2017, un anno di processi per le morti d’amianto. In Lombardia i manager sempre assolti
Per i giudici del tribunale di Milano, anche se è ormai accertato che gli operai e i lavoratori sono morti per amianto perché i manager di allora li costringevano a usarlo senza sicurezza e senza adeguati dispositivi di protezione individuali come maschere e filtri, i dirigenti non si possono condannare perché non è possibile stabilire un nesso causale, come scrive il giudice Luerti nell’ultima sentenza Breda “tra una determinata condotta ascrivibile a un imputato e la malattia insorta in un preciso lavoratore successivamente deceduto”. Con motivazioni simili il 10 novembre la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente i manager della Franco Tosi di Legnano accusati della morte di 34 operai per amianto. Stessa sorte è toccata in primo grado e in appello (alla V sezione del tribunale) per i decessi d’amianto alla Fibronit di Broni (Pv), all’Enel di Turbigo, alla Pirelli e alla Breda/Termomeccanica/ Ansaldo di Viale Sarca 336 a Milano davanti alla IX sezione. In Italia, evidentemente, c’è una giustizia a macchia di leopardo. Mentre a Milano il Tribunale assolve i dirigenti e le morti in fabbrica rimangono senza colpevoli, altri Tribunali della Repubblica – per gli stessi reati – condannano i manager come è accaduto in Piemonte (Olivetti e Pirelli), in Friuli Venezia Giulia (cantieri navali di Monfalcone) o in Puglia (Ilva Taranto). Che l’amianto sia un pericolo per la salute pubblica e non solo degli ex operai e familiari, ma di tutti i cittadini, è ormai assodato. In Lombardia si stima che ci sia circa il 35% degli oltre 32 milioni di tonnellate di amianto censito, con siti come Broni (provincia di Pavia) con una delle più alti percentuali di morti e malati d’amianto. Secondo gli ultimi dati rilevati dal Piano regionale amianto Lombardia il minerale killer si trova ancora in 204.988 luoghi, di cui il 12% pubblici e l’88% privati. Cioè oltre 4,9 milioni di metri cubi ancora da bonificare. Inoltre dagli ultimi dati risulta che la Lombardia ha raggiunto il record dei morti d’amianto, superando addirittura il Piemonte dove si trova il tristemente noto sito di Casale Monferrato. Per questo il Coordinamento Nazionale Amianto ha organizzato un Convegno Nazionale a Roma per il 13 dicembre presso il Senato in collaborazione con il senatore Felice Casson, con avvocati, giudici, medici, associazioni e a cui ha partecipato anche chi scrive. Un incontro di riflessione sugli esiti dei processi in tema di amianto a cui molte delle associazioni facenti parte del Cna (tra cui il “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio” di Sesto San Giovanni, che conta molti Niguardesi ex operai Pirelli e Breda) hanno partecipato come parti civili. Processi che vengono fatti per chiedere giustizia per le vittime che sono state esposte all’amianto. Le leggi in vigore, anche quelle di diversi decenni fa, intimano ai datori di lavoro di informare i lavoratori dei rischi cui erano sottoposti e l’obbligo di adottare misure di protezione per evitare la contaminazione da agenti nocivi con i quali erano a contatto (cfr.: DPR 303/1956). Come scrive il Cna, “L’amianto era uno di questi agenti tossici e cancerogeni che ha colpito diverse migliaia di lavoratori e successivamente anche centinaia di cittadini per esposizione ambientale. La richiesta di giustizia nei confronti dei responsabili è stata ed è inevitabile.Ma in molti territori dove peraltro erano presenti industrie o altre fonti da cui l’amianto proveniva, nessun processo è iniziato. In altre situazioni i processi si sono svolti, alcune volte si sono conclusi, altri sono ancora in corso. In diversi processi, causa l’attuale legislazione, ma anche – a detta di diversi giuristi – per la sua non corretta interpretazione, i reati sono stati prescritti; altri processi ancora, negli anni più recenti, si sono conclusi con nette assoluzioni degli imputati e ciò sostanzialmente perché non è stato ritenuto dimostrato il rapporto causa effetto, in altri termini perché non è stato identificato il momento in cui la contaminazione è avvenuta”.