Adriana Albini, oncologa e scrittrice dall’Università Bicocca a Chicago

Settemilatrecento. Sono i chilometri che separano, più o meno, piazza dell’Ateneo Nuovo da Chicago. La zona 9 e gli Stati Uniti, in apparenza due mondi lontanissimi. Ma solo in apparenza, perché questi due mondi hanno qualcosa in comune: Adriana Albini, 62 anni, docente di Patologia generale all’Università Bicocca e direttore del laboratorio di biologia vascolare all’Ircss Multimedica, primo membro italiano a entrare nel board della prestigiosa associazione oncologica americana Aacr (American association for cancer research), che ha sede appunto a Chicago e vanta tra le proprie fila studiosi provenienti da 120 paesi del mondo. La dottoressa Albini si occupa di studiare le cellule tumorali nei laboratori dell’università del nostro quartiere. “Voglio stanarle, scoprirne i segreti, risalire al loro movente. Come nei libri gialli che sono la mia mania”, ha dichiarato al Corriere della Sera il 3 aprile. Non a caso, tra una ricerca e una stoccata (la ricercatrice è campionessa di scherma della nazionale italiana, categoria Master), ha trovato anche il tempo di scrivere un romanzo che parla di controspionaggio. Una vita dedicata al lavoro e alle passioni, senza spazio per altro? Nemmeno per sogno: Adriana Albini è felicemente sposata (con il suo vicino di banco conosciuto in un laboratorio di Washington), ha due figli ed è particolarmente orgogliosa della sua famiglia. Un po’ come l’intero mondo della ricerca italiana, oggi, che è orgoglioso di lei.