Sono più di centomila gli emigranti che si sono sparsi in Europa e nelle Americhe l’anno scorso, facendone arrivare il totale a quasi 5 milioni. Non vengono dalla Siria o dalla Nigeria, dove le popolazioni allo stremo cercano un’alternativa alla fame e alla guerra. Sono i giovani che, come negli Cinquanta i terroni che dal Sud venivano al Nord in cerca di lavoro, emigrano dall’Italia alla ricerca all’estero di una prospettiva di vita. insomma, fatte le debite proporzioni, anche gli italiani emigrano per necessità come gli africani. Ma allora come mai a quelli di noi che vorrebbero erigere dei muri per respingere i profughi, quando la Gran Bretagna minaccia di espellere gli stranieri – anche gli italiani – che lavorano nel loro Paese, la cosa non piace per niente? La verità è che, se non ci organizziamo in Italia e in Europa per accogliere definitivamente e con rispetto umano quanti non possono più tornare nei loro Paesi martoriati, scatteranno gli egoismi, le paure, le incomunicabilità, le contrapposizioni. Le istituzioni, dal governo nazionale al più piccolo comune d’Italia, devono darsi un piano che, invece del rifiuto istintivo, faciliti l’integrazione pacifica e solidale. In modo che gli italiani possano esprimere nei confronti dei profughi quella stessa solidarietà che, anche nella nostra zona, stanno dimostrando per i terremotati (pag. 3). In questo senso che fa Milano? Per capirlo abbiamo intervistato l’assessore Pierfrancesco Majorino.