Il Teatro Sociale per rendere la vita ricca e frizzante

Con Marta Marangoni cittadini-attori sperimentano un nuovo modo di vivere la comunità.

Vivere per qualche ora la vita di un altro, indossare una maschera lontana dal nostro io, insomma fare teatro, è un sogno che accompagna molte persone fin dai primissimi anni di età. Per chi nella vita ha percorso altre strade, tra le tante, un’occasione per mettersi in gioco c’è anche a Niguarda. Giovani, meno giovani, uomini, donne, extracomunitari e indigeni, tutti, senza distinzione di età, sesso, cultura, provenienza possono sperimentare il piacere di calcare le scene partecipando a “Ascolto il tuo cuore città”, il laboratorio teatrale diretto da Marta Marangoni. Niguardese doc, Marta è notissima nella zona, dove vive e lavora. Laureata in lingue straniere, studia recitazione a Milano, Dresda, Berlino e Barcellona. Dal 2002 è attrice del Teatro della Cooperativa di Renato Sarti, collabora stabilmente con la Filarmonica Clown, si occupa della rassegna teatrale della Scighera, canta, suona il flauto dolce, balla, collabora nella composizione di canzoni con Fabio Wolf, con il quale forma il gruppo Duperdu e, da quest’anno attrice presso il Teatro Franco Parenti. Una personalità vulcanica ed eclettica. Dopo un master in Teatro Sociale presso l’Università Cattolica, fonda ed è anche presidente dell’Associazione Minima Theatralia che organizza laboratori teatrali in vari contesti. Ed è proprio di questa attività che vogliamo parlare con lei.
Ascolto il tuo cuore città. Quali gli obiettivi del laboratorio? “Si rivolge ai cittadini del quartiere e non solo, a tutti quelli che hanno voglia di incontrare professionisti del teatro e dell’arte per lavorare insieme, ognuno con le proprie abilità e capacità, per dire e raccontare qualcosa alla comunità. Non vogliamo creare attori, l’idea alla base del nostro Teatro Sociale è piuttosto quella di portare le persone a uscire di casa, incontrarsi, collaborare, stimolare solidarietà. In questi anni abbiamo avuto la dimostrazione che il teatro di comunità, quello che si realizza soprattutto nei quartieri che hanno una propria identità, come qui a Niguarda, è un ottimo strumento di aggregazione. Quando negli anni scorsi abbiamo chiesto alla gente oggetti che servivano per il nostro spettacolo, piccole cose, centrini di pizzo o cerniere per formare o decorare i pannelli per la scenografia, la partecipazione del quartiere è stata incredibile. C’è stato un gran coinvolgimento, tantissimi hanno risposto: chi raccoglieva, chi selezionava, chi cuciva e questo ha stimolato dei legami comunitari, della vera solidarietà.
Come si giunge allo spettacolo finale? Si parte da una proposta iniziale degli attori che gestiscono il laboratorio. Dopo Cervantes, Shakespeare e Brecht quest’anno come artista di riferimento ho pensato a Jodorowsky. Si dà ai cittadini-attori un tema che possa produrre delle onde, delle risonanze e su questo si lavora. È tutto esperienziale. Tutta la prima parte, circa 10 lezioni, è emersione, si buttano lì pensieri e considerazioni, si raccolgono idee e proposte, si lavora sulle tecniche. Noi prendiamo appunti di tutto quello che i partecipanti propongono, inventano, dicono o fanno perché anche cose che sembrano banali possono invece spesso risultare interessanti per lo spettacolo. Tutto si costruisce pian piano insieme, all’inizio io non so cosa andremo a fare esattamente, non so chi parteciperà , potrebbero aggiungersi altri iscritti al corso, non so che forma avrà lo spettacolo, se sarà frontale o itinerante. So solo che il prodotto finale deve poter approcciare la comunità con strumenti di facile lettura, ci vuole quindi il comico, ci vuole la musica, deve poi essere accessibile sia ai grandi che ai piccoli, insomma essere leggibile a vari livelli. Ci incontriamo presso Argomm Teatro da ottobre a giugno, dal 19 gennaio tutti i giovedì, e lo spettacolo finale è inserito nella Grande Festa dei Cortili che, grazie allo spazio messo a nostra disposizione dalla Cooperativa Abitare, Minima Theatralia coordina dal 2010 in collaborazione con i commercianti e le associazioni di zona.
Un lavoro interessante che richiede tante competenze. Per fare Teatro Sociale ci vogliono anche competenze psicologiche perché si ha a che fare con delle persone, ognuna con la propria fragilità, la propria storia. Questo tipo di esperienza serve a conoscere meglio se stessi, a prendere consapevolezza dei propri limiti e delle proprie possibilità. Quando interpreti un personaggio ti allontani da te stesso, sperimenti un altro da te che però una volta sperimentato, può ritornare nella tua quotidianità, è un circuito virtuoso questo. È un po’ il Carnevale. Io il giovedì sera faccio il pazzo, poi rientro nella mia normalità, una normalità che però è arricchita, quindi il discorso è trasformativo. Il teatro aiuta nella vita perché la vita è improvvisazione, è teatro, e se tu diventi più consapevole delle tue possibilità espressive e comunicative sai come agire meglio. In Inghilterra il Teatro Sociale è definito ‘teatro applicato’ cioè strumento per risolvere un problema perché risponde a un obiettivo che non è solo artistico ma sociale.
Un’avventura decisamente affascinante. “Ascolto il tuo cuore città” è un progetto sperimentale in cui credo molto, un riferimento per l’Università Cattolica con la quale continuo a collaborare e che è legata alle università di Portogallo e Inghilterra dove da tempo esistono due Dipartimenti di Teatro Sociale. Siamo anche gemellati con un gruppo teatrale di un quartiere di Berlino che lavora con le nostre stesse finalità e con il nostro progetto stiamo partecipando a un bando europeo. È un’avventura straordinaria che arricchisce anche la mia personale ricerca artistica perché tutto il lavoro svolto dal 2010 sul laboratorio ha portato me e mio marito Fabio ad approfondire il discorso sui quartieri quindi sulla città. Sono nate così molte nostre canzoni, quella su Buffalo Bill alla cascina California di Niguarda, sulla storia di Carolina di Brunswich moglie di Giorgio IV d’Inghilterra passata alla Barona, come afferma anche il Porta, sulla stazione della Bovisa dove la gente passa e va. Alcune di queste canzoni sono entrate negli spettacoli cantate in coro dai cittadini-attori, tutte sono diventate il nostro primo album intitolato “Chiamerolla Milano” termine arcaico che ci riporta a Belloveso, il leggendario fondatore della nostra Milano.