Liste d’attesa nelle strutture sanitarie: troppo lunghe ma una legge ci tutela

Questo mese “Zona Nove” dedica ampio spazio al quartiere Niguarda. E quando si parla di Niguarda si pensa subito al più importante ospedale della Lombardia e tra i più importanti d’Italia. Eccellenza sanitaria, appena ridisegnato per rispondere alle nuove frontiere della medicina, punto di riferimento, non solo nazionale, in molte specialità ma… …Anche nel nostro nosocomio il tema delle liste d’attesa per accertamenti clinici o per visite specialistiche è un problema. Forse è “il problema”. Le varie Giunte regionali che si sono succedute nel corso degli ultimi decenni hanno provato se non a risolvere quantomeno a ridurre questa piaga ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Va detto a chiare lettere che le liste d’attesa sono una ferita nazionale ed in alcune Regioni raggiungono livelli impensabili. Della questione se ne sono occupati a più riprese anche molti organi d’informazione nazionale e il Niguarda è stato citato come esempio perché è uno dei giganti sanitari nazionali con due aree prenotazioni visite ed esami che lasciano a bocca aperta tanto sono numerosi gli sportelli e il numero di persone che passano ore in coda con la prescrizione medica in mano. Ma come funziona la gestione di tutte queste prestazioni mediche? In base alle classi di priorità ovvero all’urgenza che il medico che firma la ricetta assegna al paziente. Si va dalla classe U (urgente) che deve essere evasa entro 72 ore, alla classe B (breve) da evadere entro 10 giorni, alla classe D (differita) da evadere entro 30 giorni (visita) o 60 giorni (accertamenti specialistici) ed infine alla classe P (programmata) senza priorità (buona notte e sogni d’oro). Con le liste d’attesa di mesi, in alcuni casi anche un anno o più, cosa succede se non vengono rispettate queste tempistiche? Ed ecco l’altro motivo che ha fatto sì che il l’Ospedale Niguarda sia stato citato come esempio. C’è una legge, la numero 124/1988, che ci tutela in tutti i casi di sforamento dei tempi d’attesa. La norma dice che quando si superano i termini sopra citati spetta all’Azienda sanitaria trovare la soluzione. In particolare il paziente può chiedere che la prestazione venga erogata in intramoenia (in regime privato interno all’ospedale) pagando solo il normale ticket, se non ha esenzioni, mentre il costo extra della fattura è a carico dell’Azienda. Quasi nessuno sa che c’è questa legge che tutela i pazienti, Asl e Regioni si guardano bene dal pubblicizzarla e così sempre più persone o non si curano o si svenano pagando le prestazioni in regime privato. La Regione Lombardia, controcorrente, ha deciso di dare visibilità a questa opportunità fornita dalla succitata legge 124 e così nelle strutture dove si prenotano le prestazioni, Niguarda compreso, sono comparsi i cartelli informativi per gli assistiti. Va detto subito che ci sono dei vincoli per usufruire di questa opportunità e quindi il paziente potrebbe essere indirizzato in un’altra struttura sanitaria in grado di erogare nei tempi di legge la prestazione richiesta. Come si sa, le barriere architettoniche sono qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi o addirittura inaccessibili gli spostamenti o la fruizione di servizi specie per le persone con limitata capacità motoria o sensoriale, cioè portatrici di handicap. Ebbene, la Zona 9 in quanto ad accessibilità non è sicuramente in prima linea. Lo sappiamo. Ma per l’inizio di questi servizi che trattano di barriere architettoniche nella nostra zona, partiremo con una nota positiva, proprio per far capire che tutto è possibile, e che progettare lavori stradali, e non, adatti a tutti è possibile anche nei quartieri periferici. La nostra esploratrice di zona, tetraplegica, ma con la possibilità di muovere in parte le braccia, ci consiglia come esempio di accessibilità il Parco Nord. Questo parco si estende per quasi 360 ettari tra i comuni di: Sesto San Giovanni, Bresso, Cormano, Novate Milanese, Cusano Milanino e Milano. Ma la nostra esploratrice ha dedicato il sopralluogo solo al Laghetto di Niguarda e al Bosco di Bruzzano. All’inizio l’esploratrice era molto scettica: “Non riesco a muovermi né ai Giardini Pubblici Indro Montanelli, né al Parco Sempione, figuriamoci in zona 9”. Invece con grande soddisfazione ci racconta la sua esperienza. Sicuramente essendo un parco regionale il nostro ha a disposizione somme maggiori per riqualificazioni e interventi da dedicare all’accessibilitá rispetto ai due importanti parchi presenti nel centro di Milano. Ma che una persona in sedia a rotelle per voler fare una passeggiata in mezzo al verde debba spostar- Qui il modello Niguarda già funziona si fino a Niguarda è meno comprensibile. A detta della nostra esploratrice però, ciò che ha osservato è proprio il punto migliore del parco. Entrando da via Aldo Moro, di fronte il cimitero di Bruzzano, la strada è facilmente attraversabile, stando attenti alla velocità delle macchine. Abbiamo da subito un percorso ottimamente battuto che dà poi la possibilità di accedere a percorsi con segnaletica di piste