Anis Amri, accusato della strage di Berlino, ucciso dalla polizia a Sesto S. Giovanni, a due passi dalla zona 9

La notte fra il 22 e il 23 dicembre Sesto San Giovanni è balzata agli onori delle cronache di tutta Europa perché in piazza Primo Maggio, davanti alla Stazione FS, gli agenti della polizia italiana hanno ucciso, durante un conflitto a fuoco, Anis Amri (vedi foto in alto a sinistra), il cittadino tunisino sospettato di essere l’artefice della strage dei mercatini di Natale a Berlino, durante la quale ha perso la vita anche la nostra giovane connazionale Fabrizia di Lorenzo (vedi foto in alto a destra). Come un fantasma è apparso prima in Stazione Centrale a Milano (vedi foto della Polizia in basso), proveniente dalla Francia dopo essere scappato dalla Germania, poi davanti a quella di Sesto San Giovanni. E così l’uomo più ricercato d’Europa ha potuto girare indisturbato per mezzo continente fino a quando, dopo essere transitato per Torino e Milano è stato intercettato, durante uno dei tanti controlli messi in atto dalle nostre straordinarie forze di polizia che vegliano sulla nostra sicurezza. È qui, nella ex Stalingrado d’Italia, che la fuga di Anis Amri, è finita nel suo stesso sangue. Il presunto attentatore è morto in una sparatoria con la polizia. L’identità del tunisino, che Isis ha rivendicato come un suo “soldato”, è stata confermata dalla Germania e “senza ombra di dubbio” dal ministro dell’Interno Marco Minniti: fondamentali per il riconoscimento sono state le impronte digitali e la misurazione del volto. Anche questa drammatica vicenda, come le tante intercettazioni e relative espulsioni di presunti terroristi pronti a compiere attentati o a fare proseliti da arruolare nella guerra del Califfato, dimostra la grande preparazione, professionalità e capacità di monitorare e presidiare il territorio delle nostre forze dell’ordine. L’uomo è stato fermato per un controllo di routine intorno alle 3 di notte dai poliziotti di una pattuglia del commissariato di San Sesto Giovanni. Gli agenti gli hanno chiesto i documenti e di tirar fuori gli oggetti che aveva nello zainetto. Ma Amri, che aveva dichiarato di essere di Reggio Calabria, ha impugnato la calibro 22 – e solo gli accertamenti balistici potranno confermare se si tratti della stessa pistola usata il 19 dicembre per ammazzare l’autista polacco che ha lottato per impedire la strage del tir – e ha colpito un agente urlando non “Allah Akbar” (“Dio è il più Grande”) come riferito in un primo momento ma “poliziotti bastardi”. Quindi ha cercato di nascondersi dietro l’auto, l’altro agente ha risposto ai colpi e lo ha ucciso. L’agente ferito, C.M., 36 anni, è stato portato all’ospedale di Monza: è stato operato per l’estrazione del proiettile e a giorni dovrebbe rientrare a casa dai suoi familiari. L’altro agente rimasto illeso, è L.S., 29 anni, originario di Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa, in prova al Commissariato di Sesto San Giovanni. Gli abitanti in zona hanno raccontato di aver sentito gli spari, di essersi affacciati alla finestra e di aver visto l’uomo a terra mentre gli agenti cercavano di rianimarlo e un poliziotto che si teneva un braccio. Gli investigatori italiani e tedeschi sono al lavoro anche in questi giorni di festa per chiarire i tanti punti ancora oscuri di questa drammatica vicenda. Come ha fatto Amri ad attraversare, armato e senza documenti, diversi confini senza essere intercettato? Cosa ci faceva a Sesto San Giovanni? Scappava senza una meta, braccato dagli uomini della sicurezza di mezza Europa, o era al confine di Milano perché aveva dei complici pronti a nasconderlo e a farlo scappare fuori dall’Europa? La pistola con la quale ha ferito l’agente di Polizia è la stessa con la quale ha ucciso l’autista polacco del tir usato per compiere la strage di Berlino? Amri oltretutto non era conosciuto alle forze dell’ordine europee, compresa quella italiana. Come è emerso nei giorni scorsi, dopo essere sbarcato a Lampedusa nel 2011 presentandosi come un minore non accompagnato, Amri ha trascorso cinque anni in Italia di cui quattro in carcere tra Catania e Palermo. Era stato condannato per disordini nel centro di accoglienza dove era ospitato. L’ ultima notizia trapelata sui media lascia molto perplessi: i servizi segreti marocchini “hanno trasmesso un’informativa ai colleghi tedeschi il 19 settembre scorso, nella quale mettevano in guardia ufficialmente sulla radicalizzazione di Anis Amri”. Lo scrive Mondafrique, portale di notizie dal Nord Africa, citando “fonti qualificate dei servizi occidentali”. Amri si “preparava a entrare in azione”, scrivono gli 007 marocchini anche in una seconda informativa dell’11 ottobre. “È stato in contatto con un russo e un altro marocchino dell’Isis a Dortmund”.