La Camera ha introdotto norme più efficaci per la gestione dei beni confiscati alle mafie

La Camera ha di recente approvato la riforma del codice antimafia che, dopo 35 anni, introduce norme importanti, soprattutto sui beni confiscati e le misure di prevenzione, necessarie per contrastare sempre meglio la criminalità organizzata che in questi anni è cambiata, si vede meno, spara meno ma, soprattutto al nord, si sta insediando inquinando, con i proventi delle attività criminali, l’economia legale. La recente inchiesta che ha portato all’arresto del sindaco di Seregno dimostra come le mafie, la ‘ndrangheta in particolare, riescano a condizionare la politica e l’economia. Il nostro Paese ha in questi anni costruito una legislazione che ci ha consentito di dare alle mafie colpi pesantissimi. Tra le norme antimafia la legge che porta il nome di Pio La Torre è certamente quella che, insieme al reato di associazione mafiosa e alle leggi che favoriscono i pentiti e i testimoni di giustizia, ha contribuito di più ad indebolire le mafie. È la legge che consente la confisca preventiva dei patrimoni dei mafiosi e che restituisce quei beni allo Stato e alla società consentendo di riutilizzarli per l’interesse pubblico. In questi anni, dal 1980 a oggi, sono stati confiscati alle mafie e restituiti alla società 12500 beni di cui 11600 immobili e 876 aziende, a cui vanno aggiunti 23.692 beni confiscati ma non ancora assegnati. Un patrimonio enorme tolto ai criminali, grazie al lavoro della Magistratura e delle forze dell’ordine, ma che deve essere gestito meglio. Sono troppi i beni che, inutilizzati per molto tempo prima di essere assegnati, spesso degradano o vengono danneggiati dalla stessa criminalità per impedirne l’uso; sono troppe le aziende che una volta confiscate falliscono, con la conseguente perdita di posti di lavoro e il rischio che passi un messaggio per cui lo Stato non riesce a garantire ciò che garantiscono le mafie. Di fronte a questi problemi serviva riformare il ruolo dell’Agenzia per i beni confiscati, creando procedure trasparenti per utilizzare immediatamente i beni e far ripartire le aziende, salvaguardando l’occupazione di quelle che sono fuori mercato e aumentando i controlli. Dopo un lungo lavoro, che ha coinvolto le associazioni interessate e i magistrati che si sono occupati in questi anni delle misure di prevenzione e che ha visto nella commissione antimafia il motore, il Parlamento ha approvato una legge che, tutti riconoscono, è in grado di fornire risposte importanti a quei problemi. I magistrati si occuperanno di garantire che le aziende non chiudano e, fino alla confisca definitiva, avranno la responsabilità di verificare il lavoro degli amministratori giudiziari; di destinare subito dopo il sequestro i beni perché siano utilizzati immediatamente; d’incentivare l’assunzione dei lavoratori delle aziende che si decide di liquidare perché non hanno mercato; di garantire la prosecuzione dell’attività delle aziende che hanno appalti a condizione che cambino il management. Sono solo alcune delle riforme introdotte con questa legge che renderà più semplice il riutilizzo di un patrimonio enorme, quello dei beni confiscati, che, se utilizzato al meglio, come dimostrano tante esperienze di tanti Comuni, può contribuire a creare opportunità abitative, per i servizi e la sicurezza.