L’ infanzia di un giardino. Come viene vissuta la Biblioteca degli Alberi

Inaugurata a fine ottobre, la Biblioteca degli Alberi non è stata mai più lasciata sola. Neanche la prima notte, di pioggia, della sua vita. Con nottambuli e ragazzi a camminarvi dentro, quasi increduli di tutto quello spazio vivente e improvvisamente accessibile senza la minima barriera. E con l’amaca-cesta al centro del cerchio dei salici occupata, come conosciuta da sempre, da una coppietta con l’ombrello. Ci siamo poi tornati quasi ogni giorno, fino a farci diventare familiari i suoi viali di calcestruzzo fibrorinforzato, i suoi sentieri in cemento drenante, le sue “stanze” circolari di salici, betulle ed aceri collegate a precise funzionalità (giochi, wellness, eventi, svago, cani…) e tutte le altre grandi tessere del suo mosaico. I prati rasati, gli spazi rustici coperti da cespugli dagli steli sottili, le limonaie nei grandi vasoni rossi, il limpido laghetto triangolare… Siamo così entrati nello spirito di questo parco giardino così diverso da tutti quelli che conosciamo. Un parco che si richiama ad una tradizione newyorkese più che italiana, e che rivendica un’attenzione al pluralismo delle sue piante tipico di un orto botanico. Un parco giardino dove gli alberi, ancora adolescenti, sono tutti disposti a cerchio, non uno lungo con i viale diritti e larghi che lo attraversano. Dove poche sono le panchine. Dove non ci si sente mai soli o al riparo della città. Più che uno spazio rifugio, la Biblioteca è uno spazio belvedere affacciato sui grattacieli del Porta Nuova che, a loro volta, lo osservano con i mille occhi delle loro vetrate. Percorrerlo non è una immersione ma una esperienza psicosensoriale fatta di piccole sorprese che accompagnano tutta la passeggiata. Le lampade per la lettura notturna, l’esposizione dei nomi delle specie arboree, le scritte in rame su viali e transenne : “Respirare Anna 55 anni” “Le nostre foglie arrossiscono nel sentire le parole degli innamorati Mario 41 anni” … La rete si è divisa tra elogi sperticati e commenti malignetti, tra innamoramenti e disagi. Nel quartiere, l’Associazione che ha realizzato “dal basso” un’altra pressochè unica proposta privata di verde pubblico, quella di Isola Pepe Verde, ha manifestato la sua perplessità su alcuni aspetti della gestione del dopo inaugurazione della Biblioteca. In effetti, questa è veramente una cosa nuova, nel suo nascere e nel suo crescere nel cuore di un centro direzionale del quale ha ricoperto tutte le cicatrici dei suoi cantieri. Ha bisogno di molta acqua perché sotto non ci sono falde acquifere profonde, ma, appunto, materiale di riporto e cemento. Ha bisogno di protezione perché non ha cancelli. Di cura continua perché i suoi 450 alberi si stanno sviluppando e i suoi 90.000 tapezzamenti erborei e floreali vanno curati, rinnovati, ripuliti. Un bando per la sua gestione, prontamente vinto dalla Fondazione Catella, comporta per questa un costo annuo di tre milioni garantendo di contro, assieme alla presenza di tre vigilantes notturni motorizzati e di un piccolo stuolo di giardinieri (che saranno forniti dalla società che l’ha assemblato in 18 intensissimi mesi di lavoro, la HV Style), l’agibilità per eventi e iniziative culturali (sino alle 23), il completamento delle strutture del parco con chioschi e uno spazio coperto per la ristorazione, la costituzione di un vera e propria governance per la programmazione della sua vita pubblica.