ciclabili. Strade ben battute e piste ciclabili non danno alcun fastidio alle gambe, quel che purtroppo accade alla nostra esploratrice a Parco Sempione, perché l’eccessiva ghiaia complica lo spostamento provocando spasmi muscolari. Fortunatamente il giorno di sopralluogo per scrivere questo articolo era fortemente soleggiato ma dava la possibilità di respirare un po’ d’aria sotto gli alberi. In quasi 3 ore è stato possibile percorrere 4,5 km che per una persona in sedia a rotelle sono veramente tantissimi, stessa cosa per genitori con passeggini. Gli unici punti da segnalare sono due: I tavoli per i pic-nic sono giustamente sotto grandi alberi ma difficilmente raggiungibili a causa del dislivello presente e della mancanza di passerelle e/o strade battute. Piccole cose all’occhio di persone normodotate ma da segnalare per chi come la nostra esploratrice volesse tornare al parco. La passerella costruita per girare intorno il laghetto è ottimamente tenuta, a parte 5-6 lastre che portano verso il nuovo chiosco recentemente aperto di fronte alle fontanelle. Queste lastre che dovrebbero essere il più vicino possibile tra loro in realtà sono distanti (vedi foto a lato), quei pochi centimetri che purtroppo bastano a far incastrare i ruotini anteriori di una carrozzina, rischiando di far cadere la persona disabile. Solo in questo punto la nostra esploratrice ha avuto bisogno di aiuto facendosi spingere. Lei comunque si dice soddisfatta di questo posto riscoperto a Niguarda che le ha permesso di passare una mattinata all’aperto e che la farà tornare per un buon allenamento come fanno del resto tutte le persone comuni al Parco Nord. Che possa per una volta un quartiere periferico essere da esempio per il centro di Milano? In tutto il mondo il 28 aprile si è celebrata la giornata mondiale contro l’amianto. Una fibra killer che continua a uccidere nel mondo oltre 100 mila persone ogni anno. Secondo l’allarme lanciato dall’Organizzazione Mon-diale della Sanità ogni anno, in Europa, perdono la vita per patologie asbesto-correlate circa 15 mila persone (4 mila in Italia) e una persona su tre è a rischio. L’amianto non è un problema del passato ma del presente e del futuro. A 26 anni dalla sua messa al bando in Italia ci sono ancora 32 milioni di tonnellate d’amianto e le bonifiche sono ancora da fare. Per denunciare questo pericolo, rivendicando misure concrete per la tutela della salute degli esseri umani e per la messa in sicurezza del territorio, da anni molte associazioni e Comitati delle vittime dell’amianto hanno intrapreso lotte sul territorio, contenziosi giudiziari e campagne informative, perché la conoscenza è la prima forma di difesa. Sabato 28 aprile, come ogni anno, il corteo organizzato dal Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, ha sfilato per le vie della città, accompagnato dalla Banda degli Ottoni a Scoppio. A ricordare tutti i morti sul lavoro e i decessi causati da malattie professionali, insieme con alcuni familiari delle vittime, molti lavoratori delle ex fabbriche Breda, Pirelli, Marelli, Falck e cittadini (anche diversi abitanti del IX municipio di Milano) che hanno sfilato per le vie fino alla lapide che li ricorda, posta dai lavoratori della Breda nel 1997 sui terreni dove una volta c’era la fabbrica. Lì hanno preso la parola diversi oratori: il presidente del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio; familiari dei lavoratori deceduti per l’amianto alla Scala di Milano; familiari dei lavoratori deceduti della ex Breda; l’ “Associazione 29 Giugno” e l’“Associazione Il Mondo che vorrei” e familiari delle vittime della strage ferroviaria di Viareggio; lavoratori del Comune di Milano; Associazione Italiana Esposti Amianto e Comitato Vittime Eureco di Paderno Dugnano; Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro; l’assessore all’Ambiente del Comune di Sesto Alessandra Magro; il regista e attore Renato Sarti. Presente anche l’ex segretario della Cgil Antonio Pizzinato. Nei vari interventi è stato ricordato che “dall’inizio dell’anno ci sono già stati 200 morti sul lavoro, e dal 1993 al 2012 in Italia – solo per mesotelioma, tumore causato dall’amianto – i morti censiti sono stati 21.463, deceduti nell’indifferenza generale”. E ancora che “andare al lavoro è peggio che in guerra!”, che “ l’amianto è un crimine di pace, di cui sono responsabili padroni, governi, istituzioni e sindacati che, pur sapendo da decenni della pericolosità dell’amianto, nulla hanno fatto per impedire queste morti annunciate”. Gli organizzatori hanno poi affermato: “Per noi il 28 aprile non è una semplice ricorrenza, ma una giornata di lotta per ricordare i nostri compagni morti e rivendicare la messa al bando totale dell’amianto – prevista dalla legge 257 del 1992 e mai attuata – per evitare che la strage continui anche in futuro”. Manifestazioni come queste sono importanti, rompono il silenzio e l’indifferenza, aumentano la consapevolezza della popolazione sui rischi derivanti dalle mancate bonifiche. La lotta per ottenere luoghi di lavoro sicuri e un territorio bonificato dalle sostanze cancerogene, è una