L’altra faccia del selfie

Squarcio Ashley (studente del Liceo Cremona)
La ricerca della popolarità rappresenta ormai una sfida per gli adolescenti, sempre più concentrati nella realizzazione di fotografie da condividere online per ricevere il maggior numero di “likes” e approvazioni social. Istagram è divenuto il nuovo modo di determinare una “divisione in classi”. Nella nostra generazione, se hai pochi “followers” o se i tuoi post ricevono soltanto qualche “mi piace” tirato, sei considerato uno “sfigato”, uno di poco conto, tutti stanno alla larga da te nell’intento di evitare la tua etichetta. È in questo modo che inizia una ricerca di approvazione da parte di qualsiasi adolescente che voglia essere ammirato, sentirsi partecipe di una comunità, il più delle volte costituita da persone che neanche si conoscono. Andiamo alla ricerca del selfie perfetto, realizzandone a decine prima di trovare quello giusto, siamo ossessionati dal controllo continuo dei”likes” e soffriamo nel vedere che un nostro autoscatto è stato ignorato, che tutta la nostra dedizione non viene riconosciuta. Facciamo dunque a gara nel condividere i selfie più estremi, quelli che attirano la maggior attenzione del pubblico, spingendoci, spesso e volentieri, oltre ogni limite. È sconcertante come immortalarsi con lo smartphone in una situazione di pericolo sia diventata una moda virale, ma ciò che fa più paura è che non prestiamo alcuna attenzione alle conseguenze troppo presi a costruire un’immagine di noi stessi che non rispecchia affatto la nostra personalità. Utilizziamo il selfie per entrare in contatto con una faccia della nostra soggettività: il sé sociale, ossia il modo in cui appaiamo agli occhi degli altri. E ci troviamo così a doverci nascondere, ad indossare delle maschere per adeguarci agli standard della società odierna, reprimendo i nostri sentimenti e le nostre emozioni più profonde. Esporre i nostri problemi e rischiare di rovinare la nostra immagine? No, preferiamo tenerci tutto dentro e proseguire per la via dell’esagerazione e dell’estremo, fino a quando ci troviamo in una situazione tanto aggrovigliata da parerci inestricabile. L’adolescenza è l’età nella quale l’identità si costruisce grazie a qualcuno che ci identifica, ci riconosce e ci rispecchia. Essere adolescenti significa sperimentare, perdersi, fare scelte sbagliate. È naturale che confidarci con qualcuno non ci venga d’istinto, ma ciò non significa che non ne abbiamo bisogno. Anzi, in questa fase della nostra crescita, tenere aperto un canale di comunicazione con i propri genitori, con gli amici, è fondamentale. Parlare è l’unico strumento che ci permette di avere un confronto e di capire cosa realmente un adolesccente prova, di vedere il mondo con i suoi occhi. Altrimenti, in una società in cui il web ha sostituito il dialogo, si rischia di rimanere immischiati in una spirale di informazioni che non sempre ci conducono verso la scelta giusta.