“Il cinema racconta Milano” con i suoi 400 film

“Zona Nove” ha sempre dedicato molto spazio al cinema, dalle iniziative del Mic ai lavori del nostro direttore Luigi Allori. È perciò con grande piacere che abbiamo intervistato il nostro decennale collaboratore Mauro Raimondi, che a novembre ha pubblicato per Unicopli “Il cinema racconta Milano”.

Tu avevi già scritto un testo sul cinema: come mai questo secondo libro?

Sì, nel 2009, con Marco Palazzini, uno degli altri autori di questo nuovo lavoro insieme a Edoardo Veronesi Carbone, avevamo pubblicato “Milano Films” per la casa editrice Frilli. Il libro, nonostante qualche problema di distribuzione, aveva suscitato molto interesse. Così quest’anno Stefano Galli, il curatore della Mostra Milano e il cinema che consiglio a tutti di andare a vedere, ci ha contattato per scrivere degli articoli per il catalogo. Al che, ci è venuto in mente di riprendere in mano il testo precedente.

Lo avete cambiato molto?

Direi di sì. Innanzitutto, lo abbiamo aggiornato con tutti i film principali sulla città usciti dal 2009 a oggi, che non sono pochi. Poi abbiamo modificato l’indice, aggiungendo o togliendo capitoli interi. Ad esempio, alcune parti che prima erano state solo accennate, come quelle dedicate ai pionieri del cinema milanese (Pacchioni, Comerio o Elettra Raggio) o al poliziottesco, adesso sono state adeguatamente considerate. Mentre la sezione dei documentari, dei corti e dei filmakers, che pure ci interessano, in questa versione sono state limitate all’essenziale.

Ho visto che la prefazione è di Maurizio Nichetti.

E ne siamo molto contenti. Nichetti rappresenta un punto fermo nella storia del cinema italiano e ci è parso normale rivolgerci a lui per una prefazione che – non poteva essere diversamente – è molto interessante. Lui ha analizzato con acutezza e originalità il rapporto fra il cinema e la città, come quando scrive: “Avere l’occasione di scorrere, pagina dopo pagina, i vari film girati a Milano; è, sicuramente, un viaggio affascinante… La città ha sempre rappresentato un luogo privilegiato da cui spiare nuove mode e nuovi stili di vita. E il cinema sempre in prima linea per raccontarla”. Abbiamo anche molto apprezzato quando ha raccontato la sua esperienza diretta: “Milano ha sempre aperto volentieri le sue strade alle magie della fantasia. Dove potevo far correre un ingegnere disoccupato con un bicchier d’acqua, miracolosamente inquinato, se non a Milano? A Milano ho sempre trovato le atmosfere giuste per tanti altri film. Basta saperla guardare con occhi attenti e la città ti regala scorci periferici, angoli romantici e oggi, anche, piazze avveniristiche con grattacieli dritti, storti e curvi dove puoi ambientare storie di ieri e storie di domani”.

Alla fine, invece, c’è un’intervista al poeta Franco Loi.

Sì, sono amico di Franco da molti anni. Lui è ormai parte della storia della città, ed è stato molto bello sentirlo raccontare della sua precoce passione per il cinema, di quando andava a vedere De Sica mentre girava Miracolo a Milano o di quando conobbe un giovanissimo Olmi. Ci ha anche parlato di una sceneggiatura che scrisse negli anni Cinquanta e del relativo film che aveva come regista il suo amico Giulio Trasanna ma che poi non fu distribuito.

Il libro segue un ordine cronologico?

Sì, partiamo dal 1896, cioè dai primi lavori di Italo Pacchioni, e descrivendo o citando più di quattrocento opere, in quattordici capitoli arriviamo ai giorni nostri. Vuoi dirmi che a Milano sono stati ambientati più di quattrocento film? Certo. Anzi, di più. Noi abbiamo scelto di non inserirli tutti, ma solo quelli che ci interessava citare all’interno di un preciso discorso. Quali sono i grandi registi che hanno girato a Milano? In pratica tutti, tranne Fellini e Bernardo Bertolucci. De Sica e Antonioni, Visconti e Rossellini, Pasolini e Olmi, Dino Risi e Monicelli, per citarne solo alcuni, hanno “regalato” a Milano almeno un lavoro. E poi Nichetti e Salvatores, che abbiamo definito come i principali esponenti della “commedia d’autore alla milanese”, Soldini e moltissimi altri fino al Guadagnino di “Io sono l’amore” girato in Villa Necchi Campigli.

