Dopo l’ultima esondazione sì o no alla vasca di laminazione al Parco Nord?

A confronto Arturo Calaminici, presidente dell’Associazione Amici del Parco Nord, e Stefano Indovino, capogruppo Pd al Municipio 9.

Dopo un anno di relativa calma è bastato un temporale molto forte, ma non di quelli da segnare sul calendario e il Seveso la notte fra il 12 e 13 maggio è tornato ad allagare le strade dei nostri quartieri. Fortunatamente tutto è rientrato nella norma abbastanza in fretta e la conta dei danni non è stata lacrime e sangue. Cosa non ha funzionato: il sistema di monitoraggio, l’allerta meteo, l’apertura dello scolmatore oppure semplicemente la quantità d’acqua, caduta in così poco tempo, ha superato la portata del Seveso? La parola ad Arturo Calaminici, presidente dell’Associazione Amici del Parco Nord e a Stefano Indovino, capogruppo Pd al Municipio 9.
• Calaminici: Domenica 14 l’assessore Granelli ha cercato di spiegare l’esondazione: “In caso di temporale improvviso e molto concentrato serve più anticipo e bisogna collegare lo scolmatore anche ai radar e prevedere l’apertura di fronte al rischio di temporali forti. È chiaro: qualcosa non ha funzionato a dovere. Le paratoie del canale scolmatore sono state aperte un po’ in ritardo e il collegamento dello scolmatore coi radar non è avvenuto tempestivamente. Inoltre, le idrovore dei sottopassi sono deboli e “il servizio di fognatura dei comuni a nord di Milano ha raggiunto il troppo pieno e ha scaricato nel Seveso”. Comunque l’assessore conclude dicendo che l’episodio dell’esondazione rende evidente che “la vasca di Milano è assolutamente utile”. Sarà! Ma a me sembra, dalle stesse parole dell’assessore, che quella sera un qualche ruolo lo hanno avuto l’impreparazione e l’insufficienza dei mezzi, a prescindere dalla vasca. Con questo non si vuole dire che l’assessore e il Comune di Milano non abbiano fatto niente o abbiano fatto tutto male. Se per 14 mesi non abbiamo avuto alcun allagamento è perché alcune cose sono state fatte, e noi ne diamo atto volentieri.
• Indovino: Il piano di emergenza ha funzionato bene: Aipo ha gestito l’apertura dello scolmatore; da quando il Comune ha pulito il tratto tombinato è aumentata la capacità di ricezione d’acqua del tratto tombinato; il piano di emergenza che consente l’apertura in anticipo dei tombini è ormai rodato. Il problema è stato la quantità d’acqua caduta a sud di Palazzolo dove si trova l’imbocco del canale scolmatore. Sono caduti circa 56 mm d’acqua in tre ore e, quando le precipitazioni superano i 50 mm, c’è sempre il rischio concreto di una esondazione.
Ma secondo voi la vasca nel Parco Nord avrebbe o no evitato l’esondazione del 12 maggio?
• Calaminici:
Come ha detto anche l’assessore, in questo particolare episodio hanno concorso diverse cause che non c’entrano nulla con la vasca. Se le fogne sono vecchie o hanno un calibro insufficiente, questo difetto resterebbe anche se ci fosse la vasca; se le paratoie vengono azionate in ritardo non è colpa della mancanza della vasca. In ogni caso, il limite della vasca non è il fatto di essere inutile: un contenitore d’acqua, nei momenti di piena del fiume, può servire, chi dice di no? Ma non è questo il punto. La vasca distrugge una porzione rilevante del Parco Nord, accatasta una quantità enorme di acqua sporca a ridosso di un popoloso quartiere di Bresso e ha effetti disastrosi sull’ambiente, il paesaggio e la salute della gente. La vasca sarebbe l’unico rimedio possibile? No. La vasca sarebbe inevitabile? No. Se la vasca fosse l’unica soluzione, obtorto collo, io l’accetterei. Ma non è l’unica, è solo la peggiore. Se la vasca non è indispensabile e quindi inevitabile, se non è neppure la soluzione più giusta e razionale, allora imporla è un sopruso.
