Morti d’amianto: assolti gli imputati. Cosa succede al Tribunale di Milano?

Operai morti per amianto: il 19 dicembre assolti i nove manager imputati nel processo Pirelli bis. Ancora una volta per il tribunale di Milano nessuno è colpevole della morte e delle lesioni gravissime per i 28 casi di operai morti o ammalatisi a causa dell’amianto, che hanno lavorato negli stabilimenti milanesi dell’azienda tra gli anni 70 e 80. L’ha deciso il giudice della V Sezione Penale, Anna Maria Gatto, che ha assolto i nove manager Pirelli accusati di omicidio colposo “perché il fatto non sussiste” e per “non aver commesso il fatto”. Una decisione definita “antioperaia” dal Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro, parte civile nel processo insieme a Medicina Democratica, l’Associazione Italiana Esposti Amianto e la Camera del Lavoro (Cgil) perché, andando anche contro la perizia del consulente nominato dalla stessa giudice, ha sancito l’impunità per i responsabili della morte di 28 lavoratori. Alla lettura della sentenza i presenti hanno gridato ripetutamente “vergogna” e dopo le proteste in aula, alcune decine di persone, vittime e solidali, hanno sfilato per i corridoi del Palazzo di Giustizia con due striscioni, uno che recitava “gli operai sono stati uccisi due volte: dai padroni e dai giudici” e un altro che ricordava le vittime del profitto. Ancora una volta la verità storica è stata diversa da quella giuridica. Le testimonianze degli operai nel processo, dell’Asl, dei consulenti del pm Ascione, e di quelli delle parti hanno ampiamente ricostruito e dimostrato la verità storica delle condizioni di lavoro alla Pirelli e delle ragioni di tutte queste morti a causa dell’inalazione delle fibre di amianto presenti negli stabilimenti milanesi tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, l’inesistenza di protezioni adeguate e di tutele antinfortunistiche e di protezione della salute. Tuttavia ancora una volta la verità giuridica, in un paese che conta più di 1.000 morti l’anno sul lavoro (4.000 altre provocate solo dall’amianto e altre decine di migliaia di malattie professionali) è stata un’altra. Le aziende devono poter continuare a produrre senza lacci e lacciuoli e le morti operaie non devono essere un costo, neppure giudiziario. I processi giunti a sentenza con le assoluzioni dei padroni e manager alla Pirelli come all’Enel, alla Franco Tosi o alla Fibronit di Broni non sono di buon auspicio per i processi in corso alla Breda/Ansaldo di Viale Sarca, all’Alfa Romeo, al Teatro alla Scala, dove l’amianto era persino nel sipario, e in Atm, dove la fibra rivestiva le pareti dei depositi e le volte delle gallerie della metropolitana. Affermano il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio e le associazioni: “Noi non ci fermeremo. Non accettiamo che la legge sia sempre con i padroni; anche se sappiamo di vivere in un paese dove la legge è di classe, noi continueremo a lottare perché vogliamo giustizia, una giustizia vera che dica chi e perché ha ucciso questi operai e non fermeremo la nostra lotta finché i responsabili di questo genocidio non saranno fermati e puniti. Questo non riporterà in vita i morti e non guarirà il dolore dei loro familiari e dei malati ma senz’altro ne eviterà altri”. L’amianto non è un problema del passato, ma del presente e del futuro e lo ricorda ogni giorno la lista degli ex lavoratori e cittadini che si ammalano e muoiono. L’amianto non è solo un problema giudiziario ma ambientale, sociale, medico. La bonifica del territorio, dei luoghi di lavoro e degli stabili contenenti manufatti di amianto va avanti molto a rilento mentre le vittime dell’amianto continuano ad ammalarsi e morire aspettando una giustizia che non arriva mai. In Italia, secondo stime del ministero dell’ambiente, ci sono ancora 32 milioni di tonnellate d’amianto solo per quello che riguarda i tetti di Eternit.