Morti per amianto alla Scala: presidio davanti al Tribunale di Milano

Il 19 marzo al Palazzo di Giustizia di Milano, dopo un anno e mezzo è finalmente cominciato il processo a cinque ex dirigenti del teatro accusati di omicidio colposo plurimo, con le testimonianze dei primi 3 testi davanti al giudice Mariolina Panasiti e al Pm Maurizio Ascione. Tra le 10 vittime, macchinisti, musicisti e cantanti del coro, addetti al sipario: tutti morti a causa della prolungata esposizione all’amianto dagli anni Settanta al 2009, anno in cui il teatro fu ristrutturato. Davanti al Tribunale, mentre cominciava l’udienza, è andata in scena la protesta di lavoratori, familiari delle vittime ed esponenti sindacali che, dopo aver deposto 10 croci con i nomi dei lavoratori morti ed esposto striscioni e bandiere, hanno denunciato in una conferenza stampa l’orientamento assolutorio del Tribunale di Milano nei processi d’amianto. Tale orientamento ha sempre fatto propria la tesi delle difese degli imputati che se non si conosce con certezza quando inizia la malattia – nonostante sia invece certo che la morte dei lavoratori è stata causata dall’amianto – i dirigenti che non hanno rispettato le misure di sicurezza vanno assolti. Contro quest’orientamento, la 3° e 4° sezione della Corte di Cassazione, in due recentissime sentenze della fine di febbraio e marzo di quest’anno, hanno invece affermato – in conformità a studi scientifici mai presi in considerazione dal Tribunale di Milano – che tutte le esposizioni (e quindi non solo la “prima”) sono rilevanti condannando i dirigenti che non avevano rispettato le misure antinfortunistiche e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Secondo le associazioni ci sarebbero altri lavoratori malati o deceduti a causa dell’esposizione all’amianto alla Scala, oltre a quelli già nel processo appena iniziato. “Mentre il processo prosegue lentamente a causa di formalità e procedure – scrivono i comitati Ambiente e Salute del teatro e il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio in un volantino distribuito in occasione del presidio che si è svolto davanti al Tribunale – stiamo purtroppo raccogliendo la documentazione relativa ad altri casi di lavoratori della Scala deceduti, a riprova che l’amianto continua a uccidere ex lavoratori e a farne ammalare altri tra chi è ancora in servizio”. E ancora, nel volantino distribuito ai passanti e alla stampa, si legge: “Il Teatro alla Scala è noto in tutto il mondo come tempio della musica; meno nota era la presenza di una grande quantità di amianto che ha colpito i lavoratori, uccidendone dieci, tra cui diversi tecnici di scena, un orchestrale, un cantante del coro e un vigile del Fuoco. Le fibre sono state respirate per anni anche dagli stessi spettatori del Teatro”. Nell’udienza sono stati sentiti tre testi del Pubblico Ministero: il commissario di polizia locale di Milano che ha svolto le prime indagini per la Procura e due testi dell’Ats (ex Asl) che avevano indagato sui casi di lavoratori malati o deceduti negli anni Novanta e Duemila per mesotelioma, cancro al polmone e asbestosi, patologie legate, secondo l’accusa, all’esposizione all’amianto, cosa che anche i testi hanno ribadito. I testimoni hanno dovuto rispondere al fuoco incrociato degli avvocati della difesa degli imputati, e del giudice Mariolina Panasiti, in un controinterrogatorio a tratti molto vivace, in cui si è arrivato addirittura, cosa finora mai successo nei processi per amianto, all’ammonizione di un teste dell’Ats da parte del giudice. Gli avvocati delle difese – come sempre in processi di questo genere – hanno cercato di seminare dubbi sulle cause delle malattie e delle morti incolpando altri fattori, come il fumo di sigarette o esperienze lavorative extra Scala e non l’amianto. In alcuni casi hanno insinuato il dubbio che un lavoratore morto di mesotelioma si fosse ammalato in giovane età quando faceva il militare di leva in aviazione come pompiere o, in altri casi, perché i lavoratori deceduti da giovani avevano lavorato alcuni mesi in edilizia o in una centrale termoelettrica. Paradossale è il dubbio insinuato dagli avvocati degli imputati accusati di omicidio sul caso del direttore d’orchestra Muller, che ha sempre lavorato alla Scala: la causa della sua malattia e della sua morte per mesotelioma sarebbe stata dovuta al fatto che da bambino, fino ai 9 anni, ha vissuto a Casale Monferrato e a Porto Marghera in un’abitazione vicino alle fabbriche. Al termine della lunga e faticosa giornata il giudice ha stabilito le prossime 3 udienze: il 2 maggio alle ore 12 presso l’aula 9bis al piano terreno dove saranno sentiti altri due testi del Pm; il 10 maggio alle ore 9,30 presso l’aula 9 (piano terreno) con altri due consulenti del Pm; e il 21 maggio.