Gli alunni della Gandhi parlano di Dodò, vittima innocente della mafia a 11 anni

Domenico Gabriele, per tutti Dodò, aveva solo 11 anni quando è morto! Il destino crudele, che più crudele è difficile immaginare, ha voluto che la sua brevissima vita terminasse proprio su un campo di calcio, ucciso mentre stava giocando. Era la sera del 25 giugno del 2009 quando due sicari irruppero proprio sul campetto di calcio dove stava giocando a pallone anche Dodò, nella contrada Margherita, alla periferia nord di Crotone. Obiettivo dell’azione era Gabriele Marrazzo, un emergente della mala locale, che fu ucciso sul colpo. I killer, però, incuranti dei possibili bersagli di quell’agire scellerato, spararono all’impazzata, ferendo anche altre nove persone, tra le quali il bambino. Mentre lui lottava tra la vita e la morte in un letto d’ospedale, Giovanni e Francesca, i suoi genitori, sono stati sempre lì e, dal giorno in cui Dodò se ne è andato per sempre, hanno dedicato la loro esistenza alla memoria, alla testimonianza e all’impegno sociale. In diverse occasioni hanno spiegato che ricordare il loro bambino e combattere la brutalità della violenza e delle azioni mafiose resta la loro unica ragion d’essere: vivono solo per questo, ormai. La loro forza sono soprattutto i ragazzi che incontrano nelle scuole, le loro facce pulite, la loro incredulità rispetto alla sorte assurda di un proprio coetaneo e, quindi, la loro voglia di un futuro migliore. Di seguito riportiamo alcune considerazioni dei ragazzi di I A della Scuola Secondaria di primo grado “Mahatma Gandhi”, dopo aver incontrato Giovanni Gabriele.
“Il 7 novembre abbiamo avuto la fortuna di incontrare Giovanni Gabriele, il papà di Domenico, detto Dodò morto poco prima di compiere 11 anni, colpito da un proiettile tra i tanti che erano stati sparati per un regolamento di conti tra ‘ndranghetisti. Durante questo incontro abbiamo provato tante emozioni: ci siamo commossi, arrabbiati, abbiamo gioito e infine provato un senso di pace. Commossi molto quando Giovanni ci ha mostrato il video di Dodò a pochi mesi, al mare con il papà, mentre festeggiava i compleanni o nelle ultime recite scolastiche. Abbiamo imparato a conoscerlo anche dalle parole dei suoi compagni di scuola, dei suoi insegnanti e del preside: tutti lo descrivevano come un bambino molto intelligente, studioso, buono, leale e simpatico. Più il papà andava avanti con il racconto e più i nostri sentimenti si trasformavano in rabbia nei confronti di quei criminali e di chi li appoggiache preferiscono guadagnare facilmente, senza fare fatica, ma anche verso chi li appoggia. Prima di quest’incontro non sapevamo che la mafia è dappertutto e che ha agganci con alcune persone cattive dello Stato che, invece di proteggere i cittadini, li consegna a questi malavitosi. Però Giovanni ci ha anche raccontato che affianco a questa minoranza di gente crudele, c’è stato un grande lavoro di tanti poliziotti e commissari che hanno portato alla scoperta della verità sulla morte di Dodò e di magistrati competenti che hanno formulato una giusta sentenza nei confronti dei colpevoli di questo grave reato. A quel punto la nostra gioia è stata immensa perché Dodò e la sua famiglia hanno ricevuto giustizia. Un altro momento di grande gioia è stato quello in cui Giovanni ci ha comunicato la nascita, proprio nel campo di calcio in cui il 25 giugno del 2009 Dodò è stato colpito, del torneo “Liberi di giocare”. Questo ci ha fatto capire che deve essere sempre più tutelato il diritto, di noi bambini, al gioco. Infatti, come ci ha spiegato Giovanni, sono i criminali a trovarsi sempre nel posto sbagliato, mentre il gioco dei bambini è sempre al posto giusto perché non causa alcun danno a nessuno, anzi ci trasmette quei valori di rispetto, condivisione e libertà che faranno di noi degli adulti onesti. Da quest’incontro abbiamo anche capito che è molto importante avere dei genitori attenti e premurosi che si prendono cura dei propri bambini e che ciò è mancato a quei giovani ragazzi che hanno sparato Dodò. Di loro nessuno si era occupato, non erano stati mandati neppure a scuola; abbiamo immaginato che sicuramente i loro genitori non avevano mai giocato con loro e non avevano insegnato loro la differenza tra il bene e il male e questo ci ha resi un po’ tristi. Alla fine dell’incontro abbiamo salutato Giovanni e ripensando alle sue parole siamo tornati in classe sereni, perché abbiamo capito che con il nostro piccolo contributo e facendo semplicemente il nostro dovere possiamo costruire un mondo più giusto. Alla fine dell’incontro riusciamo a capire il senso delle parole di Giovanni quando dice che la mafia ha paura di noi. E difficile far commettere cose cattive a chi non sa. Noi ora sappiamo, grazie all’opportunità che ci ha dato la scuola e le associazioni che con essa collaborano, di partecipare al Progetto Legalità. Questo progetto ci interessa molto e aspettiamo con ansia di partecipare alle prossime iniziative ad esso relative”.