Morti per amianto nelle metropolitane: assolto l’ex direttore generale di Atm

Il Tribunale di Milano il 29 ottobre ha assolto con formula piena il direttore generale Atm Elio Gambini, imputato della morte per amianto di 6 lavoratori. La sentenza è stata pronunciata fra le lacrime la rabbia dei familiari dei lavoratori morti che hanno dichiarato “Ancora una volta i delitti contro i lavoratori restano impuniti”. Per il Pubblico Ministero, Gambini era accusato insieme al suo successore Massetti (direttore generale di Atm dal 1995 al 2001) di non aver preso nessuna precauzione per salvaguardare i lavoratori da “importanti rilasci di fibre” di amianto, sostanza tossica presente “in maniera massiccia” lungo le gallerie della metropolitana e negli altri depositi della municipalizzata milanese. Gambini, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato responsabile della morte di 6 operai (un autista di bus, un elettricista, un addetto al segnalamento ferroviario della metropolitana, un meccanico incaricato della riparazione di autobus, un tecnico elettricista e un falegname, tutti deceduti per mesotelioma pleurico) più altri due addetti, esposti nei tunnel della metropolitana e nei depositi per il ricovero notturno dei mezzi di superficie. Per il manager accusato dalla Procura di Milano di omicidio colposo per “la gestione non adeguata della sicurezza” non solo dei dipendenti ma anche dei viaggiatori, il pm Maurizio Ascione aveva chiesto la condanna a 6 anni di carcere. Per la pubblica accusa “l’azienda non aveva informato adeguatamente i lavoratori sul rischio amianto”, e non aveva fornito “dispositivi di sicurezza né per i singoli dipendenti, né collettivi” e non si sarebbe curata della “manutenzione dei tetti in eternit” degli hangar, dove la notte erano ricoverati i mezzi, né avrebbe disposto “la pulizia in sede degli abiti da lavoro”. Di diverso avviso il giudice che ha assolto l’imputato con formula piena riservandosi 90 giorni per motivare la sentenza. Com’è ripetutamente successo al tribunale di Milano anche il processo contro i vertici Atm vede una continuità con le precedenti sentenze (Enel di Turbigo, Breda/Ansaldo, Alfa Romeo, Fibronit, Pirelli), abbandonando ancora una volta le vittime nella loro ricerca di giustizia. Questo ennesima assoluzione ha scatenato forti proteste fra associazioni e comitati che da anni si battono contro l’amianto, per la giustizia e la bonifica del territorio. Come hanno affermato alcuni compagni di lavoro dei deceduti, “altri lavoratori avvelenati dal killer amianto si ammaleranno e moriranno, ma i manager potranno continuare a fare profitti sulla pelle dei lavoratori”. Nella stessa giornata, tuttavia, in un’altra parte del paese, a Palermo, nelle aule di giustizia è stata riconosciuta la colpa per omicidio colposo di coloro che fecero lavorare gli operai in ambienti non salubri. Gli ex vertici di Fincantieri Palermo Luciano Lemetti, Antonino Cipponeri e Giuseppe Cortesi, sono stati condannati in primo grado a 4 anni, 2 anni e 4 mesi e 3 anni e 4 mesi ciascuno di carcere per omicidio colposo plurimo per la morte di 10 operai, e le lesioni gravissime ad altri 9. È sconcertante vedere come per lo stesso reato ci possano essere due pesi e due misure radicalmente opposti: una giustizia che condanna e l’altra che assolve! Che ci sia qualcosa che non va al Palazzo di Giustizia di Milano? A due anni dalla conclusione del processo di primo grado che ha visto assolti i vertici della Pirelli per la morte di amianto di decine di lavoratori, il giudice dottoressa Gatto che doveva depositare le motivazioni della sentenza entro 90 giorni, non ha ancora trovato il tempo di scriverle, impedendo ai rappresentanti delle vittime di impugnare la sentenza. Intanto la prescrizione corre e, con essa, l’impunità per i responsabili di queste morti innaturali.