Quest’anno, tutti gli appassionati di calcio (tranne gli juventini) sperano che lo sprint tra i bianconeri e il Napoli arrivi fino all’ultima giornata, e magari anche oltre… Può sembrare strano, ma nella lunga storia del campionato italiano questa sfida-scudetto ha due soli precedenti. Il secondo nel 1986-87, quando il Napoli di Maradona vinse il titolo con tre punti di distacco sui bianconeri. Ma in quel caso non si trattò di un vero testa a testa, bensì di uno scudetto annunciato. Al contrario del primo precedente, il torneo 1974-75, che al termine del girone d’andata vedeva i bianconeri allenati da Parola in testa con 23 punti, tre in più della Lazio di Chinaglia, campione in carica, che pure li aveva battuti all’Olimpico per 1-0 (autogol di Scirea). Al terzo posto si trovava invece la Roma, con 19 punti, e al quarto, con 18 e a pari merito, il Milan di Rivera (guidato da Gustavo Giagnoni), il Torino e, appunto, il Napoli. Che, una volta iniziato il ritorno, si rese protagonista di una rimonta che al 22° turno lo portò al secondo posto solitario a soli tre punti dalla Juve. Una volta assimilati gli schemi di Luis Vinicio, infatti, i partenopei erano diventati una bella macchina di calcio offensiva e spettacolare e, pure per questo, esattamente come adesso, mezza Italia tifava per ‘O Ciuccio. Il duello era iniziato. Alla 23°, la Juventus ritornava a +4 battendo 1-0 l’Inter allenata da Suarez con una rete di Cuccureddu, mentre gli azzurri erano costretti all’1-1 dal Cagliari. Ma la settimana dopo i bianconeri perdevano con la Roma, e il Napoli, superato il Cesena con una doppietta di Clerici e i gol del terzino Bruscolotti e di Orlandini, si issava a due sole lunghezze prima dello scontro diretto della 25° giornata. Era il 6 aprile 1975, e al Comunale di Torino per la Juventus scendevano in campo: Zoff, Gentile, Cuccureddu, Furino, Morini, Scirea, Damiani, Causio, Anastasi, Capello, Bettega. Il Napoli, invece, si schierò con: Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, Burgnich, La Palma, Orlandini, Massa, Juliano, Clerici, Esposito, Braglia. A metà pomeriggio, l’Italia del football si sintonizzò su “Tutto il calcio minuto per minuto”, l’unica trasmissione che a quei tempi offriva la cronaca diretta del secondo tempo. E quando Enrico Ameri annunciò: “A Torino: Juventus 1 Napoli 0”, come sempre ci fu chi, dopo aver trattenuto il fiato, esultò o si disperò. Era stato Franco Causio, al 19’, con un tiro nel sette scoccato appena dentro l’area di rigore, a portare in vantaggio i bianconeri. Ma il Napoli aveva una città intera alle spalle e la voglia di dimostrare quanto fosse stato falso il clamoroso 2-6 con cui la Juve lo aveva umiliato all’andata. Così, dopo un primo tempo sottotono, nella ripresa cominciò a giocare come sapeva creando subito due nitide palle gol svanite per un soffio. La partita, a quel punto, diventò bella e apertissima, e la Juve rischiò di chiuderla con una traversa su punizione dal limite di Fabio Capello. Invece, al 59’, fu Totonno Juliano, servito da un Peppiniello Massa quel giorno davvero imprendibile, a pareggiare le sorti dell’incontro con uno splendido tiro d’esterno destro che superò imparabilmente Dino Zoff. Dopo un’ora di gioco, le due squadre erano in parità, sempre a due soli punti di distanza. Tutto da rifare. L’equilibrio tra le due regine del campionato poteva essere rotto solo da qualche episodio che, quando arrivò, arrise – come spesso accade in Italia – alla Juventus. Dopo l’1-1, difatti, prima Juliano costrinse alla prodezza Zoff, quindi Braglia sfiorò di testa il palo. Gol sbagliato, gol subito. E così, a due minuti dalla fine, il neo entrato nonché 36enne Altafini riprese un tiro di Cuccureddu respinto dal palo e infilò l’ex portiere juventino Carmignani. Tutti, chiudendo la radio, giudicarono il campionato concluso. Tra l’altro, per colpa/merito di un ex idolo dei tifosi del Napoli, a cui venne appioppato l’epiteto di core ‘ngrato. Ma la squadra partenopea non mollò. La settimana dopo disintegrò per 7-1 la malcapitata Ternana rosicchiando una lunghezza alla Juve, salvata dalla sconfitta a Cagliari ancora da San Altafini e di nuovo a soli tre minuti dallo scadere: a chi andavano i favori della Dea Bendata, era chiaro… Anche perché i punti di distacco, che erano rimasti tre anche al termine della 27° (Juventus-Lazio 4-0, Napoli-Inter 3-2), diventarono quattro alla 28°, quando gli azzurri si fecero bloccare 1-1 dal Torino mentre i bianconeri passavano 2-0 a Terni. A quel punto, alla Juventus sarebbe bastato pareggiare una delle due seguenti gare per vincere lo scudetto. Ma alla 29° accadde quello che non ti aspetti: il crollo dei bianconeri a Firenze, sommersi da un impietoso 1-4. Il Napoli, che aveva superato 1- 0 il Bologna con un gol di Clerici, era di nuovo a due soli punti. E tutta la settimana precedente all’ultima di campionato gli addetti ai lavori si interrogarono se la sconfitta di Firenze fosse stata un caso o la prova che i bianconeri erano scoppiati. Il 18 maggio 1975, l’illusione di uno spareggio, che in tutta la storia del campionato a girone unico si era verificato un’unica volta, nel 1964 (Bologna-Inter 2-0), durò solo otto minuti, il tempo che impiegò Damiani a battere il portiere del Vicenza, Michelangelo Sulfaro. Dopo di che, la Juve straripò superando per 5-0 i biancorossi, rendendo così la vittoria del Napoli a Varese inutile. Anzi, terribilmente crudele. Perché, vedendo gli juventini che festeggiavano, ogni calciofilo italiano non poté fare a meno di pensare che, se solo Altafini non avesse segnato quel gol, le due squadre adesso sarebbero state pari… Ma con i se e con i ma la storia non si fa. Nemmeno quella del calcio.