Scali ferroviari: discussione aperta sui progetti del Comune

Torniamo a parlare degli scali ferroviari che, come ricorderete, è stato argomento di dibattito nel settembre 2016, dopo che la Commissione Urbanistica consiliare aveva ripreso in mano la questione del piano di riqualificazione di queste aree (dopo la mancata ratifica dell’Accordo di Programma sottoscritto il 18 novembre 2015 dal Comune di Milano, Regione Lombardia e Ferrovie dello Stato Italiane). Già il 14 novembre scorso il Consiglio Comunale aveva approvato le linee di indirizzo per la trasformazione urbanistica delle aree ferroviarie dismesse, ma senza fornire dati quantitativi (quanto potrà costruire FS Sistemi Urbani?), visto che interessano 1,25 milioni di mq e possono valere, secondo una stima prudenziale, sino a 1,3 miliardi di euro. Era poi seguito uno workshop di tre giorni, molto partecipato, intitolato “Dagli scali, la nuova Città”, che aveva avviato un confrontodibattito con la cittadinanza, i Municipi, la Città Metropolitana e i Comuni esterni, con la collaborazione di esperti del Politecnico. Ciò dovrebbe portare, entro maggio prossimo, alla presentazione delle proposte studiate da cinque team di architetti di fama internazionale, a cui è stato affidato il compito, con incarico diretto, di disegnare cinque scenari di sviluppo urbano relativamente alle aree in questione. Parallelamente a questo però, alcune associazioni di cittadini, architetti, urbanisti hanno provato a confrontarsi. Nella serata del 7 marzo 2017, nella Sala Alessi di Palazzo Marino era stato organizzato un seguitissimo convegno da “I 300 ribelli”, coadiuvato dal gruppo Consiliare “Milano in Comune”, nel quale urbanisti, architetti e avvocati avevano rilevato che la proprietà degli scali è pubblica e non può essere svenduta o usata per quotazioni in Borsa di FS Sistemi Urbani. Veniva sottolineato che la trasformazione degli scali non potesse rientrare nell’Accordo di Programma, ma dovesse rientrare nella discussione del Consiglio Comunale, per staccarsi dagli interessi della proprietà che potrebbe cercare valorizzazioni fondiarie. Inoltre è stato contestato il fatto che la progettualità delle aree in oggetto non si configura come dibattito pubblico, bensì come sviluppo di proposte, visioni e strategie relative agli scali mediante incarichi diretti e dunque in contraddizione con quanto deliberato dal Consiglio Comunale in data 14.11.2016 comma k) riguardo alla necessità di ricorrere a concorsi pubblici per la progettazione. Più recentemente, sabato 18 marzo scorso, sempre presso la Sala Alessi di Palazzo Marino, si è tenuto un altro incontro organizzato dal gruppo Consiliare del Movimento 5 Stelle, a cui ha partecipato anche l’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran, che ha rilevato che l’Accordo di Programma non è l’unico strumento per riqualificare queste aree, ma è quello che ha scelto il Comune già nel 2015, e che, a suo parere, permette di correre più veloce. Ma che cos’è l’Accordo di Programma? Istituito dalla legge 142 del 1990, esso è una convenzione fra più enti territoriali per la realizzazione di opere importanti. Viene utilizzato sopratutto in vista di finanziamenti immediati forniti dallo Stato, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, improrogabilità ed urgenza delle opere (che, peraltro, cessa di avere efficacia se le opere non hanno inizio entro tre anni). In data 23 marzo scorso, anche l’Ordine degli Architetti di Milano ha organizzato un incontro sul tema Scali Ferroviari, a cui ha partecipato, ancora una volta, l’Assessore Maran che ha ribadito l’intenzione del Comune a riprendere quanto fatto dalla precedente Giunta, inserendo la trasformazione dei sette Scali cittadini in una visione di trasformazione della città. Carlo De Vito, Amministratore Delegato FS Sistema Urbani, ha sottolineato che recentemente si è investito sulla riqualificazione delle stazioni ferroviarie milanesi e ha precisato che, pur essendo molte le città che stanno valutando come agire con gli Scali, è a Milano che si gioca la carta più importante anche perché qui vi è la maggiore concentrazione di aree ferroviarie dismesse che verranno in parte restituite alla cittadinanza. L’Avvocato Carlo Cerami ha spiegato che nel 1992, su direttiva dell’Europa, il Governo Amato ha trasformato le “Ferrovie dello Stato”, ente nato nel 1905, in “Ferrovie dello Stato S.p.a.”, a partecipazione statale, ma di fatto trasformandola in azienda privata: in questo senso non essendo più azienda pubblica, non ha la necessità di passare da un concorso pubblico per assegnare i lavori, e che spetta dunque all’ente scegliere come attivarsi, valutando l’attesa ad agire come il male peggiore. L’architetto Laura Montedoro ha specificato che, come già fatto per le Caserme, il Politecnico sta coordinandosi con i cittadini per valutare le richieste di riutilizzo degli Scali.