Una targa per i 100 anni della scuola di Niguarda.

In questi nostri anni può apparire straordinario il fatto che nel mezzo di una guerra mondiale sanguinosa, la classe politica tutta del Comune di Niguarda guidato allora da una giunta socialista, si preoccupasse di guardare Impegnandosi economicamente e indebitandosi per costruire una scuola pubblica all’avanguardia, affinché anche ai figli dei niguardesi di allora, per lo più figli di contadini e operai poverissimi, potessero emanciparsi dalla loro condizione al futuro con concretezza e attenzione, specie alla classi più disagiate.. Con l’istruzione.
Vi presentiamo l’ultimo bel lavoro di Bernasconi e facciamo nostra come Associazione Amici di “Zona Nove” che pubblica questo giornale, la sua proposta: una targa per ricordare quei nostri politici di allora. Una targa da mettere nella “loro” scuola per ricordare sempre come diceva Sandro Pertini, partigiano e presidente, che la “libertà non è nulla senza la giustizia sociale”. (Angelo Longhiangelo.longhi@fastwebnet.it)

L’anno scolastico 2017- 2018 è il centesimo della storia dell’edificio scolasticso di via Passerini. Il primo anno iniziò nel mese di ottobre 1917. Dopo anni di aspettative finalmente il Comune di Niguarda poteva offrire per l’istruzione e l’emancipazione ai giovani niguardesi una struttura straordinariamente moderna e funzionale. Costruita con criteri innovativi: il riscaldamento centralizzato ben distribuito in tutto l’edificio, l’acqua potabile corrente disponibile nei rubinetti dei lavabi e negli scarichi dei servizi igienici nei bagni: nessun edificio abitativo nella Niguarda di quel tempo disponeva di tali modernità. Le prime case private (tre palazzi e due ville) costruite con queste innovazioni si vedranno solamente dopo il 1930, quando alla sinistra di via Ornato, verrà aperta la via privata Paolo Rotta che per queste citate “modernità” sarà ribattezzata “via dei nobili”. Ma ormai Niguarda era diventata un quartiere alla periferia di Milano. Il nuovo edificio scolastico niguardese primeggiava anche se confrontato con quelli nuovi della città. Questo stimolava l’orgoglio dei niguardesi riconoscenti verso il loro Consiglio Comunale. I consiglieri erano persone come vedremo che in tempi di grandi sciagure in piena Guerra mondiale, con coraggio e ferrea determinazione realizzarono il loro progetto che approvato all’unanimità durante “l’adunanza straordinaria” della sera del 1 agosto 1914 (leggi “Zona Nove” del settembre 2014). Nonostante l’avvenimento sicuramente lo meritasse, per l’inaugurazione non ci furono trionfali festeggiamenti. Nel 1917 in Italia si era giunti al terzo anno di guerra, molte famiglie niguardesi erano in lutto per i familiari caduti (alla fine se ne conteranno 87). In Italia come in Europa, le popolazioni delle nazioni belligeranti erano in uno stato di profonda demoralizzazione, non solo tra i civili, ma anche negli eserciti. Per i continui “inutili massacri” come li definì papa Benedetto XV°, voluti dai signori della guerra: migliaia di morti per conquistare qualche metro di territorio oggi per perderlo domani. La scarsità di generi alimentari, specialmente la mancanza del pane, portarono le sofferenze a un livello insostenibile che esplose in scioperi e manifestazioni spontanee, fino ad arrivare alla ribellione. Nel mese di marzo si verifca un ammunitamento fra i soldati della brigata Ravenna. Il primo maggio a Niguarda, e nei sobborghi di Milano e in altri centri della Lombardia avvengono gravi tumulti popolari. La protesta all’inizio è contro il carovita e la mancanza di pane, ma rapidamente assume il carattere politico di protesta contro la continuazione della guerra. E se non bastassero le sciagure belliche, il 30 maggio arriva una spaventosa piena del seveso, le cui acque limacciose spinte dalla forte corrente esercitano una enorme forza d’urto contro la ruota a pale quasi completamente sommersa del mulino situato sulla riva destra del Seveso vicino al ponte di via Garibaldi (oggi via Ornato), adiacente alla casa di proprietà del signor Crivelli dove è ubicata la “Trattoria del ponte” gestita dal signor Francesco Santambrogio. Nella casa ci sono anche altri appartamenti, alcuni abitati da insegnanti di scuola elementare, dai quali prende il nome di “cà di maester”. La ruota resiste, non si stacca, però fa crollare il mulino, il quale trascina nel crollo anche la Trattoria del ponte e buona parte della “Cà di maester” Non si registrano vittime perchè previsto il disastro gli abitanti sono evacuati in tempo. Il Consiglio Comunale delibera un sussidio di 100 lire al gestore e di 50 agli inquilini. Di questo fatto il sottoscritto in compagnia di Amleto Farina (esponente del Pci di zona, uno dei primi presidenti dell’allora zona 9, ndr) e del pittore niguardese Pino Pecchi, scoprimmo una straordinaria quanto inaspettata testimonianza. Durante una visita ai lavori della copertura del Seveso dell’attuale via Bauer, dal fondo della parete di destra dello scavo per la deviazione del corso naturale del torrente (proprio in corrispondenza dove oggi sorge il finto mulino realizzato dal signor Turati) alla profondità di circa 10 metri, affiorava dalla terra per circa due terzi un disco di pietra lavorata del diametro stimato a occhio di circa 1 metro e 80 centimetri per uno spessore di 70 centimetri, con un foro centrale quadrato di circa 30 centimetri di lato. Piero Pecchi che da giovane aveva visto il mulino in funzione emozionatissimo riconobbe una delle due macine. Privi di macchina fotografica, disponendo solo di alcuni fogli di carta per eventuali appunti, realizzai un disegno con la scena della scoperta a futura memoria. La macina è ancora lì sotto nel punto dove l’abbiamo scoperta protetta da una colata di cemento. Il 15 giugno un grave episodio di ammunitamento ha come protagonista la brigata Catanzaro alle dipendenze della terza armata comandata da Emanuele Filiberto duca d’Aosta, (la stessa che nel 1898 era comandata dal generale Fiorenzo Bava Beccaris). Episodi di insubordinazione e diserzione saranno frequenti nel corso dell’anno 1917 negli eserciti di entrambi gli schieramenti determinati dalla ribellione spontanea agli orrori della guerra. Il capo di stato maggiore italiano, generale Luigi Cadorna e i gruppi interventisti attribuiranno però la responsabilità alla propaganda socialista definendola “disfattista”, termine con il quale verrà designata ogni espressione di dissenso alla guerra. Disfattisti sono bollati i discorsi di Filippo Turati e Carlo treves, tenuti alla Camera, i quali chiedevano al governo Boselli di avviare trattative di pace. Anche il papa Benedetto XV° ci prova. Il primo agosto con una nota ai capi dei popoli in guerra che sarà resa pubblica il 15, presenta la guerra conme “inutile strage”. Ad annullare l’iniziativa del pontefice ci pensa il ministro degli esteri italiano Sidney Sonnino che con una lettera agli ambasciatori a Parigi e a Londra, consiglia di ignorare la nota del papa. Il 22 agosto la mancanza di pane provoca una sommossa operaia a Torino. La sommossa che coglie di sorpresa i socialisti rimarrà senza guida politica e rapidamente si trasforma in aperta ribellione contro la guerra con barricate e scontri sanguinosi contro la polizia e le truppe chiamate a reprimere quella che ormai è una rivolta. In alcuni casi i soldati solidarizzano con gli insorti. Mentre i popoli di entrambi gli schieramenti invocavano la pace e la fine dell’ “inutile massacro”, nei loro governi appoggiati dalle caste militari, si consolidava invece la decisione di proseguire la guerra fino alla vittoria finale e al totale annientamento del nemico. Ad alimentare l’ottimismo di Germania e Austria fu la disgregazione del fronte russo, dovuto agli eventi rivoluzionari che porteranno al potere il Partito Bolscevico. Mentre sull’atteggiamento dell’Intesa (Italia, Francia e Inghilterra) fu determinante l’entrata in guerra degli Stati Uniti contro la Germania, il cui impegno finanziario industriale