“Controllo e riduzione del gioco d’azzardo: Di Maio è come se tornasse indietro”

L’intervento previsto dal cosìdetto “decreto dignità” che abolisce definitivamente la pubblicità di ogni gioco con vincite in denaro, escluse le lotterie nazionali, costituisce certamente una delle poche norme positive contenute nel provvedimento. Ma, come le altre, anche questa scelta appare più dettata dalla voglia di presentare atti dall’alto valore simbolico a cui però sembra non corrispondere la stessa volontà di intervenire davvero sulla riduzione dell’offerta di gioco, intervento necessario per combattere le ludopatie.
Certamente sono stati più coraggiosi i governi del Pd che non solo hanno ridotto drasticamente gli spazi pubblicitari televisivi, consentendoli solo dopo le 22.30 sulle tv generaliste, ma hanno anche ridotto di un terzo il numero delle slot istallate nei bar e nelle tabaccherie. E sono sicuramente più efficaci anche le misure previste dall’accordo Stato-Regioni condiviso al termine della scorsa legislatura che intervengono in modo efficace su diversi fronti: dai controlli alla qualità, dalle tutele dei minori e dei soggetti deboli al dimezzamento dei punti e delle sale gioco sul territorio nazionale. Certo si può obbiettare che interventi più complessivi di riordino del settore andrebbero oltre le materie di cui si deve occupare il decreto. Ma comunque qualcosa in più si poteva fare. Si è persa per esempio l’occasione, senza costi per lo Stato, di introdurre l’obbligatorietà dell’uso di un documento di identità o della tessera sanitaria per poter giocare: strumento efficace per tutelare minori e non solo e per impedire, per esempio, il riciclaggio. Sia chiaro: la scelta di arrivare all’abolizione totale della pubblicità era diventata necessaria visto l’abuso che di essa si sta facendo sulle reti tematiche, soprattutto in occasione di eventi sportivi per promuovere le scommesse on line. Ma l’impegno per ridurre la domanda di gioco non può ridursi solamente a questo.
Il tema che porremo con forza, già nei prossimi giorni, riguarderà una proposta di legge sul riordino del settore che tiene conto degli esiti della Conferenza Stato-Regioni e interviene su: riduzione di domanda e offerta di gioco, lotta alla illegalità e alle infiltrazioni della criminalità organizzata, sistema di regole a tutela dei minori e generalmente per prevenire le patologie legate al gioco. In questi giorni di anticipazioni sul decreto non si è capito, oltre all’abolizione della pubblicità, cosa voglia fare il governo su questo; non è scritto nel contratto. Il tema della lotta al gioco d’azzardo, soprattutto alle patologie che produce, non può essere una bandiera da sventolare ma si affronta solo se, come abbiamo iniziato a fare, si proseguirà anche sulla strada della riduzione delle occasioni di gioco, si realizzerà quel taglio netto del 50% di sale gioco e di slot nei locali entro il 2019 che avevamo condiviso con le Regioni. Tutto ciò costa, e costa molto in termini di mancate entrate. Ci dica Di Maio se il suo governo intende andare nella direzione della riduzione di domanda, offerta e quindi di entrate, come pensiamo sia giusto fare, o mantiene l’idea che il gioco d’azzardo debba finanziare il reddito di cittadinanza, come scrivevano in un disegno di legge nella scorsa legislatura.
O si ha il coraggio di fare scelte chiare anche se costose o la proibizione della pubblicità rischia di essere un provvedimento davvero insufficiente.