Errare humanum est… Ovvero il carcere spiegato ai ragazzi

“In ventidue anni nel carcere non ho mai incontrato ragazzi cattivi, ma solamente ragazzi che hanno sbagliato”. Così ha incominciato il suo discorso ai ragazzi della scuola media “Cassinis” di Niguarda. Beppe Scutellà che, appena finita l’Accademia, aveva scelto il servizio civile, con il sogno di fare teatro con i ragazzi del carcere minorile Cesare Beccaria. Era il 1995 quando tutto é cominciato e ancora oggi il suo progetto continua. Beppe ha raccontato ai ragazzi la storia di Erika e Omar, due adolescenti responsabili dell’omicidio della mamma e del fratellino di lei: una storia cruda e di una violenza inaudita. Subito dopo, per allentare la tensione, un ragazzo del Beccaria ha cantato un suo brano rap inedito, molto delicato e profondo, che è stato apprezzato dagli studenti. Il percorso è proseguito con la partecipazione diretta di alcuni studenti che hanno improvvisato delle scene con al centro comportamenti a rischio. La rappresentazione si è conclusa con l’interpretazione, a cui hanno preso parte anche i detenuti, di due classici, Shakespeare e Sofocle. Del drammaturgo inglese è stata proposta una scena di “Romeo e Giulietta”, del tragico greco un dialogo dell’ “Antigone”. Errare Humanum Est è ben più di una normale rappresentazione teatrale: è una riflessione, un dialogo sulla giustizia, sul disagio, sulla devianza minorile e sulla possibilità, per chi ha sbagliato, di riprendere la giusta direzione. L’errore è il presupposto fondante del crescere, quindi del vivere perché, come afferma Tiresia nell’Antigone: “Tutti gli uomini possono sbagliare. Ma saggio e fortunato è colui che nell’errore non persevera e cerca di rimediare al male”.

Con il loro lavoro, Beppe Scutellà e l’Associazione Punto-zero si adoperano per attuare un principio importante ribadito nella nostra Costituzione: come afferma l’articolo 27, che Scutellà ha richiamato durante lo spettacolo, “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Il teatro in carcere è una prova che questo è possibile.