Le primarie del Pd, ovvero un evento che interessa la nostra democrazia

Le primarie del Pd per scegliere il proprio segretario non sono un fatto privato, che riguarda solo solo gli iscritti o gli elettori del partito ma, al contrario, un evento che interessa la nostra democrazia. Si può non essere d’accordo o non condividere l’idea di mettere nelle mani degli elettori la scelta dei candidati sindaci o del leader di una forza politica ma è indubbio che questa scelta ha introdotto un tema con cui tutti devono confrontarsi e che, ad oggi, rappresenta la risposta più forte alla crisi della politica e al distacco dei cittadini dai partiti. Sceglie liberamente chi si reca ai seggi, ogni carica è contendibile, così si investe sulla partecipazione e la si promuove. Solo il Pd ha la forza di organizzarle e la volontà di non difendere lo status quo ma anzi di mettersi ogni volta in discussione. E lo fa in modo trasparente, con regole e garanzie chiare, chiedendo a chi partecipa di scegliere, impegnarsi e aiutare a pagarne l’organizzazione. Si sa chi vota, si sa chi vince, si chiede a tutti gli elettori di fare lo sforzo di uscire di casa e scegliere. Una partecipazione autentica dimostrata ancora una volta domenica 30 aprile. Si erano moltiplicati i profeti di sventura che prevedevano un flop gigantesco delle primarie per eleggere il Segretario del PD. Dopo la sconfitta al Referendum sulla Riforma Costituzionale, dopo la mini scissione che ha preceduto il congresso c’erano molte ragioni per essere delusi, per restare a casa e a questo si aggiungeva la scelta di una data che era nel mezzo del ponte del 1° maggio a corroborare le previsioni di una bassa affluenza. I fatti hanno smentito le previsioni e ci hanno regalato una straordinaria giornata di democrazia: Più di un milione e 800mila di italiane ed italiani hanno votato. Domenica 30 abbiamo avuto la conferma che il Pd resta l’unico partito italiano che ha nel proprio Dna la partecipazione reale dei cittadini, uno strumento e una ricchezza per la democrazia italiana. Ha vinto Matteo Renzi e la dimensione della vittoria conferma come lui sia riuscito comunque a rappresentare un cambiamento reale, a tradurre in scelte politiche, riforme concrete, i desiderata della sinistra che per troppo tempo sono rimasti tali. Un ruolo diverso in Europa, leggi importanti per la vita concreta di tante persone come le unioni civili, il dopo di noi, o quelle che garantiscono per la prima volta a tutti coloro che perdono lavoro un reddito e un percorso per rientrare, o la prima nazionale sulla povertà che garantirà a 2 milioni di persone di avere un sostegno; molte di queste leggi, senza la determinazione di Renzi, di fronte alle prime resistenze si sarebbero insabbiate. Il voto delle primarie chiarisce una scelta, quella di proseguire con le riforme ma, allo stesso tempo, chiede di fare tesoro dell’esperienza e degli errori, di guardare al futuro. Esce dalle primarie un partito che di fronte alle insicurezze e alle paure non risponde con muri o chiusure, ma neppure nega la necessità di ricostruire riferimenti anche valoriali per definire, in Italia, Europa e in occidente, un orizzonte condiviso in cui riconoscersi per sentirsi meno soli di fronte alla globalizzazione. Un partito che non cavalca e strumentalizza ma sa affrontare con misure concrete i grandi temi della povertà, del lavoro e delle diseguaglianze. Un partito! Chi in questi giorni insiste sull’uomo solo al comando o sul partito di Renzi fa finta, dopo il successo di partecipazione delle primarie, di non vedere come in realtà siano invece, solo nel Pd, gli elettori a decidere i veri proprietari.