A 80 anni dalle leggi razziali fasciste

Settembre, primo giorno di scuola; la vita ricomincia come sempre per il mondo dei giovani. Non fu così per i giovani ebrei che nel settembre del 1938, esattamente ottanta anni fa, furono brutalmente espulsi dalla scuola per effetto delle leggi razziali volute dal fascismo e firmate da Vittorio Emanuele III. Nell’agosto di quell’anno il Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai aveva già emanato i primi provvedimenti antiebraici nella scuola. Modificati e ampliati con decreto legge del 15 novembre essi decretavano l’esclusione di tutti gli studenti “di razza ebraica” dalle scuole di ogni tipo, elementari, medie, superiori e università. “Avevo otto anni quando mio padre mi disse che non sarei più potuta andare a scuola – racconta Liliana Segre, senatrice a vita e testimone di quegli orrori – e non perché avessi fatto qualcosa di male. Semplicemente ero ebrea”. Dalle scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado furono allontanati anche tutti gli insegnanti e tutti i dipendenti di “razza ebraica” e fu vietata l’adozione nelle scuole di libri di testo redatti, commentati o riveduti da autori di “razza ebraica” anche se in collaborazione con autori di “razza ariana”. Dal sistema scolastico italiano vennero quindi esclusi 96 docenti universitari ordinari, più di 133 assistenti, 279 presidi e professori di scuola media e superiore, un numero tuttora sconosciuto di maestri elementari, decine di impiegati, 114 autori di libri di testo, alcune migliaia di studenti elementari e medi e alcune centinaia di studenti universitari. Cifre altissime se pensiamo alla percentuale degli ebrei presenti nel nostro paese inferiore all’uno per cento della popolazione italiana. Perdere il lavoro fu un tragedia per tanti impossibilitati a mantenere le proprie famiglie, una sofferenza terribile per i giovani che si videro emarginati, considerati come reietti, dimenticati. Per gli ebrei espulsi dalla scuola, da tutti i posti di lavoro, depredati, deportati e uccisi non ci fu nessuna indignazione. “L’aspetto più triste della vicenda – afferma ancora Liliana Segre – fu che miei compagni e le loro famiglie si girarono dall’altra parte e tutto avvenne tra la generale indifferenza, cosa che più di ogni altra ci ferì. L’indifferenza è peggiore della violenza”. Sono passati 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali ma è ancora assolutamente doveroso e importante ricordare perché la memoria di ciò che accadde in quel momento buio della nostra storia italiana ci permetta di riconoscere, prima che sia troppo tardi, i sintomi liberticidi che possono mettere in pericolo la nostra democrazia, e di reprimere quelle degenerazioni che purtroppo ancora oggi la condanna del nazismo e del fascismo non sono riusciti a soffocare.