverse gestioni: 41.700 ad Aler/Regione Lombardia e 28.700 a Metropolitana Milanese/Comune di Milano, di cui 4.500 occupati abusivamente, mentre altri 6.000 sono sfitti. Poi, ci sono anche 12.800 box/posti auto e 2.900 negozi/laboratori artigianali, anche questi sfitti per il 25%). In proposito, i Consigli di Zona anche in tema di “casa” hanno continuato a fare gli spettatori, contrariamente a quanto previsto dal regolamento del 1977: e continuerà a essere così anche con i “nuovi” Municipi a causa di una stratificazione politico-burocratica “centralista” che va a tutto danno delle periferie.
• La burocrazia Così, nelle periferie rimangono mortificate le numerose presenze capaci di azioni positive. “Il problema però è di fondo: ogni volta che si vuole fare una riforma si commette sempre il medesimo errore. Quello di farla fare ai burocrati”, come osservato da Sergio Rizzo (Corriere, 27/7/2016). Così, accade che Dar=Casa, cooperativa che gestisce oltre 400 appartamenti di Regione Lombardia e Comune di Milano, che altrimenti sarebbero rimasti inutilizzati, ha iniziato a gestirne altri 115 alla Barona. Solo che l’avvio delle procedure risale al 2006: “Non è più possibile operare con queste modalità, perché non ha senso avere un finanziamento per un’emergenza e ottenere i primi risultati 10 anni dopo”, ha commentato Sergio D’Agostini, presidente di Dar=Casa.
• Il Parlamento Intanto, lo scorso 27 luglio, la Camera dei Deputati ha approvato l’istituzione di una “Commissione parlamentare monocamerale di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie”, composta da 20 deputati, che dovrà presentare una relazione entro… un anno. Bene, “non è mai troppo tardi”, come diceva il buon Maestro Manzi. Però, forse i “deputati” guadagnerebbero tempo rivolgendosi al senatore Renzo Piano, che ormai da lustri pone il tema alla pubblica attenzione (inascoltato!!) e che qualche esperienza in tema periferie ce l’ha, anche con il recente intervento al Giambellino.