Da Herrera a Pioli, oltre mezzo secolo di allenatori nerazzurri

Parte ottava: 2003-2011, Zaccheroni, Mancini, Mourinho, Benitez, Leonardo
La stagione 2003-2004 si conclude per Hector Cuper solo dopo sei giornate. Dopo la sconfitta nel derby e il pareggio con il Brescia gli subentra Alberto Zaccheroni che ha vinto lo scudetto con il Milan nel ‘99. Il tecnico romagnolo parte bene con sei vittorie nelle prime sette partite. Poi però escono fuori tutti i limiti di una squadra forte in attacco (Vieri, Cruz, Adriano Recoba e Martins) ma con grosse lacune a centrocampo. Il lavoro di Zaccheroni è comunque buono tanto che Giacinto Facchetti, diventato nel frattempo presidente dell’Inter, ne annuncia in televisione la riconferma per la stagione successiva. Moratti però intanto si è “innamorato”di Roberto Mancini. In realtà si tratta di una stima che risale fin dai tempi del Mancini grande giocatore della Sampdoria. Obiettivo allora sfumato che invece adesso Moratti non vuole farsi sfuggire. E così fa di tutto per strapparlo alla panchina della Lazio. Mancini arriva ad Appiano Gentile dopo aver vinto come allenatore due Coppe Italia con Fiorentina e Lazio. Con lui Veron dal Boca Juniors e Cambiasso dal Real Madrid. Insieme a Stankovic e Zanetti formano un grande centrocampo. L’Inter di Mancini 2004-2005 gioca un gran bel calcio e pone le basi per quello che sarà il ciclo che porterà alla vittoria di cinque scudetti consecutivi e dello storico triplete. I tempi però non sono ancora maturi e l’Inter di quell’anno è ancora in fase di rodaggio. Per i nerazzurri viene creato un nuovo neologismo, “pareggite”; nelle prime 20 gare impatta per 14 volte, concludendo il campionato in terza posizione. Il fine stagione porta però una gradita sorpresa in casa nerazzurra; l’Inter di Mancini vince la sua quarta Coppa Italia battendo in finale la Roma. È solo l’inizio. In apertura della stagione 2005-2006 conquista a Torino contro la Juve la Supercoppa Italiana. È l’anno dello scoppio di calciopoli, si scopre infatti che le annate 2004-2005 e 2005-2006 sono state truccate (solo queste? ndr). Lo scudetto 2006 viene quindi assegnato all’ Inter. È il primo dell’era Mancini che si ripete nelle due stagioni successive stabilendo nell’annata 2006-2007 il record di 17 vittorie consecutive in campionato. Meno bene va in Champions League. Proprio l’eliminazione contro il Liverpool nel 2008 apre scenari nuovi sulla panchina nerazzurra. Dopo la partita Mancini, che forse pensa di non avere più la squadra in pugno, annuncia le dimissioni salvo poi fare retromarcia qualche giorno dopo. Nel frattempo però Moratti guarda oltre. A Parigi, in gran segreto, incontra Jose Mourinho che sta allenando il Chelsea. Il feeling tra i due è immediato. Mentre Mancini vince il suo terzo scudetto nell’acquitrino di Parma grazie ad una doppietta di Ibrahimovic, lo Special One sta già imparando l’italiano e qualche parolina strettamente meneghina. Si presenta infatti alla sua prima conferenza stampa con un italiano fluente e rispondendo ad una domanda di un giornalista inglese, tra l’ilarità totale, con il famoso “io non sono pirla”. I giornalisti si accorgeranno però presto che Mou non stava scherzando. Le sue vittorie, due scudetti, una Coppa Italia, una supercoppa e il memorabile triplete sono ormai entrate nella storia dell’Inter e del calcio mondiale. Ma oltre che come uno dei migliori allenatori del mondo Mourinho sarà anche ricordato, come del resto anche Herrera e Rocco negli anni ‘60, per essere stato un genio della comunicazione. Comprende subito di essere capitato in un campionato dove i giornalisti hanno la tendenza ad essere allineati ai propri datori di lavoro e alle società più potenti sia economicamente che politicamente. Guarda caso le stesse società che hanno provocato calciopoli rischiando di far sparire il calcio italiano. Memorabile rimarrà quindi la conferenza stampa dove accuserà la stampa italiana di “prostituzione e manipolazione intellettuale”; in sostanza di esprimere giudizi differenti di fronte a fatti uguali a seconda della squadra coinvolta. L’ultima immagine di Mourinho nerazzurro è nell’abbraccio in lacrime con Materazzi al Santiago Bernabeu, nella notte del trionfo in Champions League. Dice addio all’Inter per approdare al Real Madrid. Al suo posto, arriva dal Liverpool Rafael Benitez. Per un nuovo allenatore guidare una squadra reduce da tanti trionfi è già di per se un’ impresa non facile; allenare dei giocatori che fino a pochi giorni prima seguivano ciecamente Mourinho rende l’impresa ancora più ardua. Chi ci riuscì con grande successo nel dopo Sacchi fu Fabio Capello al Milan. All’Inter non andò così. Molto per responsabilità di Benitez che non riuscì a gestire un gruppo che avrebbe potuto ripetersi. “Benitez non ha sopportato la vittoria di Mourinho nella stagione precedente – dichiarò qualche anno dopo Moratti – E si è fregato da solo, perché c’era una squadra felice e pronta a ripetersi, contenta di quello che aveva ottenuto. Invece è stata analizzata e criticata in termini tali per i quali noi stavamo quasi attenti a dire che avevamo vinto un mese prima per non rovinare il nuovo percorso”. In campionato l’Inter di Benitez parte male e a dicembre è ottava. Non basta al tecnico spagnolo la vittoria del Mondiale per club per evitare l’esonero. Con Leonardo in panchina inizia la rimonta in campionato che porterà l’Inter al secondo posto, a 6 punti dal Milan campione d’Italia. Sempre Moratti: “Mi sembrava giusto cambiare e respirare l’aria di qualcuno di più positivo, più in pace con il mondo e Leonardo lo ha fatto, ha creato un ottimo clima e siamo riusciti ad arrivare secondi in quella stagione. Se quel clima lo avesse creato Benitez forse sarebbe arrivato un altro scudetto.” Come grande consolazione, in finale contro il Palermo, arriva la vittoria in Coppa Italia, la settima della storia nerazzurra.