L’Isola indimenticabile di Paolo Cognetti. Un altro Premio Strega rivisita la nostra Isola

Il 7 settembre, poche settimane dopo quello a campo lungo di Helena Janeczek, Premio Strega 2018, “Repubblica” ha ospitato un altro omaggio d’autore al nostro quartiere. A renderlo stavolta è un altro Premio Strega, giovanissimo, milanesissimo. Paolo Cognetti. residente alla Bovisa ma cittadino del mondo. Acclamato vincitore dello Strega dello scorso anno con “Le otto montagne”, storia di autocoscienza familiare, di amicizia, di rispetto degli uomini e della natura. Come spiegato quasi alla fine, l’articolo nasce come risposta a una esplicita richiesta di “Repubblica”, su cui già da tempo collabora (è del 22 aprile scorso un suo splendido “A spesso con Lucky nella Bovisa avvelenata”), che lo invita a scrivere un pezzo su cosa ne pensa di piazza Gae Aulenti. Lo scrittore accetta, salvo poi rendersi conto, subito dopo, “che di quella piazza non ho quasi niente da dire. Non ho rapporti con lei.” E titola l’articolo, appunto: “Milano, non potrò mai più guardare Gae Aulenti senza pensare a cosa c’era prima”. Si noti che Paolo dice Milano, e non Isola, e cosa c’era prima lo racconta subito, con un incipit quanto mai diretto: “Nel 1999 avevo ventun anni, ero appena uscito dalla scuola del cinema e girai un documentario in cui alcuni “ragazzi del 77” ci portavano, ormai quarantenni, nei luoghi della loro formazione a Milano.” I ragazzi e gli autori di riferimento sono Nanni Balestrini, Primo Moroni, Marco Philopat, Hakim Bay e “molti dei luoghi che esplorammo erano nel Ticinese … via Torino in cui sfilavano i cortei del sabato… via De Amicis… via Santa Marta in cui rifugiarsi dopo le cariche della polizia …piazza San Giorgio … ma c’era anche il Virus di via Correggio, il Parco Lambro dei festival nel fango, la Statale …”. Zone Temporaneamente Autonome da tenere fin che non si era obbligati a scappare. Nel 1999 però “… il baricentro della città, quanto a Zone Temporaneamente Autonome, sembrava essersi decisamente spostato da sud a nord. Il Ticinese ormai si divideva tra reduci e Milano da bere. “Al suo posto c’era l’Isola, ma pochi la chiamavano così, era solo il pezzo di città tra via Farini e Melchiorre Gioia, la stazione Garibaldi e il Monumentale: uno strano quartiere fatto di scali ferroviari e cimiteri, edifici pubblici dismessi, erbe infestanti che spuntavano nell’abbandono… per qualche anno fu la parte di Milano in cui tornai più spesso, quasi sempre di sera”. E qui l’autore elenca diligentemente locali e centri sociali dell’Isola di allora, sino a Metropolix, l’ostello autogestito in piazza Minniti, da cui “passava gente da tutto il mondo. Ma quello a cui mi affezionai di più era un posto che si chiamava Stecca degli artigiani … una vecchia corte di officine che in parte ospitava ancora meccanici e falegnami, in parte un circolo culturale.”. La frequentazione della Stecca da parte di Paolo Cognetti dura qualche anno, vi festeggia perfino l’uscita del suo primo libro nel 2004 (il “Manuale per ragazze di successo”). Poco dopo la Stecca “fu sgomberata e demolita per fare spazio al progetto a cui ci eravamo opposti per tutto il tempo, il cosidetto Bosco verticale, cioè i due condomini per milionari che ora sorgono al suo posto.”. E qui l’articolo entra nel vivo del sentimento di estraneità visto all’inizio. L’autore vede Piazza Gae Aulenti una volta sola e non vi vuole più ritornare. Non potrà, appunto, “mai guardare quel pezzo di Milano senza pensare a quel che c’era prima e a cosa significava per me …”. Capisce che quella è la prova “definitiva” che quella città che amava, e che ha perso, era la “sua” città. Ed è per questo che quando la guarda i suoi occhi “vedono in quattro dimensioni, e la quarta è il tempo…”. Così che vedono la città di oggi sopra a quella di ieri, e la mettono in relazione. “Non c’entra la nostalgia. È giusto che una città si trasformi, anzi più si trasforma e più è viva … Intanto però mi chiedo: cosa si fa lì dentro? Cosa si fa per Milano? Oltre quelle finestre ci sono luoghi aperti o chiusi, luoghi che possono essere anche miei o che saranno per sempre di qualcun altro?”. “Per fortuna, dice Paolo ormai in chiusura, nel tempo ho scoperto anche un’altra cosa, e cioè che l’anima di una città non muore, si sposta soltanto.”. Così che la conclusione è circolare. Forse, dice l’autore, “dovrei essere io a chiedere al ventenne del 2019 dov’è la sua città, di quale Milano si sta innamorando lui.”. Passare cioè il testimone e potersi così allontanare dalla “bellissima” e per lui estranea piazza Gae Aulenti. Per chi conosce l’Isola, per chi ama Milano, la lettura ravvicinata dei due articoli evidenza l’incredibile status di un quartiere simbolo insieme della tradizione e del cambiamento di Milano. Entrambi colgono punti essenziali. Entrambi offrono l’occasione di recuperi storici e di approfondimenti sociologici, anche su queste pagine. Entrambi pongono un fondamentale quesito generazionale a chi li legge, chiedendogli qual è la città che lui ha amato e quindi scelto. Se letti in sequenza invertita rispetto alla loro pubblicazione, si coglie immediatamente quanto si “cerchino” e si completino. In uno il quartiere sopravvive solo nella memoria tenace di chi l’ha amato. Nell’altro lo stesso quartiere rifiorisce in un caleidoscopio colorato di etnie e di nuove prospettive territoriali.
• Cenni biografici su Paolo Cognetti. Nato a Milano nel 1978, ha lavorato per diversi anni come documentarista. Insegna tecniche di narrazione in diverse scuole. Ha esordito nel 2004 con la raccolta di racconti “Manuale per ragazze di successo” (Minimum fax). Ha scritto “New York è una finestra senza tende” (Contromano/Laterza 2010) e “Il ragazzo selvatico” (Terre di Mezzo 2013), tradotto in tredici Paesi. Ha scritto “Sofia si veste sempre di nero” (minimum fax 2012) selezionato al Premio Strega e tradotto in vari Paesi. Ha curato l’antologia di racconti “New York Stories” (Einaudi 2015). Il suo romanzo “Le otto montagne” è uscito in libreria a novembre 2016 per Einaudi ed è in corso di traduzione in più di trenta Paesi; ha vinto, tra i numerosi premi, il Premio Strega 2017 e il Premio Strega Giovani 2017. Il suo ultimo libro è “Senza mai arrivare in cima” (Einaudi, novembre 2018)