“Con una fondazione voglio aiutare le persone in difficoltà temporanea perché mi sento in dovere di condividere un po’ della fortuna che ho avuto nella vita.” Sono parole di Ernesto Pellegrini, ex presidente dell’Inter (vedi foto), ma soprattutto uomo di cuore che nella sua fortunata attività imprenditoriale non ha mirato esclusivamente al profitto delle sue aziende. Il Gruppo Pellegrini Spa dà oggi lavoro a 8.500 persone di cui 500 assunte solo nel 2016. Ma per raccontare la sua bella storia bisogna tornare un po’ indietro. Classe 1940, Pellegrini cresce in una cascina in via Bonfadini, quartiere Taliedo, nella periferia sud-est di Milano. È la Milano del dopoguerra che con decisione punta alla ricostruzione in attesa del boom economico degli anni ’60. Ed Ernesto è uno dei suoi figli più determinati: diploma di ragioneria al Verri e subito a lavorare alla Bianchi. In uno degli alloggi della sua cascina conosce però Ruben, contadino che dalla mattina alla sera si spacca la schiena nei campi e di notte si corica su un letto di paglia. “Avevo vent’anni, una bici scassata e guadagnavo 55 mila lire al mese come contabile alla Bianchi quando furono espropriati i terreni della cascina – racconta Pellegrini -. Da che avevo memoria Ruben era sempre stato lì, lavorando per mio nonno, mio padre e poi per me e mio fratello Giordano. Adesso era costretto a sistemarsi in una baracca di legno senza riscaldamento. Mi si stringeva il cuore a vederlo in quelle condizioni e mi ero riproposto, appena le mie finanze, allora scarse, me lo avessero consentito, di procurargli un letto caldo. Purtroppo non ho fatto in tempo perché un giorno, uscendo dal lavoro, acquistai un giornale della sera con un titolo agghiacciante: “Barbone muore assiderato nella sua baracca”. Era Ruben. Pellegrini non dimenticherà mai il suo amico ma intanto la vita va avanti e lui inizia la costruzione della sua azienda. Al suo capo ufficio alla Bianchi non chiede più soldi ma più lavoro: “Non vede che a metà giornata ho già finito il mio lavoro?”. Gli viene quindi data la responsabilità del servizio di ristorazione. È l’inizio del suo successo imprenditoriale. Con le 150 mila lire ricevute dal suo capo, a titolo d’incentivo, tenta l’impresa. Nel 1965 fonda l’Organizzazione Mense Pellegrini che nel 1975 diventa Pellegrini Spa. Nel 1979, per seguire le aziende italiane all’estero, fonda la Pellegrini Catering Overseas, tre anni dopo nasce il Gruppo Pellegrini Spa che oggi, con un fatturato di 500 milioni di euro e 8.500 dipendenti, si divide in cinque divisioni: ristorazione, forniture alimentari, buoni pasto, distribuzione automatica e pulizie e servizi integrati. Un grande successo che dura da 51 anni. Nel mezzo, oltre all’onorificenza di Cavaliere del Lavoro (1990) e il conferimento dell’Ambrogino d’Oro (2014), la proprietà dell’Inter dal 1984 al 1995. Per diventare consigliere dell’Inter si presenta all’allora presidente Ivanoe Fraizzoli con una lettera dove dice: “sono tifosissimo dell’Inter da sempre, desidero entrare del Consiglio direttivo. Lei assuma informazioni, perché non mi conosce, e se le riterrà buone, mi chiami”. Le informazioni furono talmente buone che Pellegrini divenne subito vice presidente e nel marzo del 1984 succedette a Fraizzoli. Ai tifosi interisti si presenta con l’acquisto del grande Karl Heinz Rummenigge. Con Trapattoni in panchina, la difesa della nazionale (Zenga, Bergomi e Ferri) e dopo una campagna acquisti sontuosa (Matthaus, Brehme, Diaz, Berti e Bianchi) la sua Inter vince lo scudetto dei record nel 1989, raggiungendo 58 punti quando ancora la vittoria in campionato ne valeva solo 2. Nel 1991 e 1994 l’Inter di Pellegrini ritorna vincente in Europa conquistando due Coppa Uefa. Lascia l’Inter nel 1995 a Massimo Moratti rimanendo però sempre un grandissimo tifoso nerazzurro. E poi? Arrivano il 2000 e gli anni della crisi. Gli affari per l’azienda vanno bene ma Ernesto, che arriva dal quartiere Taliedo, non può far finta di niente davanti al fenomeno dei “nuovi poveri”. A fine 2013 dà vita alla Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus. “La Fondazione è per me un modo per ringraziare il buon Dio del tanto che ho avuto dalla vita – spiega Pellegrini -. E ho voluto farlo partendo da quello che so fare meglio: ristorare le persone, dar loro un momento di nutrimento e di conforto; due cose che, in questo tempo, mi sembrano particolarmente preziose.” E siccome Pellegrini non dimentica, il primo progetto è dedicato a Ruben, il suo amico contadino conosciuto da giovane tra gli orti di via Bonfadini. “Ho sempre sentito il dovere di ricordarlo e con lui tutti quelli che hanno vissuto di stenti, ma con dignità, accontentandosi senza lamentarsi di quel poco che la vita aveva loro riservato. E nel 2014 ci sono riuscito.” Da oltre due anni, grazie alla Fondazione Pellegrini, è nato infatti in via Gonin 52 “Ruben”, un ristorante solidale che viene incontro a quelle persone che, pur animate dalla volontà di uscire dalla momentanea condizione di indigenza in cui si trovano, hanno bisogno di un aiuto, di una mano; disoccupati, lavoratori italiani e stranieri il cui reddito non è sufficiente a portare avanti la famiglia, divorziati o separati che per pagare gli alimenti o l’assegno per il mantenimento della prole non possono più provvedere al proprio sostentamento, ex detenuti che cercano di reinserirsi nella società, stranieri in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato e parenti al seguito di malati ricoverati negli ospedali milanesi ma privi di mezzi economici sufficienti a provvedere alle necessità della trasferta. Vanno a mangiare ad una mensa che non è una mensa ma un ristorante vero e proprio al prezzo simbolico di 1 euro. È aperto dal lunedì al sabato e è in grado di servire fino a 500 coperti in due turni: 19-19.45 e 19.45-20.30. E come in tutti i ristoranti, anche da Ruben, c’è la possibilità di scegliere. Ogni sera, infatti, vengono proposti due menu diversi serviti da volontari. E non viene imposta nessuna fretta nel consumo del pasto. La cena infatti viene vissuta anche come momento di convivialità, di sviluppo delle relazioni umane e sociali nel rispetto della dignità delle persone.