In aprile al Teatro della Cooperativa grandi appuntamenti presentati da Renato Sarti

Alla mezza età ci si arriva improvvisamente, quasi senza accorgersene, neanche il tempo di dire “Xanax” ed eccoci catapultati nel punto “di non ritorno”, una tappa fondamentale della nostra esistenza, un passaggio radicale, sconvolgente soprattutto per noi donne. Gli uomini infatti – afferma Debora Villa che insieme a Giovanna Donini e Gianmarco Pozzoli è anche autrice del testo – sono più fortunati perché per loro le fasi della vita sono solo due, l’infanzia e la vecchiaia, in mezzo è il nulla. Gli sconcertanti cambiamenti che si verificano nel fisico, nell’umore, nella psicologia, nel comportamento di noi donne al raggiungimento di questa fatidica tappa ce li racconta a modo suo Debora Villa nel “Sogno di una notte di mezza età” lo spettacolo in scena fino al 15 aprile al Teatro della Cooperativa.“Un lavoro molto divertente – ci dice Renato Sarti – già presentato nella scorsa stagione ma che a grande richiesta abbiamo accolto anche quest’anno perché era piaciuto molto. Debora è un’artista molto amata dal nostro pubblico per la sua simpatia, la sua verve e l’intelligente ironia”. Di diverso genere “Un alt(r)o Everest”, una produzione Atir Teatro Ringhiera che il nostro palcoscenico ospiterà dal 17 al 22 aprile. Autori e interpreti Mattia Fabris e Jacopo Maria Bicocchi, giovani e talentuosi artisti. I loro spettacoli, che spesso vedono come protagonista la montagna di cui entrambi sono appassionati, riscuotono sempre grande successo. Questa è la storia di due amici, Jim e Mike, ache nel 1992 decidono di scalare il Monte Rainier, un’impresa difficile e pericolosa. Ma l’alta vetta dello stato di Washington è una meta obbligata per chi, nato in America, vuole definirsi Alpinista e quindi è necessario affrontare e tentare di superare questa prova. Una storia vera, ben interpretata, che simbolicamente racconta l’avventura esistenziale di tutti noi che ogni giorno ci troviamo a dover affrontare difficoltà e passaggi obbligati che la vita ci mette davanti.
In occasione dell’anniversario della Liberazione (il 24 e il 25 aprile) il Teatro della Cooperativa rappresenterà un classico della sua produzione, “Nome di battaglia Lia”, una delle opere più note di Renato Sarti come autore e come regista. Il lavoro ha meritato la Medaglia Commemorativa della Presidenza della Repubblica ed è dedicato alla partigiana Gina Galeotti Bianchi, Lia, una delle figure più significative del Gruppo di Difesa della Donna durante la guerra. Incinta di otto mesi, Lia perdeva la vita proprio a Niguarda il 24 aprile ’45 colpita al ventre da una raffica di mitra dei nazisti in fuga. Un testo di grande impegno civile che vuol essere un omaggio alla partigiana Lia e a tutte le donne che combatterono eroicamente, spesso fino al sacrificio della vita, per consegnare ai propri figli un mondo libero e in pace senza fascismo. Magistralmente interpretato da Marta Marangoni, Rossana Mola e dallo stesso Sarti è uno spettacolo da non perdere.
Di “Filax Anghelos”, una produzione del Teatro della Cooperativa, testo e regia di Renato Sarti, dal 10 al 15 aprile in prima nazionale al Teatro Filodrammatici, ci parla lo stesso autore. “ “Filax Anghelos” è stato scritto nel lontano 1991. Fu segnalato nello stesso anno al Premio Riccione per il Teatro ed ebbe delle ottime critiche tra cuii quella di Vittorio Gassman che mi gratificò con queste parole:‘Un dramma stimolante, di notevole dinamica teatrale e con un preciso linguaggio. Insomma l’ho molto apprezzato’. Anche Strehler diede un giudizio positivo ed Ettore Gaipa, prezioso collaboratore di Strelher e del Piccolo di Milano, lo ritenne ‘di grandissimo interesse, uno dei pochi testi della nostra costellazione drammaturgica attuale da non lasciarsi assolutamente sfuggire!’ Paola Ornati di TeatriOnline lo definì ‘Un testo raro, composto come una partitura musicale’. Avrebbe dovuto essere messo in scena da Marisa Fabbri, poi per vari motivi non se ne fece nulla. Dopo tanti anni ho pensato di rispolverarlo. È un testo che mi piace molto ed è stato interessante lavorare con Carlo Sala per le scene e con Massimiliano Loizzi, un artista comico, provocatorio e grottesco che per la prima volta con questo lavoro si cimenta in un ruolo tragico. È un mio progetto quello di dare ad attori comici l’occasione di affrontare spettacoli seri. Lo hanno fatto molto bene Bebo Storti e Debora Villa, noti attori brillanti, ed è bravissimo anche Loizzi, impegnato in un lungo e sconvolgente monologo. Nel primo atto lui è una donna, Angela, nel secondo, in uno sdoppiamento schizofrenico della personalità, è Filax, il Custode. Angela racconta la sua vita. Sua madre – dice – era morta nella seconda guerra mondiale schiacciata da una trave pesante più di due quintali crollata nell’atrio di un rifugio antiaereo dove si era riparata per sfuggire a un bombardamento, suo padre aveva fatto parte delle Brigate polacche a cavallo famose per essersi buttate contro i panzer tedeschi scricchiolandosi i garretti, e lei, Angela, donna di pulizie di una grande cattedrale dove si sarebbe celebrato un funerale al quale sarebbero intervenute le personalità più potenti del mondo, compreso il papa, annuncia che si sarebbe fatta esplodere con il ventre pieno di pirite su una trave portante della cattedrale uccidendo tutti. Nel secondo atto Filax svelerà che quella non è una cattedrale ma una ex chiesa sconsacrata adibita a magazzino alimentare di un manicomio e che il racconto di Angela, in realtà una delle tante detenute pazze, è solo ‘fantasia’. Unica cosa vera è che Angela ha ucciso un bimbo, non suo figlio però come aveva affermato. Per l’epilogo che non riveliamo entra in scena un personaggio, un essere ambiguo a metà tra donna e uomo. La storia è una sorta di riassunto delle vicende iItaliane dalla fine della guerra fino agli anni ‘90, una storia che, tratteggiando nei due personaggi le tragedie e le sofferenze patite, riassume i passaggi dal sacro al sacro consumismo e le terribili conseguenze che la guerra ha avuto sulla generazione che l’ha vissuta. Nonostante sia stato scritto nel 1991 il testo ritengo sia ancora di grande attualità. In entrambi i personaggi, infatti, tutti e due folli, si riscontra un’esaltazione religiosa che porta alla violenza, a un’ecatombe e al sangue. E il richiamo alle stragi dell’Isis è estremamente facile”