Quando un dio muore…

Lorenzo Dall’Occo, un ragazzo di Niguarda innamorato del teatro sin da bambino, frequenta l’ultimo anno del Liceo Classico Omero. Insieme ad altri alunni della sua classe e non, ha messo in scena il 5 maggio al teatro Pavoni uno spettacolo teatrale scritto da lui personalmente, ispirato alle tragedie greche, dal titolo: “Quando un dio muore”. Il gruppo fa parte della compagnia teatrale autogestita “I prescelti di Dionisio” il cui regista è Andrea Mazzarella, nata nel 2009 in un avamposto all’estrema periferia settentrionale di Milano, quando il Liceo Omero risiedeva in via Gatti (adesso è presso il Liceo Russell) e divenuta nel 2013 Associazione Culturale e Organizzazione di Volontariato, in cui Lorenzo è entrato a farne parte nel 2014. Una tragedia bellissima, ricca di contenuti e di riferimenti culturali importanti, dalle Bucoliche di Virgilio al mito di Prometeo, da cantautori italiani come Vecchioni, Guccini, De André, ai sonetti di Saffo e a quelli greci come Mimnermo e Ippocrate. Si trovano anche una citazione di Tacito (“Sic semper tyrannis”) e un richiamo ai “Carmina Burana”, testi poetici medievali, e richiami a Shakespeare con riferimenti a “Romeo e Giulietta” e “Amleto”. Abbiamo chiesto a Lorenzo come mai abbia deciso di scrivere questa tragedia e in che contesto.
È stato un compito o una stesura volontaria?
“È stata una stesura volontaria”, risponde Lorenzo, il quale spera che un giorno potranno essere assegnati tali compiti nelle scuole. “Sono appassionato di teatro sin da bambino, grazie all’amore per questa arte, trasmessomi dai miei genitori. Ho iniziato a recitare frequentando la compagnia teatrale PuntoZero che ha sede in via Cirié qualche anno fa e adesso oltre a “I prescelti di Dionisio”, faccio parte anche del gruppo QuintAssenza Teatro. Ho scelto la mitologia antica perché richiama modelli universali, archetipi dell’umanità al di là di ogni limite geografico e storico, quindi sempre validi. I miti rappresentano le forze che popolano il mondo interiore degli esseri umani e le esperienze fondamentali che questi affrontano durante la loro esistenza terrena: il bene, il male, il rapporto con la Natura, il cambiamento, l’amore, l’odio. L’idea iniziale della tragedia è partita in seconda superiore, poi dopo averci pensato per molto tempo, all’inizio di questo anno scolastico ho iniziato a realizzare la stesura vera e propria e l’ho scritta quasi di getto, nel giro di pochi giorni e poche notti.”
“Quando un dio muore” sembra un titolo privo di speranza, qual è il vero messaggio di questo spettacolo?
“Il messaggio è racchiuso nel finale. La speranza è una necessità, è la base da cui partire. Il non conoscere il futuro è importante perché la libertà risiede in quel concetto. Tutto il resto viene influenzato dalle proprie esperienze e in questo spettacolo ci si interroga proprio sul significato delle umane gesta. Fra tutte le sventure che perseguitano gli uomini, quanto vale veramente la morte di un dio? E quanto invece la vita degli uomini non fa che tendere a un destino crudele? Sono queste le domande che rispondono al testo: Ettèdico, il nostro “eroe”, in realtà non è altro che il figlio di un vasaio della (affatto tragica) città di Tebe. Il suo cuore ambisce a una vita di libertà e gaiezza. È proprio quando agli uomini più probi viene concessa la possibilità di modificare la realtà con le proprie azioni che si scatena la vera tragedia, e così sarà anche per il povero figlio del vasaio”.
È stato un lavoro molto faticoso ma ricco di soddisfazioni. Pensi che abbia coinvolto tutti gli attori in un’esperienza arricchente e positiva?
“Credo proprio di sì! I ragazzi hanno deciso di continuare e già questo è positivo, con altre repliche e con la realizzazione di altri spettacoli, magari cambiando genere visto che in questi cinque anni abbiamo messo in scena solo tragedie e tragicommedie. In questo spettacolo c’è stato molto impegno soprattutto per i dialoghi ridondanti, difficili da imparare a memoria, però è andato tutto benissimo nonostante durante le prove a volte non sembrava.”