Lavoro irregolare e pagamento in contanti: multa per il datore

Per lavoro irregolare o “nero”, si intende un rapporto in cui il datore si avvale di prestazioni professionali e/o lavorative di personale in assenza di contratto e senza riconoscimento di alcuna copertura previdenziale, assicurativa e, più in generale, delle tutele previste dalla normativa vigente. Da situazioni di irregolarità discende inevitabilmente il mancato pagamento delle imposte. Secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, per l’anno 2017 il tasso di irregolarità si è attestato sul 65%: ciò significa che due aziende su tre impiegano lavoratori in nero. Si tratta di percentuali che hanno presentato un consistente incremento rispetto al 2016, quando la percentuale era del 36%. Per contrastare questo fenomeno – che danneggia i lavoratori, quanto le aziende e la collettività in genere – sono state intensificate le misure sanzionatorie. Infatti il datore, oltre al pagamento della maxi-sanzione, il cui importo è determinato per fasce proporzionate alla durata della violazione commessa, da luglio di quest’anno è tenuto altresì a corrispondere ai lavoratori la retribuzione con strumenti di pagamento tracciabili – ad esempio bonifico, assegno, accredito su carta di credito prepagata – pena la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro. Sanzione che si applica al rapporto di lavoro subordinato, alla collaborazione coordinata e continuativa e ai contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci. La pratica diffusa nelle aziende di retribuire i dipendenti senza alcuna traccia non è più quindi ammessa. Lo scopo immediato della norma è tracciare il pagamento di stipendi ed anticipazioni, al fine di verificare che la retribuzione corrisposta non sia inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva (problematica molto frequente nelle controversie di natura giuslavoristica). Come ha precisato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella nota 5828/2018, l’illecito si configura ogniqualvolta la retribuzione non sia corrisposta mediante strumenti tracciabili e ne sia accertata l’effettiva erogazione in contanti. Non rileva, invece, il numero di lavoratori coinvolti: la sanzione va infatti calcolata in base all’arco temporale in cui sono stati effettuati pagamenti non tracciati. Ad esempio, se il datore di lavoro retribuisse tre lavoratori in contanti per due mesi, l’importo dovuto si determinerebbe moltiplicando la sanzione base per il numero di mesi, indipendentemente dal numero di lavoratori nei confronti dei quali è stata commessa la violazione. L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la recente nota 294 del 9 novembre 2018, ha chiarito che questa non è incompatibile con la maxi-sanzione. La motivazione risiede nel fatto che quest’ultima discende dal comportamento antigiuridico adottato dal datore di lavoro a tutela di interessi che non coincidono del tutto con quelli della maxisanzione. Poiché, nel caso di lavoro c.d. “nero”, la periodicità nell’erogazione della retribuzione potrebbe anche non essere mensile, laddove gli Ispettori dovessero in corso di accertamento verificare ipotesi di corresponsione giornaliera della retribuzione, si configurerebbero tanti illeciti quante sono le singole quante giornate di lavoro irregolari. Lo Studio è specializzato nel diritto del lavoro ed è quindi in grado di fornire consulenza e assistenza, sia alle aziende, sia ai lavoratori, nella gestione di tutti gli aspetti gius-lavoristici connessi alle corrette modalità di corresponsione della retribuzione.
Avvocato Alessia Castellana, Viale Premuda 16, Milano, tel 02.36768630, alessia.castellana@studioavvocatiecommercialisti. it.