Anpi di Niguarda: Peppino Impastato raccontato dal fratello Giovanni

Domenica 19 febbraio la sezione Martiri Niguardesi dell’Anpi ha organizzato un incontro con Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Erano presenti anche Roberto Cenati (presidente Anpi provinciale), Piero Scaramucci (giornalista), Claudia Pinelli (figlia di Giuseppe, morto nella Questura di Milano nel 1969) e Guido Pollice (ex parlamentare di Democrazia Proletaria). A fare gli onori di casa Angelo Longhi (presidente Anpi Martiri Niguardesi) e Silvio Ostoni (presidente società Cooperativa Abitare). Roberto Cenati, aprendo il pomeriggio, ha ricordato come Peppino fu assassinato lo stesso giorno in cui fu ucciso Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, e che anche le indagini su questo fatto furono oggetto di depistaggi, come tanti altri episodi avvenuti in quegli anni in Italia. E ha sottolineato come sia importante diffondere la cultura della lotta alla mafia, oggi assai presente anche nel Nord d’Italia, conservare e diffondere la passione civile, per vincere l’indifferenza. Questo incontro è stato una lezione sulla legalità, sulla solidarietà e sui diritti; perché l’Anpi non si occupa solo di memoria, di antifascismo e di Costituzione. Un incontro in cui Giovanni ha ricordato la storia di suo fratello maggiore Peppino, giornalista e attivista politico che per le sue denunce contro le attività mafiose a Cinisi, in provincia di Palermo, fu ucciso. Ci ha raccontato della loro infanzia vissuta all’interno di una famiglia mafiosa, dove regole e codice d’onore davano sicurezza e protezione. Ma crescendo Peppino non accettò più queste regole e si ribellò alla famiglia. Nel 1965, giovanissimo, fondò il giornale “L’Idea” e iniziò la sua battaglia per la legalità. Fotografava gli abusi edilizi e ambientali e li portava alla luce del sole, mettendoli in mostra nel paese, dove parlava con la gente, cercando di farla ragionare ed emancipare. Il giornale venne fatto chiudere ma la sua lotta, da militante comunista, continuò con Radio Aut e con il Circolo Museo e Cultura. Soprattutto la radio, ove Peppino era abile nell’usare l’arma dell’ironia, fu un importante strumento di denuncia e di aggregazione. Nel 1978 si candidò con Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Fu ucciso pochi giorni prima. I mafiosi avevano capito che potevano essere sconfitti. Guido Pollice, allora dirigente di Democrazia Proletaria, in quegli anni fu molto vicino a Peppino e poi alla mamma Felicia e a Giovanni. Ricorda i depistaggi e gli insabbiamenti che hanno caratterizzato le indagini, il tentativo di far passare Peppino per terrorista, la sua esperienza nella Commissione Antimafia. E poi il grande lavoro della famiglia e del Centro Impastato che portano alla pubblicazione del libro “La mafia in casa mia” e alla riapertura delle indagini. Claudia Pinelli, figlia di Giuseppe e membro del direttivo della sezione Anpi Martiri Niguardesi, è stata invitata a Cinisi nel dicembre scorso in occasione dell’anniversario della morte di Felicia, mamma di Peppino e Giovanni, donna di grande coraggio, che ha sempre difeso la memoria del figlio. E da Cinisi Claudia Pinelli ha pensato di portare Giovanni a parlare anche nel nostro quartiere. Pinelli e Impastato, due storie diverse ma anche simili. Li si volevano far passare uno per suicida e l’altro per terrorista e chiuderle come due piccole storie. Come sappiamo bene, non è stato così. Anche Licia, la moglie di Pinelli, è stata una donna coraggiosa. Ce lo ha ricordato Piero Scaramucci. Ha lottato, come Felicia, contro l’insabbiamento della verità. Appoggiata dall’opposizione politica e dalla società civile ha fatto tutto quello che poteva nell’ambito della legalità e la verità storica ora è nota, purtroppo non quella giudiziaria. Nel 2018 cadrà il 40° anniversario della morte di Peppino Impastato e la commemorazione, a Cinisi, sarà tutta concentrata sui diritti civili e sui diritti umani. Perché la memoria è importante ma deve essere sempre attualizzata, deve aiutare a tenere sempre alta la guardia nel rispetto delle leggi ma anche della dignità umana. Come fece mamma Felicia che rifiutò la vendetta mafiosa: “Peppino non era uno di voi e io vendette non ne voglio.”