Il Fioretto di Zorro: I furbetti della sala parto

Per interrompere volontariamente la propria vita invece di continuare a vegetare in un’insopportabile sofferenza, ogni anno decine di italiani emigrano all’estero perché in Italia l’eutanasia è reato: ultimo il dj Fabo, cieco e tetraplegico, immerso in una notte di dolore senza fine, che ha potuto esaudire la sua ultima richiesta di assistenza in Svizzera, dove l’eutanasia è legge dal 1942. Altrettanto difficile è nel nostro Paese tutelare il diritto all’aborto, imposto in un referendum dall’85% degli italiani e poi regolamentato dalla legge 194, in modo così equilibrato da permettere ai ginecologi l’obiezione di coscienza, cioè di essere esclusi dai trattamenti abortivi per motivi religiosi. Ora però si sta esagerando. Ormai siamo ai “furbetti della sala parto”: una donna di 41 anni che voleva interrompere la propria gravidanza è stata respinta da 23 ospedali perché “i medici sono tutti obiettori”. I dati, in effetti, sono scandalosi. A livello nazionale su 10 ginecologi 7 sono obiettori. In tutto il Molise c’è un solo ginecologo che pratica l’aborto. Anche al nostro Niguarda due anni fa la situazione era molto critica: solo 2 ginecologi su 16 affrontavano più di 700 interventi all’anno! Oggi la situazione è un po’ migliorata perché Niguarda e Sacco si sono messi d’accordo per dividersi gli interventi. Insomma una situazione di irresponsabilità umana e professionale: se uno non vuol praticare l’aborto nessuno lo obbliga a “lavorare” in ospedale, apra uno studio privato e faccia quello che vuole. Menomale che c’è chi non si rassegna. La regione Lazio dà l’esempio: se un ginecologo vince un concorso al San Camillo di Roma, ma fa obiezione nei primi sei mesi dopo l’assunzione, rischia il licenziamento perché inadempiente rispetto ai propri compiti.