In queste settimane, durante la discussione sul decreto Milleproroghe, in tante città, sono state organizzate diverse manifestazioni, scioperi e mobilitazioni da parte di alcune categorie, in particolare tassisti e ambulanti. Per quanto riguarda i taxi il blocco del servizio durato due o tre giorni ha spesso penalizzato cittadini e città. I media si sono molto occupati degli effetti delle proteste e, dall’altra parte, le Istituzioni si sono preoccupate di trovare soluzioni per evitare ulteriori disagi ai cittadini. In realtà su entrambe queste vicende, mercati e taxi, si confrontano due idee molto diverse su quali debbano essere le priorità alla base delle scelte normative quando si parla di servizi pubblici. Il confronto è tra chi privilegia l’attenzione alla qualità e alla accessibilità dei servizi per i cittadini e chi invece protegge i pur legittimi interessi di chi li fornisce anche a scapito dell’efficienza. Resto su queste due questioni ma il tema è più generale e sempre complicato da affrontare dato il grande potere che ha chi può interrompere servizi indispensabili. Sui tassisti pesa la concorrenza di nuovi servizi, dal car-sharing ai noleggi con conducenti fino ad Uber. Per chi deve spostarsi nelle città avere la possibilità di scegliere tra opportunità diverse è un vantaggio poter contare su una rete di servizi più diffusa e, naturalmente, poter contare su prezzi che, grazie alla concorrenza, scendono. Come si conciliano i due interessi sostanzialmente contrapposti è il problema. Non credo che la risposta sia ridurre la concorrenza o la possibilità di accesso ai servizi per i cittadini ma semmai garantire ai tassisti regole chiare che consentano di riconoscerne un ruolo e valorizzare la capillarità della loro offerta. Per il resto starà anche a loro migliorare la qualità del servizio per essere più competitivi e utilizzare la tecnologia, come si fa nelle grandi città, per consentire ai cittadini chiamate e pagamenti che utilizzino le potenzialità offerte dalla rete e dagli smartphone. In sintesi moltiplicare le possibilità di scelta per chi deve spostarsi significa garantire servizi migliori e più accessibili. L’altra questione che ha visto manifestazioni sotto il Parlamento è quella che degli ambulanti. Nel 2010, quando nel Governo Berlusconi c’erano coloro che in questi giorni hanno cercato di cavalcare le proteste, si decise di applicare la normativa Bolkestein anche per l’assegnazione dei posti nei mercati. In sintesi si obbligavano i Comuni a mettere a bando gli spazi. Successivamente nel 2012 la conferenza Stato- Regioni ha approvato un’intesa con l’obiettivo di garantire nei bandi la possibilità per gli attuali concessionari di poter riavere il posto per 12 anni, ma anche per impedire, come avviene ora, che ci siano decine o centinaia di licenze nelle mani di una stessa persona e dare la possibilità ai Comuni di migliorare la qualità dei mercati stabilendo regole e criteri in questa direzione. Non essendo una parte del Paese nelle condizioni di assegnare le concessioni con le nuove regole il Milleproroghe ha previsto la scadenza delle attuali concessioni nel 2018 per dare tempo a tutti i Comuni di applicare l’intesa a garanzia di tutti. La richiesta che ha scatenato la protesta è stata quella, contenuta in un emendamento che io stesso ho presentato e che è stato approvato, di garantire però che le gare già indette dai Comuni potessero svolgersi consentendo a chi le regole le ha rispettate di non essere penalizzato. Come hanno sostenuto le grandi organizzazioni del commercio si trattava di garantire l’applicazione dell’intesa Stato-Regioni evitando il rischio che l’applicazione della Bolkestein portasse a mettere all’asta i posti senza più alcuna garanzia per gli attuali concessionari. L’abbiamo fatto anche nella convinzione che, consentire ai Comuni di organizzare i mercati scoperti, significhi anche contrastare illegalità e degrado, colpire chi si è approfittato di irregolarità diffuse presente in tante realtà, ma, soprattutto, anche in questo caso, migliorare la qualità e le garanzie per i cittadini. Per gli operatori questa scelta toglie incertezza sul loro futuro e garantisce 14 anni di tranquillità lavorativa. In generale abbiamo respinto l’idea di dover fare una norma che alla fine rischiava di penalizzare chi sta applicando la legge e rispettando le regole per salvaguardare chi ancora non l’ha fatto. Così i Comuni che hanno lavorato per riorganizzare i mercati non vedono vanificato il loro lavoro ma, nello stesso tempo, agli altri viene dato il tempo per farlo. Credo che fatte queste precisazioni sia più chiaro che le questioni legate alle mobilitazioni degli scorsi giorni non riguardino solo gli operatori, ma riguardano i cittadini tutti che hanno diritto ad avere servizi più efficienti e migliori. Le rivendicazioni dei tassisti e di chi lavora nei mercati devono trovare ascolto ma non possono e non devono confliggere con questo principio.