bellico e umano risultò vincente. Nelle decisive battaglie, la seconda della Marna e quella di Amiens, l’esercito franco-inglese ebbe il sostegno oltre a una ingente quantità di materiale bellico, anche di 1 milione di soldati americani. Nel mese di settembre la giunta del Comune di Niguarda affronta l’emergenza fame con delibere mirate: diminuisce il canone del dazio sulle carni bovine, riduce il prezzo del burro e calmiera i prezzi dei generi alimentari di prima necessità, aumenta le razioni delle tessere annonarie del pane. Aumenta il canone del dazio sulle materie prime destinate alle fabbriche: Pirelli, Breda, Santagostino e Ganzini. La cerimonia dell’inaugurazione del primo anno scolastico come già accennato non fu animata da particolari festeggiamenti. Radunati nel cortile: le scolaresche con gli insegnanti, i dirigenti e le autorità scolastiche i consiglieri e i dipendenti del Comune schierati in prima fila. Questi nel verbale della cerimonia sono citati con nome e qualifica: Angelo Brasca dottore, Terzo Pallati segretario capo, Dallida Stucchi applicato di 1° classe, Adolfo Basilico applicato di 2° classe, Ernesto Farini scrivano, Ugo Milani aiuto segretario, Gaetano Camilucci messo, Luigi Garanzini guardia, Luigi Oggioni stradino, Adalgisa Ronchi ostretica, Clelia Tagliabue a Mario Ghezzi bidelli, Davide Magni seppellitore, Felice Rovelli spazzino. Si tenne un discorso di circostanza del sindaco Luigi Allievi, seguito da una breve cerimonia religiosa con benedizione. Quindi si liberò l’accesso degli scolari alle rispettive aule. Ma il 1917 non aveva esaurito il suo programma di sciagure. Nemmeno il tempo per un respiro il 24 ottobre in seguito a una massiccia offensiva austro-tedesca, crolla il fronte italiano a Caporetto, le truppe nemiche dilagano nella pianura friulana. I soldati italiani nella confusione, in preda al panico, convinti che la guerra sia finita, abbandonano le armi e si dirigono verso la pianura fino al Tagliamento e poi fino al Piave. La disfatta provoca all’Italia gravissime perdite umane. 11 mila morti, 29 mila feriti, molti dei quali saranno mutilati, 280 mila prigionieri. I soldati in fuga verso la pianura, sono 350 mila e 400 mila i profughi civili: molti di questi saranno accolti nel milanese e nel circondario. Quelli che arrivano a Niguarda si fermano per sempre. Trovano subito lavoro nelle fabbriche del polo industriale tra la Bicocca e Sesto San Giovanni. Pirelli, Breda, Falck, grazie alla guerra lavorano a pieno ritmo, richiedono manodopera e succhiano come carta assorbente ingenti capitali allo stato italiano. Gli imprenditori che con il conflitto accumulano giganteschi profitti guadagnano dal popolo anche il titolo di “pescecane”. In una giusta atmosfera festosa, si sono svolti i recenti festeggiamenti per il centenario. È stata anche posata una targa commemorativa in onore del corpo insegnante e affini. Nessun cenno invece ai membri del Consiglio Comunale di Niguarda cioè ai veri artefici ai quali si deve l’esistenza dell’edificio scolastico. Persone che lo hanno pensato voluto e realizzato con caparbia determinazione in un periodo dell’esistenza drammatico. Perciò il sottoscritto tramite Zona Nove si rivolge ai consiglieri “tutti” del 9 Municipio perchè in occasione del centenario del primo anno scolastico (1917-1918 / 2017-2018) venga posata una targa nell’edificio scolastico di via Passerini, bene in vista e in memoria e onore dei loro valorosi predecessori.

“ALLE PERSONE CHE IN CIRCOSTANZA DRAMMATICHE, IN STATO DI GUERRA MONDIALE, HANNO PENSATO VOLUTO E REALIZZATO QUESTO EDIFICIO SCOLASTICO”

LUIGI ALLIEVI sindaco

I consiglieri in ordine alfabetico come nel verbale: NAPOLEONE BELTRAMINI, NAPOLEONE BIANCHI, ATTILIO CATTANEO, LUIGI COLOMBO, ENRICO FUMAGALLI, ENRICO GALLI, PAOLO GARANZINI, ANGELO GHEZZI, CELESTE MAURI, GEROLAMO MEDA, GIOVANNI MONETA, GIUSEPPE PIZZI, ALESSANDRO RIBOLDI, GIACINTO ROGNA, GUIDO ROSINA, LUIGI SALA, GIUSEPPE TAGLIABUE, ANDREA TERRAGNI, GUERINO VAGNARELLI