Donne nella Resistenza: Laura Wronowska

Care lettrici, cari lettori, quando si parla di Resistenza entriamo nella pagina triste della guerra. In tutte le guerre ci sono storie a volte invisibili ma vissute in nome della Pace. La Resistenza nell’ultima guerra porta tanti nomi, uomini e donne che hanno dato la vita in nome della Libertà. Non dimenticare la Resistenza è parlare, raccontare, scrivere, ricordare. Zona Franca vi racconta una storia, una pagina della Resistenza. Leggete questa storia e lasciatevi trasportare con la mente con chi l’ha vissuta. Avevo già avuto il piacere di conoscere Laura Wronowska al Centro Culturale della Cooperativa di via Hermada durante un pomeriggio dedicato al docu-film “La memoria che resta” (sulla Resistenza a Milano). Quando vado per l’intervista mi accoglie gentilmente nella sua casa in centro. Una donna delicata con una straordinaria forza che l’accompagna da sempre. È bello parlare con lei, parliamo di figli e della nostra amata città, dei suoi cambiamenti. Come sempre prendo appunti, poche domande e ascolto. Sediamo vicine perché ci vede poco dopo una vita dedicata alla lettura. “Sono nata a Milano, zona Cordusio, il primo gennaio 1924, da mamma Anita e papà Cosimo. La nostra era una bella famiglia. Mo padre era redattore al Corriere della Sera (allora era dei F.lli Crespi) ed aveva tre figli, Natalia, Pier Lorenzo, ultima io. La mamma aveva una sorella, Velia, sposata con Giacomo Matteotti e, con la morte dello zio, cambiò la nostra vita”. Ricordare Matteotti è un onore: deputato socialista, fu assassinato il 10 giugno 1924. Matteotti aveva denunciato in Parlamento il clima di illegalità in cui si erano svolte le elezioni. Venne rapito ed ucciso dagli squadristi, forse su suggerimento dello stesso Mussolini, il quale si assunse in seguito “la responsabilità politica, morale e storica” di quanto era avvenuto. In segno di protesta i gruppi di opposizione abbandonarono il Parlamento dando luogo alla secessione che prese il nome di “Aventino”. Il corpo di Matteotti fu ritrovato, dopo due mesi, nella campagna romana. Prosegue la signora Laura: “Io avevo sei mesi quando Matteotti fu ucciso e papà diede le dimissioni perché il Corriere della Sera dei F.lli Crespi aveva un pensiero opposto (fascista) e quindi non poteva più lavorare. Tutto questo cambiò la nostra vita ma, grazie alla famiglia, c’era la povertà ma tanto amore! Ho sempre avuto grande amore per il mare, trascorrevamo le vacanze a Finale Ligure Marittima, il mare per me era il paradiso in terra, godevo una forte libertà sempre grazie all’amore della famiglia”.
Mi parli della Resistenza, di come è nata e dei i suoi ricordi.
“Da Milano, con la famiglia ci siamo trasferiti a Moconesi Alto, una manciata di misere case. Non c’era niente da mangiare, solo le rape che ci dava l’uomo che affittava la casa. Amavo la bicicletta, ero uno spirito libero che amava il rischio calcolato nel senso di quello che porta a fare cose giuste in ogni azione che si compie. Quando incontrai un clandestino di cui ora mi sfugge il nome, mi diede un incarico di cercare vecchi casoni, quelli dove mettevano il fieno e che servivano per dare alloggio agli uomini della Resistenza. Avevo 19 anni quando, alle 9 del mattino, vado sulle montagne, tutti castagneti che sovrastano Chiavari. All’inizio il nostro gruppo era formato di sole 5 persone ma, alla fine, alla Liberazione, eravamo in 400 e io ero l’unica donna. Nel nostro gruppo c’era anche mio fratello Pier Lorenzo che aveva 25 anni e col quale ho passato 18 mesi da partigiani su ai castagneti. La nostra era la Divisione Giustizia e Libertà, intitolata a Giacomo Matteotti. Comandante della Divisione era Antonio Zolesio (marito di mia sorella Natalia), ufficiale di Marina, unico militare in grado di organizzare e dare ordini. In quel periodo ci accompagnava la fame, il freddo, le difficoltà di vivere alla giornata, la paura, sperando di scamparla. Mi ricordo il giorno della sfilata, a Genova, per la Liberazione: eravamo ancora quei 400 e io sempre l’unica donna”.
C’è un fatto che ricorda in modo particolare?
“Mentre noi eravamo su in montagna, i fascisti andarono a saccheggiare la casa di nostra madre, ma noi eravamo poveri, allora loro si portarono via le coperte e i materassi e la mamma non aveva più un posto per dormire. Le donne di Moconesi Alto volevano bene alla mamma perché lei aveva il dono della simpatia e del sorriso. Allora un gruppo decise di andare al comando tedesco per dire che non era giusto. A loro volta il comando tedesco fu risentito del fatto perché l’ordine non era partito da loro. Richiamarono i fascisti obbligandoli a restituire subito alla donna materassi e coperte. Nel ’46 siamo rientrati a Milano. Trovai lavoro come giornalista professionista al giornale commerciale “Il Sole” della Famiglia Borsellini. All’epoca testata importante sempre elogiata anche in tribunale per la serietà. Oggi è il Sole 24 Ore”. Ai giovani cosa direbbe oggi? “La vita è dura e faticosa ma, qualsiasi cosa sia, bisogna lottare per conquistarla, l’importante è che sia onesta”. Grazie, signora Laura.