• Indovino: L’ultima esondazione dimostra, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il fatto che una vasca che riesca a intercettare le onda di piena che si formano dopo Palazzolo, sia indispensabile. Capisco il disagio dei Comuni che le dovranno ospitare, anche se voglio ricordare che questi problemi sono causati anche dall’urbanizzazione sconsiderata di quei Comuni e dalla loro gestione dei sistemi fognari. In ogni caso che fra una vasca di laminazione formata da 3-4 quartieri del nostro Municipio, da Niguarda all’Isola e una tutto sommato contenuta in un’area definita senza box, negozi, case, auto e persone, sia preferibile la seconda.
I lavori di costruzione dell’enorme invaso di Senago sono già partiti. Tralasciando per un momento quello del Parco Nord a che punto sono gli altri previsti dal progetto Aipo?
• Calaminici:
Il piano Aipo inizialmente prevedeva la costruzione di quattro vasche di laminazione: Senago, Lentate, Paderno e Varedo. Successivamente, il Comune di Milano ha chiesto, per motivi puramente politici, di aggiungere anche una vasca più piccola sul suo territorio: è la vasca nel Parco Nord. Tutti e cinque gli impianti avrebbero dovuto essere ultimati entro il 2018. Sennonché, dopo qualche tempo è stato deciso di unificare le due vasche più grandi, quelle di Varedo e di Paderno; ed è nata così l’idea di una megavasca da due milioni e mezzo di mc sull’area della ex Snia di Varedo. Ma il Piano in tal modo è stato stravolto. Infatti, prima di poter realizzare questa grande vasca, che da sola vale più della metà dell’intero Piano (2,5 milioni di mc a fronte di 4,5 complessivi), occorrerebbe bonificare l’area da tutti i veleni accumulati in decenni di lavorazioni chimiche. Altro che 2018! La bonifica richiede tempi enormi e grandi investimenti, ammesso che davvero la si voglia fare, e per ora non è stato stanziato neppure un euro. Quindi, il Piano di fatto non c’è più. Sono rimasti alcuni progetti di opere (Senago, Lentate, Parco Nord) che, almeno per i casi più gravi, come quello del 2014, non saranno sufficienti. Di Senago sono iniziati i lavori e per Lentate e Milano Parco Nord sono in corso le approvazioni dei progetti definitivi. Questa è la situazione.
• Indovino: Premesso che “l’enorme invaso” è sempre molto più piccolo della moltitudine di vie che si trasformano nel letto di un fiume ogni volta che esonda il Seveso, le vasche di laminazione previste sono quattro e hanno l’obiettivo di azzerare la portata dell’onda di piena prima che il Seveso entri nel tratto tombinato. La vasca di Lentate è in fase di progettazione preliminare, mentre per l’area “ex Snia”, a cavallo fra due Comuni, Paderno e Varedo, siamo in attesa delle caratterizzazioni che forniranno i dati indispensabili per procedere alla bonifica del terreno.
E veniamo alla “buca” del Parco Nord. Sul progetto pendono due ricorsi al tribunale delle acque. La sentenza è prevista per i primi di giugno. Il Comune di Bresso ha ribadito la sua ferma contrarietà all’opera. Secondo voi cosa succederà da qui a prossimi mesi? La vasca si farà?
