Morti per amianto alla Breda/Ansaldo: tutti assolti i dirigenti

Tutti assolti anche al processo contro i dirigenti della Breda Termomeccanica/Ansaldo di Milano, imputati della morte per amianto di 12 lavoratori. Per la morte di questi operai nessuno pagherà. Il giudice Simone Luerti della 9° Sezione Penale del Tribunale di Milano ha assolto tutti gli imputati, con la formula “il fatto non sussiste” e per “non aver commesso il fatto” come chiesto dalle difese degli imputati e dai responsabili civili Breda/Ansaldo/Finmeccanica, nonostante il Pm Nicola Balice avesse chiesto pene dai 2 ai 4 anni e 11 mesi. Ancora una volta concessa l’impunità a chi non ha rispettato le misure di sicurezza in fabbrica. Infatti questa sentenza è solo l’ultima di una serie di assoluzioni: la Franco Tosi, l’Enel di Turbigo, la Pirelli, la Fibronit (in appello), l’Alfa Romeo.
Dopo la lettura del verdetto è esplosa la rabbia dei familiari degli operai morti e dei rappresentanti delle associazioni dei morti di amianto che hanno protestato gridando: “Vergognatevi, ancora un’ingiustizia”. In aula è stato anche esposto uno striscione con scritto: “Per ricordare tutti i lavoratori uccisi in nome del profitto”. Il Presidente del Comitato per la Difesa della salute nei luoghi di lavoro, presente in aula, ha affermato: “Le vittime pagano e gli assassini restano impuniti. Chi muore per l’amianto può continuare a morire, tanto nessuno pagherà mai”.
Il Tribunale di Milano e la Corte d’Appello, facendo propria la “teoria dell’induzione” – cioè che non si può conoscere il momento preciso in cui viene indotta la malattia (il mesotelioma pleurico), e che quindi non si può risalire al responsabile (direttore o consigliere di amministrazione) – sancisce l’impunità: da qui le assoluzioni. In pratica il Tribunale, pur riconoscendo che l’esposizione all’amianto porta al mesotelioma e altre malattie mortali, e che gli operai deceduti erano esposti all’amianto, ritenendo impossibile stabilire con certezza le responsabilità degli imputati, li assolve. Questo è quanto succede al tribunale di Milano. In altri tribunali, invece, i manager che non hanno rispettato le leggi sulla sicurezza dei lavoratori vengono condannati, come a Torino (Pirelli), a Ivrea (Olivetti) e pochi giorni fa a Taranto (Ilva) dove il 26 giugno la Corte d’Appello (sezione distaccata di Lecce) pur riformando la sentenza di primo grado per le morti causate dall’amianto e altri cancerogeni provenienti dallo stabilimento siderurgico, ha condannato 3 ex dirigenti dell’Ilva, salvando per prescrizione per un’altra decina di imputati.
Si legge in un comunicato del Comitato degli operai Breda: “Uccidere i lavoratori per massimizzare i profitti non è più reato. Dopo anni di fabbrica, costretti a lavorare in ambienti con sostanze cancerogene che hanno ucciso prima i lavoratori e poi disperdendosi nell’aria e nell’acqua anche i cittadini, abbiamo imparato sulla nostra pelle che la giustizia non esiste. Oggi abbiamo perso un’altra battaglia, ma non ci arrendiamo. Continueremo a lottare nelle fabbriche, nelle piazze e nei Tribunali contro la giustizia dei padroni che offende e umilia le vittime. Il nostro unico, grande rammarico, è che intanto gli operai continueranno a morire e i responsabili a godere dell’impunità”.
Morti d’amianto al Comune di Milano: fissata l’udienza davanti al Gip. Il 2 gennaio scorso Daniela Cavallotti, ex lavoratrice malata di mesotelioma che aveva lavorato per anni nel palazzo del Comune di via Pirelli 39 ora dismesso e chiuso da anni per amianto e in fase di bonifica, dove era stata esposta dal 1985 al 2010 alle fibre killer, è deceduta dopo mesi di sofferenze.
Precedentemente si era vista respingere il riconoscimento della malattia professionale, prima dall’Ats (ex Asl), poi dall’Inail. A seguito dell’esposto-denuncia che aveva presentato, anche il Pubblico Ministero aveva chiesto al Gip l’archiviazione di tale esposto contro ignoti, condividendo le conclusioni della relazione svolta dall’Ats di Milano Città Metropolitana della Regione Lombardia (ex Asl di Milano), sostenendo in sintesi, che la lavoratrice – durante le ferie (meno di un mese l’anno) – andava in una località in cui c’è una forte presenza di eternit. Per l’Ats e il Pm dr.ssa M. L. Mocciaro, la lavoratrice non si sarebbe quindi ammalata nei 25 anni in cui era stata esposta alla sostanza cancerogena, ma il mese di agosto quando andava in ferie.
Contro la richiesta di archiviazione l’ex lavoratrice (quando era ancora in vita), insieme al Comitato per la Difesa della salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, a Medicina Democratica e al-l’Associazione Italiana Esposti Amianto tramite l’avvocata Laura Mara, si è opposto all’archiviazione. Dopo anni di lotte per la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente la bonifica del palazzo di via Pirelli è partita. Nel frattempo molti altri lavoratori (circa 700), che hanno lavorato a fianco di Daniela Cavallotti, vivono nella paura di ammalarsi e hanno chiesto al Comune di essere sottoposti a sorveglianza sanitaria, come prevede la legge 257/92 per gli ex esposti amianto.
All’udienza del 13 luglio prossimo davanti al Giudice per le Indagini preliminari che dovrà decidere se rinviare a giudizio i responsabili, per ora “ignoti” invece di archiviare il tutto, il Comitato e le associazioni insieme a lavoratori colleghi della sig.ra Cavallotti saranno presenti con un presidio davanti al tribunale per ricordare il sacrificio di Daniela e manifestare il loro desiderio di giustizia.