Care lettrici, cari lettori, questo primo mese di autunno “Zona Franca” vuole raccontarvi una storia vera, una delle tante storie che ci devono far riflettere e meditare, perché se una vita serena non è di tutti, il diritto al lavoro deve essere una priorità. La storia inizia negli anni ‘70, anni in cui, alla cascina di Affori, quando si liberavano dei locali senza servizi venivano ad abitare famiglie del Sud. Famiglie con tanti figli che, insieme nel cortile, diventavano una sola famiglia. Fra tanti bambini c’era Stella, bionda, che giocava sempre con i miei figli. Passano gli anni e Stella, quando si liberano due stanze, decide di sposarsi. Mancavano 10 giorni al matrimonio e, forse per un cortocircuito, un incendio distrugge tutto, mobili e corredo. Stella comunque si sposa e va a vivere con i genitori. Nascono due gemelli ma, verso gli otto anni, uno muore. Ci si perde di vista. La rivedo in via Paolo Rotta in bicicletta, è preoccupata. Separata, viveva con il figlio, con un lavoro di sole 4 ore e lo stipendio non bastava. Mi faccio premura di accompagnarla all’ospedale vicino a casa sua per presentare domanda all’impresa di pulizie (è un periodo che assumono personale). La rivedo dopo due anni e le chiedo del lavoro (certa che l’avessero assunta), lei mi risponde che non l’hanno mai chiamata! La stessa mattina ritorniamo all’ospedale e ci dicono di inoltrare un’altra domanda. Quando, a distanza di tempo, la rivedo (non hanno mai risposto alla sua domanda) e rimango con lei delusa perché Stella è “madre con un figlio a carico”. Passano ancora anni, l’ho rivista lo scorso autunno, forse meno; ci abbracciamo perché per me è sempre rimasta “Stella” la bambina che è cresciuta alla cascina di Affori. Parla della sua vita travagliata, di tante preoccupazioni, senza gioie. Poi, prima di salutarci lei, con le mani, mi stringe le braccia e con le lacrime agli occhi mi dice: “Sandra, dimmi, perché sono nata, dimmi perché sono nata”. Settembre 2016. Sono sulla 52 da Affori che ritorno a casa. Incontro la madre di Stella, dopo tanti anni. Parliamo di salute e le chiedo come stanno tutti i suoi figli. Con voce sommessa mi risponde: “Mi è morta una figlia 4 mesi fa, la Stella, un infarto a 46 anni. La mia Stella”. Risento le mani di Stella sulle mie braccia, le sue lacrime. “Sandra dimmi perché sono nata, dimmi perché sono nata”. Sì, si può morire di dolore e di infinite tribolazioni. La storia di Stella mi porta a pensare che mancano, come c’erano allora, “gli uffici di collocamento” dove, all’iscrizione, c’era un cartellino, un numero, e bisognava timbrare ogni mese. Così storie come questa sarebbero state risolte “come priorità”! Ciao Stella, grazie.