Flavio Maestrini, scrittore meneghino,con il suo ultimo libro

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Dopo l’incontro con l’amico scrittore Flavio Maestrini nel dicembre 2018 (articolo di pag. 10 su Zona Nove -1/19), eccomi di nuovo, con molto piacere, a ritrovarmi con lui per parlare dell’ultimo suo libro uscito di recente: “Cinque storie milanesi per El Dondina”. È stata interessante la presentazione fatta in luglio al Parco delle Culture (vedi foto) alla presenza del criminologo Marco Ferrario e della giornalista Patrizia Pertuso. Infatti in tale incontro, oltre a illustrare il libro, ne è uscito un garbato confronto fra i tipi di crimine nell’’800 e quelli attuali. Il libro ha due caratteristiche particolari: all’inizio sono riportati i nomi dei personaggi con un minimo del loro ruolo, e alla fine del libro c’è una sorta di glossario destinato a chiarire certe parole che altrimenti potrebbero avere un significato oscuro. Per esempio: Brumista indica il conduttore di una carrozza, ad abitacolo chiuso, tirata da un solo cavallo; Giannetta è un bastone da passeggio che in qualche caso, aveva un’anima in acciaio che fuoriusciva a mo’ di spada. I personaggi citati i lungo il libro sono: Carlo Mazza detto El Dondina, capo della Volante; Enrico Corsini, imprenditore; Giuseppe Lenzi, braccio destro del Corsini; Matteo Rusconi, probabile assassino; Mario Vigorelli detto Vigo, avvocato; Laura Corsini, moglie di Enrico; Il Delegato, superiore diretto de El Dondina. Secondo l’autore il libro è, senza dubbio, il migliore dei tre su El Dondina. Qui di seguito alcuni detti usati un tempo di cui Flavio Maestrini è un preparatissimo milanese doc di quelli che ormai (purtroppo) ne sono rimasti pochi, ahimè!
– Nanca se ven giò Paleta: neanche se viene giù Paletta Giovan Battista, che era un validissimo medico del Policlinico, il medico dell’impossibile. Era l’ultima speranza. Era un NO categorico! Te me imprestet i figurin? Ma nanca se ven giò Paleta!.
– Te fumet me el caminun del Meani. Il significato era semplicemente: “Tu fumi troppo!” Ma chi era il Meani? Era il proprietario di una fornace e il suo caminun era a poca distanza dalla Basilica di S.Ambrogio. Producendo mattoni la fornace fumava giorno e notte. “Anca peg: perché el Meani el dismet du volt all’ann.”
Maestrini aveva raccolto nel suo primo libro: per i Milanes, “anca per quei arius” (quei arius sono quelli che vivono appena fuori Milano, ma per alcuni sono anche quelli nati altrove ma che hanno maturato interesse per Milano). Nei libri su El Dondina ci sono fatti veri raccolti minuziosamente da Maestrini alla Sormani e, oltre alla cronaca del tempo passato, c’è una parte romanzata come già spiegato nel precedente articolo. Ma ecco chi è El Dondina per chi ancora non lo conoscesse: esteticamente l’era un pu’ calcà giò (cioè non era molto alto ma piuttosto largo, come un armadio a due ante). il soprannome Dondina perché aveva una gamba sifulina e quindi el dundava. Aveva una forza straordinaria: le sue mani erano due tenaglie. Caratterialmente era un buono, piuttosto che sporcare la fedina penale di un giovane preferiva ”dag una sgiafa e mandal a ca’”. Non sopportava “quei che pichen i donn” e in questi casi diventava un po’ cattivo. Non usava le armi. Molto spesso El Dondina usava un giro di confidenti che si rivolgevano a lui per fiducia e anche per quel po’ di lire che ricevevano. Perché El Dondina aveva una sorta di fondo cassa del quale non doveva rendere conto, tanta era la fiducia nella sua onestà e nei suoi meriti. Infine, un’avvertenza: il milanese dei libri di questo personaggio realmente esistito è traslitterato ovvero è scritto come si legge per rendere più facile la comprensione. A questo punto lascio lo scrittore di zona con l’augurio di tenerci sempre “in allegria” con i suoi scritti soprattutto per i pochi rimasti che amano il milanese e si arricchiscono culturalmente con questi “libri particolari e unici”!