…E io ci metto la faccia! Scatti d’artista di Anna Maria Indino

“Eio ci metto la faccia” è il titolo estroso e sibillino della mostra fotografica presentata lo scorso novembre nella sala della galleria “Art Action” di Bresso. Sono immagini di Anna Maria Indino, artista eclettica che per la prima volta si cimenta in questo campo. È il suo volto l’oggetto delle fotografie, un volto tagliato verticalmente a metà, enigmatico e misterioso, che sembra scrutare il mondo da lontano con curiosità ma senza coinvolgimento emotivo. La peculiarità è che l’artista ha giocato con una unica immagine variando la luce e gli accessori dell’abbigliamento, orecchini, foulard, cappelli.
Un’idea davvero originale. Da cosa è nata?
“È nata per caso. Le migliori idee a me nascono quando sono stanca o annoiata. È proprio allora che scatta la scintilla, quel quid che mi consente di realizzare qualcosa che si rivela poi originale. Anche per questa mostra è avvenuto così. Per impegnare alcune ore libere, avendo a disposizione solo un cellulare, un pomeriggio ho iniziato quasi per gioco a scattare dei selfie. L’idea di riprendere il mio volto a metà mi è venuta in un secondo tempo, guardando gli scatti in cui compariva il viso intero; non ero soddisfatta, mi parevano foto banali, volevo qualcosa di più intrigante, che lasciasse intuire ciò che non veniva detto e stimolasse la fantasia. Dopo numerosi tentativi alla fine ho trovato il tipo di immagine che mi pareva rispondesse a questa aspettativa. Non ho usato il computer né il photoshop, solo il cellulare, ho scattato molte foto lavorando sui colori, sulle sfumature e, non avendo il flash, sulla luce artificiale e quella naturale delle varie ore del giorno. Il risultato è una serie di immagini nitide e precise.
Fotografa ma anche grafica e promoter di arti visive e di eventi culturali. Quale è il tuo background artistico?
Non ho seguito studi artistici, ma sono sempre stata interessata alle varie attività legate all’arte e ho imparato moltissimo da mio marito, Gero Urso, seguendolo nel suo lavoro di artista e collaborando nella organizzazione delle mostre personali e collettive cui partecipava. Lavoravamo entrambi alle Ferrovie dello Stato in reparti diversi. Verso la fine degli anni ‘80 in occasione della Fiera di Bergamo Gero ha avuto l’incarico di organizzare la pubblicità per l’evento; il successo è stato così grande che la Ferrovia ha deciso di dar vita a un nuovo settore, quello pubblicitario, e di affidarne a lui la gestione. Nei primi anni Novanta, mentre si procedeva ai lavori di pulizia delle facciate della nostra Stazione Centrale e alla sistemazione del piano binari, ad accogliere i viaggiatori nel salone d’entrata c’erano delle brutte palizzate. In una nottata Gero si è inventato una soluzione, vivacizzare le grigie pareti di legno grezzo con un’esplosione di colori. Nasce così ”Arte in diretta”, una magia compiuta da artisti chiamati a realizzare in diretta una propria opera coprendo la bruttura originale della palizzata. Io, che avevo esperienza nell’organizzare mostre, sono stata assegnata all’ufficio di Gero per collaborare e con una piccola squadra di operai ho seguito tutto il lavoro. Terminata la ristrutturazione del salone abbiamo recuperato i dipinti, li abbiamo incorniciati e usati in varie occasioni per una serie di mostre sempre legate alla Ferrovia. Da qui è iniziata la mia attività di promoter di arti visive e di eventi culturali di pittura, fotografia, musica, teatro, impegno che richiede tutta una serie di compiti diversi da svolgere, l’ideazione, la comunicazione, i dépliant, gli inviti, il cocktail, un’attività complessa e faticosa ma per me di grande soddisfazione”.
Una perfetta organizzatrice Anna, ma allo stesso tempo creativa e ricca di fantasia. Lo si coglie anche dall’originalità delle composizioni artistiche che realizza con i materiali di riciclo più improbabili per denunciare in modo talvolta ironico, talvolta diretto l’uso violento che l’uomo fa della natura. Un’artista versatile, una donna di spiccata personalità. Chi non ha presente i suoi inseparabili e deliziosi cappelli?
“È dal 1974 che ho iniziato a indossare cappelli. Ero giovanissima, appena diciassettenne, e un’amica mi ha regalato un cappello bianco lavorato a uncinetto da lei. Mi è talmente piaciuto indossarlo che ho cominciato a comperarne alcuni alla Rinascente e poi i primi belli me li ha creati mio marito, dipinti da lui e ornati di lustrini, veramente particolari. Oggi il mio guardaroba contiene circa 300 cappelli di fogge e colori diversi. Senza mi sento nuda, ormai il cappello fa parte di me tanto che lo indosso sempre, anche in casa. Non c’è quadro in cui Gero mi ritragga senza questo immancabile accessorio. Poteva forse mancare nella mia personale mostra fotografica?”