Dopo gli atti vandalici al Monumento al Deportato del Parco Nord la cittadinanza unita contro la violenza teppistica

Nella notte tra il 24 e il 25 settembre, per la terza volta, individui inqualificabili, approfittando vigliaccamente del buio, hanno profanato il monumento al Deportato sulla collinetta del Parco Nord. Progettato dall’architetto milanese Ludovico Barbiano di Belgioioso, lui stesso rinchiuso a Mauthausen, e inaugurato nel 1998, il monumento è costituito dalla figura stilizzata del deportato che al posto della testa ha sassi e affonda i piedi in altri sassi, simboli dell’annientamento dell’essere umano voluto dalla violenza nazista.. Intorno alla base sono depositate anche delle teche che, protette da spessi vetri, conservano le ceneri e le terre provenienti dai lager nazisti di Mauthausen, Auschwitz, Ravensbrück, Ebensee, campi in cui tanti lavoratori delle nostre fabbriche hanno perso la vita. E proprio sulle teche e sui sassi si è scatenata la stupidità e l’ignoranza di alcuni individui che hanno spaccato i vetri a protezione delle ceneri e staccato con forza dalla base i sassi scagliandoli nel bosco sottostante. Un gesto che non è solo un atto vandalico, ma una grave offesa alla memoria, un consapevole spregio verso chi ha dato la vita per la libertà di tutti noi, anche per la loro. Ma forse non sono in grado di capirlo. Immediata e civile è stata la risposta di Istituzioni, cittadini e varie associazioni, che domenica 8 ottobre si sono stretti intorno al monumento e ai masselli che portano incisi i nomi dei 233 lavoratori dell’area di Sesto deportati nei campi e non più tornati a casa. È stata un’adesione massiccia. C’erano tante persone, anche giovani, e tutti A25 anni dal varo della legge 257 del 1992, con la quale in Italia è stata messa al bando la lavorazione e l’utilizzo dell’amianto, ancora troppo poco è stato fatto sul versante del censimento e del risanamento: le aree bonificate nel nostro Paese sono poco più di 2 mila, quelle parzialmente bonificate sono tra le 4 mila e le 4.500, su un totale di 35- 40 mila siti in cui non è stato realizzato alcun intervento. La messa in sicurezza del territorio a causa del ritardo del Piano nazionale dei ministeri della Salute, del Lavoro e dell’Ambiente, tarda a essere pienamente operativo. E intanto 4 mila persone all’anno muoiono per malattie correlate all’esposizione della fibra killer. L’amianto ha un periodo d’incubazione, tra l’esposizione e la patologia conclamata, che può arrivare a 30-40 anni. Senza interventi radicali di bonifica delle aree ex industriali e del territorio, a causa dell’asbesto continueranno a morire nel nostro Paese nei prossimi decenni ancora migliaia di persone. I dati Inail ci dicono che in tutte le città industriali del nostro Paese sono presenti livelli molto elevati di mortalità a causa di patologie asbesto-correlate. Se non s’interviene con le bonifiche questa mattanza è destinata a continuare mettendo a rischio le future generazioni. Bisogna soprattutto bonificare i luoghi dove la presenza del minerale è particolarmente forte, dalle scuole agli asili, agli ospedali, alle piscine, alle sedi istituzionali. Questi saranno i temi che associazioni, comitati e sindacati porteranno in discussione alla prossima Conferenza Governativa Amianto il 24 e 25 novembre, a Casale Monferrato. • Morti da amianto? Per il tribunale la causa potrebbe essere il fumo di sigaretta. Andando contro ogni evidenza scientifica il tribunale di Milano ha motivato l’assoluzione di 8 manager della Breda/Ansaldo sostenendo che potrebbero essere state le sigarette a causare la morte per mesotelioma pleurico di una decina di operai dell’ex Breda di Viale Sarca tra gli anni ‘70 e il 1985, che per decenni hanno respirato fibre di amianto, anche se molti di loro non hanno mai fumato. Sembra paradossale, ma è scritto nelle motivazioni della sentenza per i quali il tribunale lo scorso giugno ha assolto otto ex manager della Breda: “Non è possibile accertare… se l’insorgenza di un carcinoma polmonare sia stata condizionata dall’esposizione all’asbesto ovvero se l’insorgenza di un mesotelioma pleurico sia stata condizionata dal fumo di sigaretta”. Il giudice si spinge addirittura oltre, affermando che non esiste una “legge scientifica” che possa descrivere l’ipotesi, formulata dall’accusa, di un “nesso di causalità tra una determinata condotta ascrivibile a un imputato e la malattia insorta in un preciso lavoratore, poi deceduto”. La sentenza è in linea con tutti i recenti verdetti di assoluzione del tribunale milanese nei processi, che vedono imputati manager di aziende per le morti di operai causate dall’amianto respirato sui luoghi di lavoro. A differenza di altri tribunali, che condannano i responsabili che non hanno rispettato le leggi sulla sicurezza sui posti di lavoro, la magistratura milanese assolve gli imputati sostenendo che è solo il momento in cui insorge la malattia – che ha periodi di latenza anche di 30 anni – a contare in termini di eventuali responsabilità per chi all’epoca dirigeva una fabbrica. Siccome per il tribunale di Milano stabilire quel momento è difficile, nel dubbio si assolve. Questa tesi contrasta con quella di eminenti scienziati per i quali il protrarsi dell’esposizione all’amianto aggrava comunque la malattia che porta alla morte: dunque le responsabilità andrebbero estese. Se vuoi aiutare il tuo giornale per i tuoi acquisti preferisci i nostri inserzionisti con il loro silenzio, più forte di tante parole, hanno espresso la ferma condanna e lo sconcerto per quanto avvenuto. Brevi e significativi gli interventi di Giorgio Oldrini, ex sindaco di Sesto, Roberto Cornelli, presidente del Parco Nord, Roberto Cenati, presidente dell’Anpi, Giuseppe Valota, presidente dell’Aned di Sesto S. Giovanni, Emanuele Fiano della Comunità Ebraica di Milano. Non è passata inosservata l’assenza del gonfalone e dei rappresentanti del comune di Sesto, “città delle fabbriche medaglia d’oro della Resistenza” (vedi anche zonanove.com). Si potrebbe pensare che dopo più di 70 anni dalla fine della 2° guerra mondiale parlare ancora di fascismo e nazismo sia anacronistico, invece purtroppo ogni giorno cogliamo segnali preoccupanti di rigurgiti fascisti serpeggianti in tutta Europa e anche a casa nostra. A dimostrarlo la pretesa inaccettabile della “marcetta su Roma” avanzata recentemente dalla formazione neofascista Forza Nuova e negata dopo le proteste del presidente nazionale dell’Anpi, Smuraglia, e del sindaco di Roma Virginia Raggi. Non si poteva non reagire a tale provocazione e anche la nostra zona si è mobilitata per richiamare l’attenzione sui valori di democrazia e libertà sanciti dalla nostra Costituzione e negati dalla dittatura fascista a cui la marcia su Roma del 28 ottobre 1922 diede l’avvio. Presso la Casa della Memoria di via Confalonieri, infatti, proprio il 28 ottobre scorso si è tenuto un incontro al quale sono intervenuti Roberto Cenati (Anpi), Leonardo Visco Girardi (Aned), Mario Artali (Fiap) e Luigi Ganapini, docente dell’Università di Bologna che ha ampiamente illustrato il momento storico che con la marcia su Roma ha aperto le porte al regime. All’ignoranza e alle provocazioni ecco una risposta forte data dalla cultura!