Il lato comico della pubblicità nei manifesti di Gero Urso

Pittore e autore di murales tra i più interessanti e qualificati del mondo contemporaneo Gero Urso, artista versatile e poliedrico, ha spaziato in vari campi. È infatti anche disegnatore, scultore, vignettista, design, grafico, scenografo, docente di arti visive e direttore artistico, attività svolte tutte con successo. Le sue opere si caratterizzano per la creatività e l’originalità dello stile, l’atmosfera di poesia e di fiaba di cui sono permeate, la fantasmagoria dei colori e un sottile bonario velo di ironia, tratto distintivo della personalità di Gero come uomo e come artista. Era prevedibile che a lui, dotato di un’acuta sensibilità e capacità di osservazione, non dovesse sfuggire il mondo immaginifico e illusorio esaltato dalla pubblicità e a questo mondo infatti negli anni ‘80 dedica una serie di quadri, manifesti pubblicitari decisamente “sui generis” esposti per la prima volta, dal 10 allo scorso 30 giugno, nella galleria Art Action di Bresso, di cui è anche presidente. “Questa brevissima incursione nel mondo della pubblicità è stata solo una parentesi ma ho voluto provarmi anche in questo settore – afferma l’artista – perché sono curioso e mi piace sperimentare ogni forma d’arte”.
Negli anni ‘80 i referenti sociali cui si rivolge la pubblicità è una società di massa già fortemente condizionata e suggestionata dal fenomeno sempre crescente del consumismo. Si pubblicizzano prodotti e situazioni di vita che per molta parte delle persone sembrano difficilmente raggiungibili ma che risvegliano bisogni e desideri, stimolano l’immaginazione e inducono al sogno. In un mondo spinto vertiginosamente verso la ricerca del benessere e del consumismo le immagini pubblicitarie si fanno via via sempre più raffinate ed efficaci, gli slogan sempre più sofisticati. È in questo contesto che nascono i cinque manifesti di Gero Urso che, come suo solito, affronta il tema in modo inconsueto, capovolgendo e ribaltando i canoni che regolano la comunicazione pubblicitaria.
In primo luogo le figure degli influencers o testimonials, persone scelte ad hoc per influire, influenzare le nostre scelte. Quelli di Gero Urso sono decisamente atipici, un cieco, un suonatore di banjo in canottiera, un signore calvo e anziano, un pugile mezzo suonato e un bambino molto triste. Niente a che vedere con i protagonisti “classici” della pubblicità, uomini belli, eleganti, sicuri di sé, donne giovani e seducenti, persone di successo in apparenza tutte molto felici. I prodotti commerciali che i personaggi di Gero pubblicizzano sono oggetti particolarmente semplici, di uso comune e quotidiano, aspirina, scotch, pellicole Kodac, Gillette, Coca Cola, nulla di eclatante. Il compito degli influencers è quello di rassicurare, convincere della bontà di un prodotto per spingerci ad acquistarlo. Ma può essere credibile un cieco che a causa della sua disabilità non ha e forse non ha mai nella vita avuto modo di usare pellicole o scattare fotografie? E può un artista bohemienne persuaderci a usare rasoi, proprio lui che dalla folta e lunga barba sembra aver preso da tempo rilevante distanza dall’oggetto che reclamizza? Sono dei controsensi, veri nonsense che ci fanno sorridere.
La Coca Cola la popolare e mitica bevanda venuta dall’America, la più nota e diffusa nel mondo reclamizzata come “prezioso tonico per il cervello” in genere viene esaltata e pubblicizzata come deliziosamente dissetante, fonte di felicità e di piacere. Nel manifesto che Gero Urso le dedica la preziosa lattina è invece motivo di profondo sconforto e avvilimento per il bimbo che la guarda galleggiare vuota nel mare d’acqua in cui è immerso.
Amara e sferzante la vignetta nella quale il nastro adesivo si vede usato per un fine biasimevole, quello di tappare la bocca quindi privare della libertà di parola l’anziano signore già impossibilitato a reagire a causa delle mani legate dietro la schiena. Pubblicizzare un prodotto inserendolo in un contesto in cui lo stesso prodotto si rivela inutile o addirittura dannoso vuol dire minare le certezze, abbattere le convinzioni, creare disorientamento ed è proprio questo che con le sue vignette mordaci e provocatorie ha fatto Gero Urso. La sua realtà al rovescio è un invito bonario a non lasciarsi facilmente sedurre dalle promesse della “propaganda” ormai ossessiva ma ad approcciarla con capacità critica e… perché no anche con un pizzico di umorismo.