Amianto: condanna di Schmidheiny al nuovo processo Eternit

Mentre continuano i processi milanesi contro i responsabili delle centinaia di morti per amianto a Milano (il 5 giugno si è tenuta un’altra udienza del processo contro i vertici del Teatro alla Scala) a Torino il 23 maggio finalmente è arrivata un po’ di giustizia per i morti di amianto di Cavagnolo (TO). La corte ha condannato a 4 anni Stephan Ernest Schmidheiny (foto), il magnate svizzero “padrone” dell’Eternit accusato di omicidio colposo per la morte di due persone all’Eternit di Cavagno finora impunito. Questa è una sentenza che dà forza per proseguire la battaglia in tutti gli altri processi in corso per l’Eternit, in cui lo stesso “padrone” è imputato per la morte di 258 lavoratori e cittadini. Il supermagnate svizzero Schmidheiny è stato inoltre condannato all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, al risarcimento del danno alle parti civili, compresa Medicina Democratica, da quantificarsi in sede civile, ma ha già dato una provvisionale di 15.000 euro a tutte le parti civili in causa. Entro 90 giorni dovranno essere depositate le motivazioni della sentenza. La sentenza, emessa dal giudice Cristiano Trevisan nel processo di primo grado che si è svolto al Tribunale di Torino, ha riconosciuto quindi la responsabilità del padrone svizzero nel decesso di Giulio Testore e Rita Rondano. Giulio Testore era un operaio della Saca, società controllata Eternit, padre di 5 figli, morto nel 2008 per mesotelioma pleurico. Alla Saca ci aveva lavorato per ben 27 anni, dal 7 maggio 1955 al 26 novembre 1982, quando la fabbrica ha chiuso. Un periodo purtroppo più che sufficiente per provocare la terribile malattia. Aveva lavorato proprio nel reparto, dove si mescolava l’amianto con il cemento senza guanti, senza mascherina, come testimoniarono a suo tempo i figli, e i suoi indumenti, intrisi di polvere di amianto, entravano in casa, così come accadeva in tutte le case dei lavoratori Eternit. L’altra vittima è Rita Rondano, una donna deceduta nel 2012 a 72 anni, anch’essa per mesotelioma pleurico. Rita Rondano non aveva mai lavorato come operaia alla Saca, ma era una semplice cittadina, che ha avuto la sventura di vivere in via Cristoforo Colombo, con le finestre di casa che si aprivano sull’area dei capannoni dove l’amianto veniva stoccato. Per tutti gli altri, oltre un centinaio, purtroppo non ci sarà giustizia. Il processo Eternit, è stato “spacchettato” in quattro tronconi, ma come hanno dichiarato le associazioni delle vittime “siamo pronti a proseguire la nostra battaglia, come parte civile in tutti e tre gli altri processi in corso a cominciare dal prossimo appuntamento in Corte d’Assise a Napoli per il processo per i morti di amianto a Bagnoli. Anch’essi attendono giustizia!” Questa sentenza fa ben sperare anche tutte le associazione fra cui il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio impegnati come parti civili in molti processi attualmente in corso presso il Tribunale penale di Milano, fra cui Breda, Pirelli, Teatro Scala e altri.