• Calaminici:
In uno stato di diritto la vasca non si farebbe, le acque del fiume Seveso sarebbero difese e verrebbe impedito di poterle sporcare e avvelenare a man salva. La vasca non sarebbe costruita perché è illogica, oltre che essere incivile. In febbraio, ad un convegno tenutosi a Bresso, il maggior tecnico responsabile della Regione Lombardia, il dottor Fossati, ha affermato pubblicamente che l’Invarianza Idraulica, prevista da una recente legge regionale, è una cosa seria e concreta, capace di evitare lo sversamento nel Seveso di 1.800.000 mc in 10/15 anni, e ciò solo rendendo permeabile il 10% delle aree ora asfaltate e cementificate. Quindi, se noi dividiamo per cinque sia la quantità che il tempo indicati dal tecnico, abbiamo che in 2/3 anni (il tempo che ci vuole per costruire la vasca) possono essere sottratti al fiume 360.000 mc di acqua piovana, centomila più di quanto non ne contenga la vasca. E con la differenza che la vasca agisce solo alla fine, dopo che è stata costruita, mentre l’Invarianza inizia subito e progredisce sempre più. L’Invarianza idraulica, perciò non è solo una soluzione moderna e definitiva, ma è in grado di rispondere all’emergenza meglio della vasca. Allora, perché vogliono la vasca? Perché hanno preso un impegno elettorale e ora, incuranti dei disastri che provocherebbero al Parco e ai cittadini, vogliono andare avanti. Infine, in quanto ai ricorsi, aspettiamo che il 7 il Tribunale si pronunci e speriamo che non si limiti a girare attorno a puri formalismi.
• Indovino: Io auspico che la vasca si faccia il prima possibile, insieme alle altre, perché i cittadini del nostro Municipio non possono più aspettare. Sono 60 anni che le istituzioni assistono inermi all’emergenza Seveso, che si allagano cantine, negozi, caseggiati, scuole, metropolitane. Finalmente siamo di fronte a un piano serio, finanziato da Comune, Regione e Stato, in fase di avanzamento che ci porterà nel giro di qualche anno a risolvere definitivamente il problema. Ho lanciato inoltre una proposta in Municipio, con una mozione che sarà discussa nelle prossime settimane, facendo appello al Comune di Milano di farsi promotore di una iniziativa che consenta di inserire una norma nella prossima legge di stabilità che ponga fuori dal patto di stabilità interno gli interventi sulla rete fognaria nelle zone colpite da episodi di dissesto idrogeologico.
Vasche si o vasche no restano due questioni che molti fanno finta di non vedere: la pulizia delle acque del fiume e l’applicazione, sul lungo periodo, dell’invarianza idraulica.
• Calaminici:
Sulla Invarianza ho detto. Resta da aggiungere che la legge regionale ha previsto che entro 6 mesi la Giunta emanasse il Regolamento applicativo. Passati 14 mesi ancora non vede la luce: un caso, non insolito per la Regione, di auto sabotaggio? Per quanto riguarda la pulizia del fiume, la situazione è disperante. Tutti gli scarichi nel fiume (1.420/1.500) sono abusivi, privi di autorizzazione. Possono scaricare quello e quanto vogliono: nessuna autorità preposta ha mai alzato un dito. Né ora lo fa, nonostante l’inchiesta della magistratura di Milano. È una situazione di permanente illegalità e di collusione delle istituzioni da far rabbrividire.
• Indovino: Penso che siano due aspetti centrali considerando il medio lungo periodo e che non rappresentino, oggi, univocamente la soluzione al problema. Sulla pulizia delle acque sono stati investiti 80 milioni con lavori già partiti e altri che partiranno. C’è evidentemente il grande problema degli scarichi abusivi, su cui è in corso un’indagine della magistratura che speriamo arrivi prima possibile a conclusione, che però non può essere aggiunto al conto delle responsabilità del Comune di Milano, che non ha alcun potere, mentre, forse, i comuni sull’asta del Seveso da questo punto di vista potrebbero fare di più.Per quel che riguarda l’invarianza idraulica, il Comune di Milano, recependo una norma di Regione Lombardia, ha già inserito nel suo regolamento edilizio, approvato nel 2015, per le nuove costruzioni. Mi pare complicato asserire che possa essere una soluzione alternativa alle vasche richiedere che tutte le assemblee condominiali dei caseggiati vicini al fiume votino opere che costano svariate migliaia di euro per dotarsi di vasche che recepiscano le acque sottratte alla terra dall’edificazione delle loro abitazioni. Si può lavorare con incentivi, ed è giusto farlo in un periodo lungo, ma i cittadini di questi quartieri non possono più aspettare. Hanno resistito più del dovuto e hanno il diritto di veder realizzato un piano che consentirebbe di vivere più serenamente, senza la paura di ritrovarsi sott’acqua per l’ennesima volta.