Daniela Cavallotti ci ha lasciato. L’amianto continua a uccidere

Il 2 gennaio Daniela Cavallotti, ex lavoratrice del Comune di Milano e storica delegata Rsu e della RdB, è morta a 67 anni stroncata da un mesotelioma pleurico causato dall’esposizione professionale all’amianto. Daniela, abitante in via Confalonieri all’Isola, si è ammalata lavorando per 25 anni nel Palazzo Pirelli di via M. Gioia, chiuso da circa tre anni per amianto, e fino all’ultimo ha lottato contro la malattia e contro le istituzioni – Comune di Milano, Asl di piazzale Accursio e Magistratura – per ottenere una giustizia che le è stata negata. Per l’Ats (ex Asl) e l’Inail, Daniela non si è ammalata per aver lavorato 25 anni in uffici comunali dove la stessa Asl ha riconosciuto la presenza di fibre d’amianto, ma perché ogni anno nel mese di agosto andava in ferie a Lerici, dove sembra che l’amianto abbondi. La beffa è continuata fino alla sua morte. Dopo la denuncia alle istituzioni e alla Procura della Repubblica di Milano inoltrata insieme al Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Medicina democratica e Associazione Italiana esposti amianto, anche il pm ha fatto propria la tesi dell’Asl chiedendo l’archiviazione. Ma i denuncianti si sono opposti e ora il Gip dovrà decidere se rinviare a processo o archiviare. Comunque quale che sia l’esito, lei non c’è più. Daniela, da sempre in prima fila nelle lotte per la difesa dei lavoratori e per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro insieme a un piccolo gruppo di delegati Rsu del Comune di Milano, ha condotto tante battaglie, oltre a quelle sindacali, per la bonifica dei siti del Comune contenente amianto a cominciare dalle scuole. Fra queste sue tante battaglie vogliamo ricordarne alcune: la bonifica dall’amianto del Museo di Storia Naturale (meta di tantissime persone, in maggioranza bambini), della sede di Via Larga (sottotetto e altre stanze), di Palazzo Marino (spogliatoi dei vigili e dei commessi), del Museo Egizio e di tante altre sedi, compreso il palazzo in cui lavorava, dove i dirigenti avevano sempre negato la presenza d’amianto. Dopo tante battaglie nel 2013 in un’informativa ai lavoratori e alle lavoratrici il Comune di Milano ammetteva i rischi derivanti dall’amianto nell’edificio dove hanno lavorato con Daniela circa 800 lavoratrici e lavoratori, anche se si è continuato a lavorare. Il sito è stato chiuso per amianto solo da poco. Come hanno ricordato i suoi compagni di lavoro all’annuncio della sua morte “oggi siamo colmi di tristezza e di rabbia. Con Daniela se ne va una parte di tutti noi che abbiamo condiviso vittorie, sconfitte, desideri e tante lotte”, e moltissimi sono stati gli attestati di solidarietà alla famiglia. La sua vita, già da giovanissima bella ragazza dai capelli rossi sempre impegnata, il suo esempio di combattente determinata e caparbia, di persona senza pregiudizi che ha fatto una scelta di campo senza compromessi, ne fa un esempio di cosa significa la parola “umanità”. L’umanità che l’ha portata a lottare fino all’ultimo, non certo per se stessa ma perché anche gli altri suoi colleghi di tanti anni fossero consapevoli di cosa rischiavano. Il 19 gennaio, ventotto (28) Rsu (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) di tutte le sigle confederali e di base del Comune hanno scritto una lettera al Sindaco del Comune di Milano Dott. Sala Giuseppe, al Direttore Generale Dott.ssa Caporello Arabella e a tutti i Direttori di Settore avente per oggetto: “Tutela sanitaria dei lavoratori che sono esposti o che sono stati esposti all’amianto”. Nella lettera scrivono: “I sottoscritti Rls del Comune di Milano, conseguentemente al decesso per tumore di una lavoratrice del Comune, che operava presso lo stabile di via Pirelli 39 e nel quale si era rilevata la presenza di amianto, tanto da portare al trasferimento del personale in altre sedi e avviare una consistente opera di bonifica, chiedono l’avvio di un’iniziativa a carico del datore di lavoro da effettuare tramite il ‘medico competente’ aziendale coinvolgendo tutti i lavoratori che risultino avere una pregressa attività nell’edificio di via Pirelli 39, ivi compresi i lavoratori la cui attività lavorativa presso il Comune di Milano sia già cessata o dipendenti di aziende con appalti che abbiano operato presso lo stabile di via M. Gioia.” Daniela non si è salvata la vita, ma la sua morte non è stata vana. Agli altri ha pensato fino alla fine. Per chi, come il sottoscritto l’ha conosciuta, aver lottato al suo fianco è stato un onore.