Vun per un fa mal a nissun

Nel maggio scorso abbiamo concluso l’articolo di presentazione alla finale di Coppa Italia prevedendo che quella tra Milan e Juventus sarebbe stata comunque una sfida combattuta perché così insegnava la Storia del Calcio (di cui noi siamo appassionati cultori). Be’, per una volta lasciateci gonfiare il petto e dire che avevamo ragione. Le due partite di Coppa Italia e Supercoppa hanno dimostrato che, anche quando sussistono netti divari in classifica e sul campo, nelle finali Milan e la Juventus se la giocano sempre alla pari. Infatti, se i rossoneri avessero vinto entrambe le finali nessuno avrebbe potuto obiettare nulla. E lo stesso sarebbe stato se a Doha avessero trionfato i “gobbi”. Ancora una volta, la caratteristica principale delle due gare è stato il grande equilibrio, spezzato solo da un contropiede finalizzato da Morata all’Olimpico nel secondo tempo supplementare e addirittura dai rigori nel ministadio di Doha (11.500 spettatori su 13.000 posti disponibili…). Vun per un fa mal a nissun, si dice nel nostro splendido dialetto, e ci perdonino gli amici juventini ma secondo noi è stato giusto così. Il Milan a Roma ha giocato una delle migliori partite della sua pessima scorsa stagione e non meritava di perdere. Se fosse uscito battuto pure nella Supercoppa si sarebbe trattato di una vera ingiustizia. Tuttavia, poiché le ingiustizie, nel calcio come nella vita, accadono spesso, poteva succedere anche questo. Anzi, molti di noi casciavitt erano ormai pronti: del resto, se Bacca si divora tre palle gol e Romagnoli timbra la traversa, i segnali sono chiari… Difficilmente la Juve ti concede tutte queste occasioni, e se non le sai sfruttare è normale che alla fine perdi. Perciò, quando Dybala si è trovato tutto solo all’altezza del dischetto, a cinque minuti dalla fine (più o meno lo stesso momento del gol di Morata a maggio), io – cioè il milanista del duo titolare della rubrica – ho pensato: “Ecco, lo sapevo che sarebbe andata così….”. E mi sono scoperto a fissare con sguardo rassegnato la rete, nell’attesa che si gonfiasse. Invece, incredibilmente, la palla è andata da un’altra parte. Forse, perché il Dio del Calcio ha voluto essere equanime. Così come quando ha fatto tremare la traversa sul tiro di Mandzukic e nel momento in cui è entrato nel corpo di Donnarumma facendogli prendere con una mano il tiro di Dybala. Forse. Perché il Suo intervento non si potrà mai provare, e probabilmente sono stati solo i calciatori a sbagliare o a dimostrarsi un vero campione minorenne. In fondo, però, Natale è appena passato e di conseguenza un afflato religioso ce lo potete pure concedere… A parte ciò, non credevo – chi parla è sempre il milanista della rubrica – che una Supercoppa potesse dare cotanta gioia. E questo è proprio strano, perché ricordiamo tutti benissimo quando questa competizione era considerata poco più di un’amichevole, al punto che un Ruud Gullit vestito di rossonero andò a mischiarsi con i suoi ex compagni sampdoriani durante l’esecuzione dei rigori nell’edizione 1994. Ai tempi, la gara veniva disputata d’estate, con la gente al mare e gli stadi semivuoti. Da un po’ di anni, invece, è diventata una partita vera, almeno – nel caso di Doha – per chi è in campo, per i dirigenti (basti rivedere le espressioni di Marotta e Galliani), i cento tifosi al seguito e i milioni davanti alla televisione. Mentre gli altri che vi assistono, con il loro vestiti bianchi o gli occhi a mandorla, dubito che la considerino tale o la capiscano veramente. Ma sganciano parecchi danée, e questo è quello che conta. Sono cambiati i tempi, ovviamente, e il calcio business si è ormai affermato. Però non è questo il punto, per noi milanisti. La soddisfazione che proviamo deriva dai cinque lunghi anni di assoluto digiuno seguiti da un’altra tiratissima Supercoppa conquistata contro l’Inter (quella volta a Pechino, segno premonitore di quello che sarebbe diventato il riferimento geografico delle squadre milanesi). Ed è per questo motivo che, dopo molti campionati anonimi e coppe europee solo sognate, quello che negli anni ‘90 snobbavamo adesso ci pare un piatto pregiato. E se è vero che c’era di mezzo la Juve e che una finale ai rigori ti regala sempre dosi enormi di adrenalina, scommetto che se pure avessimo sconfitto la Fiorentina la felicità sarebbe stata uguale. Perché dei tanti celebrati ventinove successi ottenuti da Berlusconi come presidente, solo tre sono avvenuti negli ultimi nove anni. In media, dal 2008 al 2016, un titolo ogni tre stagioni, e pure circoscritto ai patrii confini, a testimonianza di come al Milan si siano tirati i remi in barca da quasi un decennio e di come il tanto sospirato closing arrivi comunque in ritardo. Sempre ammesso che arrivi… Nell’attesa, gustiamoci questa sofferta e forse inaspettata Supercoppa. Anche perché, e scusatemi la franchezza, di nuove possibili vittorie, sull’orizzonte rossonero, non se ne vedono molte…