Giovanni Poletti e il suo primo romanzo – La mafia e l’impegno civile per contrastarla

Un maggiore dei Carabinieri in pensione si imbatte per caso nel cadavere di un uomo, che si scoprirà poi essere un olandese, in una località sulle rive del lago di Como. L’ex ufficiale delle forze dell’ordine si troverà così coinvolto, suo malgrado, in una serie di avvenimenti che turberanno la sua quiete e quella del paesino in cui vive, accendendo i riflettori su un fenomeno molto pericoloso e, probabilmente, troppo sottovalutato: il radicamento delle mafie in tutte le zone del Paese, anche quelle più remote e considerate tranquille. È questa, in estrema sintesi, la trama del seconda fatica letteraria di Giovanni Poletti, “L’olandese, il Carabiniere e il convitato di pietra” (edizioni Colibrì), presentato alla gelateria Artis di via Adriatico lo scorso martedì 5 giugno.
L’autore non ha bisogno di presentazioni, in zona lo conoscono tutti: entrato nei primi anni 60 come giovane ragioniere all’Ospedale di Niguarda, ne è uscito nel 1997 con il ruolo di Direttore Capo Servizio e dal 2000 al 2014 è stato presidente della Cooperativa edificatrice di Niguarda nonché presidente della nostra Associazione. Con un curriculum così – vista anche la sua precedente esperienza letteraria con il libro dedicato alla Città Metropolitana -, da Giovanni Poletti ci si aspettava un libro “milanese”. E invece no, uno dei protagonisti del romanzo è proprio il lago di Como, con i suoi paesaggi unici descritti minuziosamente in molte pagine del libro. Come mai questa scelta?
“Da qualche anno ho una piccola casa in un paesino sulle rive dell’Alto Lario, nel quale mi reco spesso – racconta Poletti -. Nel 2016, così, mi è venuta l’idea di scrivere un romanzo sul lago. A un certo punto, verso la fine di quell’anno, mi balza all’occhio una doppia pagina del Corriere della Sera che titolava più o meno così: ‘La Barbagia dell’Alto Lago’, riferendosi a una serie di episodi criminali verificatisi da queste parti, (ad esempio incendi e intimidazioni) che hanno avuto come vittime gli ultimi tre sindaci di un borgo della zona. Ho provato a chiedere informazioni alle persone del paese, ma ho trovato molta reticenza a commentare questi episodi: nessuno vede, nessuno sa niente. Così ho iniziato a pormi qualche domanda: quanto sappiamo del fenomeno mafioso e dalla sua invasività all’interno del nostro tessuto sociale? Quali sono i danni prodotti da queste infiltrazioni? Il romanzo nasce da qui, da questi interrogativi: volevo avere in mano, come ho fatto con il mio libro precedente, uno strumento per discutere e affrontare l’argomento non da esperto della materia, ma da semplice cittadino che ne vuole sapere di più”. Nel libro, infatti, non c’è una vera risposta a questi interrogativi, se non quella offerta dalla ex presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi e dal procuratore generale di Milano, Roberto Alfonso, che parlano di una Lombardia letteralmente ‘colonizzata’ dalla criminalità organizzata”. Questo, quindi, non è un libro giallo in cui si scopre l’assassino e tutti i tasselli vanno al loro posto ma è un libro che, attraverso la forma del romanzo, aiuta a riflettere e ad accendere una luce nella nostra coscienza “distratta” richiamandoci a un impegno e a una passione civile per reagire all’arroganza e al cinismo della criminalità mafiosa. Che, non dimentichiamolo, può colpire ciascuno di noi.