E Renato Pozzetto lo si trova nel libro?

Ma certo! Un paio di capitoli sono proprio dedicati alla “commedia popolare alla milanese”, di cui lui rappresenta la prima vera “maschera”. Perché è vero che prima c’erano stati Bramieri e Scotti (con il suo ghe pensi mi), ma il primo protagonista di questo filone è sicuramente lui. “l ragazzo di campagna”, “Un povero ricco”: è da Pozzetto che comincia quella commedia che, attraverso Abatantuono, Boldi, Jerry Calà, arriva fino ad Aldo. Giovanni e Giacomo, a Bisio con i suoi “benvenuti al sud e al nord”. Parlata milanese, luoghi e atmosfere meneghine riproposti in decine e decine di film.

Come è stata rappresentata Milano nel cinema?

Il cinema è sempre un testimone della realtà, anche se necessariamente parziale. Parli di immigrazione e ricordi quel capolavoro assoluto che è “Rocco e i suoi fratelli”. La banda Cavallero semina terrore e Lizzani gira “Banditi a Milano”… Se penso agli anni cupi delle bombe, della violenza politica e del terrorismo mi vengono subito in mente “I cannibali” di Liliana Cavani, “Sbatti il mostro in prima pagina”, “San Babila ore 20: un delitto inutile”, “Maledetti vi amerò”, “Colpire al cuore”… Negli anni Ottanta scoppia il riflusso ed ecco gli Yuppies dei Vanzina, i paninari di Italian fast food… La Milano post industriale sostituisce definitivamente quella di “Romanzo Popolare” e di “La classe operaia va in paradiso”, va in crisi di valori e di identità, e a raccontarla arrivano “L’aria serena dell’Ovest” e più tardi “A casa nostra” di Francesca Comencini… Vuoi vedere la periferia? “Fame chimica” te la mostra… Il lavoro precario? Puoi vagare da “Fuga dal call center” di Federico Rizzo a “L’Intrepido” con Albanese. In generale, sintetizzando, negli anni Trenta Milano è il simbolo positivo della modernità, come raccontano il documentario “Stramilano”, “Gli uomini che mascalzoni” e “Grandi magazzini” di Camerini, con protagonista un giovanissimo Vittorio De Sica. Dopo di che, questo valore inizia ad assumere significati diversi e la modernità diventa qualcosa di negativo, sia socialmente sia nei rapporti umani. E così la metropoli si trasforma nella “Milano dell’inquietudine” di Soldini (e poi di Marina Spada) e nella “Città della fuga” di Salvatores. Il quale, comunque, nel suo ultimo film girato a Milano, “Happy Family”, la inquadra con toni più morbidi e concilianti, quasi a volerci dire che è migliorata…

E la Milano di oggi?

La Milano attuale, quella rilanciata da Expo, non è ancora rappresentata, nei film. O meglio, vediamo solo le sue icone. Prima, quando volevi identificare Milano, i registi usavano il Duomo. Adesso, i grattacieli di Porta Nuova. Sono loro, i protagonisti dell’immagine della città. Nel libro ci sono foto? Grazie a Luisa Comenicini della Fondazione Cineteca Italiana e a Daniela Vincenzi della Fondazione Alasca di Bergamo in appendice appaiono fotografie di film, di locandine e immagini del Museo del Cinema che si trovava in via Manin.

Avete in programma delle presentazioni?

In questo mese parleremo del libro alla Mostra Milano e il cinema e alla Feltrinelli di piazza Duomo. Inoltre il 26 sarò ospite del Filologico dove terrò una conferenza sulla settima arte in città dagli albori agli anni Trenta. Dopo di che andremo in varie biblioteche e dove ci chiameranno con la nostra presentazione che prevede spezzoni e foto. Nel caso qualcuno interessasse venire, può consultare la nostra pagina facebook cinema racconta Milano.