Lo scrittore meneghino Flavio Maestrini ci presenta il poliziotto Mazza detto El Dondina

Incontro Flavio Maestrini, milanese di zona 9 doc, per parlare del suo terzo libro “Grossi guai per El Dondina”, un personaggio realmente vissuto attorno alla metà dell’ 800 a capo della Squadra volante della polizia. Maestrini, prima pubblicitario e giornalista poi editore di periodici specializzati, ha scritto diversi libri per bambini, alcuni tradotti in spagnolo, inglese, brianzolo e malgascio (la lingua del Madagascar). Inoltre, ha scritto il premiato “I misteri della Valsesia”, “Per i Milanes” con tanti particolari tra cui la “michetta” di Nello Rizzi (il nostro comune amico panettiere d’oro di v.le Suzzani), poi nel 2017 il primo libro su El Dondina e così via.
Come sei giunto a interessarti di un personaggio come il poliziotto El Dondina?
Prima di parlare de El Dondina vorrei dire due parole sul mio approccio al Milanese. Io sono nato a Milano, ma in casa l’uso del dialetto era vietato, mio padre era assolutamente contrario e diceva che era la lingua dei bottegai. Ma appena ebbi l’età per muovermi in modo autonomo, incominciai a frequentare i nonni materni che abitavano in via Lanzone al 19, cioè di fianco alla basilica di Sant’Ambrogio. Loro parlavano prevalentemente in milanese. Al tempo delle prime fidanzatine, era un piacere esibire questi nonni bizzarri che, in occasione delle visite, accendevano tutte tre le luci del lampadario, cioè ne riavvitavano due. Via Lanzone era una casa di ringhiera con un solo gabinetto per piano (otto famiglie) e uno dei fatti curiosi, che ricordo meglio per la frequenza con cui accadeva, era il turno per l’uso appunto del gabinetto. Ogni volta che ripenso a quei momenti non posso fare a meno di ridere. La carta igienica era un oggetto misterioso di cui si sapeva poco. I più raffinati si portavano un foglio da casa, ma di solito la scenetta era sempre questa: “Occupato!”, “Alura t’è finì?”, “E un mument!”, “Te voret el giurnal?” ,“No, grazie la fu a memoria”. L’uso del dialetto vietato da mio padre era invece comune nei rapporti con gli amici. Le stesse barzellette erano spesso in dialetto. E così scoprii El Dondina, presente in un fatto delittuoso che riguardava El Tombon del San Marc.
Quali sono le caratteristiche de El Dondina?
Ho trovato su di lui qualcosa nel libro di Valera “Milano Sconosciuta”, edizione del 1922. Valera era un giornalista de “La Folla”, direttore di un settimanale scandalistico, e nel suo libro parlava de El Dondina. Si chiamava Carlo Mazza ed era stato il capo della Squadra volante della polizia di Milano durante il Risorgimento. Un personaggio così intrigante che ho iniziato a ricercare del materiale che raccontasse di lui e del suo mondo. Caratteristiche fisiche de El Dondina: el dunda (dondola) per una malattia avuta da bambino che gli ha lasciato una certa zoppia, l’è un pu calca giò, ha una forza fisica notevole, non usa armi, cattura anzi branca i delinquenti prendendoli per un braccio e per un orecchio, non sopporta quei che pichen i donn, el parla in milanes. Inoltre, desidero precisare che il testo in milanese è stato scritto come si legge così la comprensione è facilitata.
Il libro si può definire un giallo, un noir, o cos’altro?
L’indicazione del genere letterario è già, in parte, nel sottotitolo del libro: “Tra cronaca e romanzo” significa che i fatti raccontati sono davvero successi. Cioè per esempio quando scrivo del colera a Milano nel 1836 è un fatto vero. Infatti ci furono 1500 morti, in proporzione molti meno di altre città più piccole e ciò sia perché Milano era dotata di migliori servizi igienici sia per l’apertura di Case di Soccorso che, pur non essendo ospedali, offrivano ai malati cibo e pulizia. Molte inoltre sono le notizie di cronaca: per esempio, la prima del Nabucco alla Scala avvenne davvero nel marzo 1842 mentre faceva un freddo cane. Altri avvenimenti ricordati nel libro, infine, non sono avvenuti, ma avrebbero potuto esserlo, come l’inaugurazione nel 1838 dell’Arco della Pace da parte di Ferdinando I Imperatore d’Austria e re del Lombardo Veneto. Mi sono stati di aiuto anche diversi materiali dell’epoca: alla Sormani trovai il quotidiano d’allora, la “Gazzetta di Milano”; al Castello consultai la raccolta grafica del Bertarelli. Ecco alcune notizie ricavate dalla “Gazzetta di Milano”: Festa a casa del Conte Castiglioni per l’installazione dei primi caloriferi a Milano; il caffè Cova, ancora in via Manzoni, era frequentato da giovani che fantasticavano sulla cacciata degli Austriaci (tipo quattro amici al bar); sempre al Cova una pallottola di pistola sparata da un ufficiale colpì una delle preziose specchiere, non fu sostituita, ma fu apposta la data: 1848, e così rimase fino al trasferimento di Cova in Monte- Napoleone. Io ho sempre avuto difficoltà a ricordare i nomi dei personaggi, soprattutto quelli dei romanzi americani in cui i nomi non erano di facile memorizzazione. Così ho messo all’inizio del libro i nomi dei personaggi con qualche parola per facilitarne il ricordo e l’inquadramento. Poi vorrei citare il glossario posto nelle ultime pagine. Per esempio: Opera Pia Senavra, fu il primo manicomio dove curavano i malati eliminando quasi totalmente le catene – Galleria De Cristoforis nel 1832 era una sorta di centro commerciale in cui i prezzi erano fissi.
Ecco, sono nata a Milano e incontrare un uomo di cultura meneghina mi ha arricchita e, con il suo libro (letto con grande curiosità), sono stata trasportata nella Milano di una volta.Grazie a Flavio Maestrini che tiene allegra la città con i suoi libri de El Dondina!